SOTTOBOSCO - In morte del Re Leone 

Andrea Bosco ha lavorato al “Guerin Sportivo“, alla “Gazzetta dello Sport“, al “Corriere d'Informazione”, ai Periodici Rizzoli, al “Giornale“, alla Rai e al Corriere della Sera
07.01.2023 00:10 di  Andrea Bosco   vedi letture
SOTTOBOSCO  - In morte del Re Leone 
© foto di Andrea Bosco

di Andrea Bosco 

Il Re Leone è sparito tra gli alberi. E nessuno sa dove veramente sia andato, come scriveva Vincenzo Monti “il biondo imperator della foresta“.  I cacciatori dalle lunghe lance che a lungo lo avevano inseguito, attorno al fuoco raccontano della sua fierezza e della sua grandezza. Gianluca Vialli da tempo combatteva contro la malattia. Ha perso la battaglia lottando come un Re. E' morto a soli 58 anni:  ma il  ricordo di tanti, amici, ex compagni di squadra, anche Gianna Nannini, persino il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, la lettera straziante resa pubblica dalla Sampdoria, testimoniano che quelli come Vialli non muoiono. Era un uomo coraggioso e leale che univa. In uno sport dove l'appartenenza ad una casacca, spesso,  divide. Vialli è stato come Pelè, scomparso una settimana prima di lui: gli voleva bene il mondo. 

Una sera, ospite di Alex Bonan a Sky, Luca Vialli l'ho conosciuto. Stessa  tavola con Paolo Rossi e Beppe Bergomi. Rossi con quella sottile ironia che armonizzava le cose. Bergomi composto,  come era sul campo da gioco. Con quella faccia  da bravo ragazzo che spinge i padri a fidarsi quando viene chiesto loro il permesso di portare le figlie al ballo della  scuola . Serata di  Champion's:  Barcellona – Bayern. Dopo il primo piatto, Gianlucaccio si alza  da tavola , senza attendere i secondi: “Voglio vedere l'entrata  delle squadre in campo” dice. Io continuo  a cenare e a discutere con Bergomi e Rossi. Inizia  la partita e Luca sul divano è  uno spettacolo di partecipazione. Genuino e  ragazzino, come quando aveva tanti capelli in testa e stupiva Emiliano Mondonico per le qualità che esibiva.  Non c'era una squadra italiana sul campo. Vialli tifava “per il gioco“.  Quel gioco che  amava. Il giorno dopo dissi a mia moglie: “Vialli è rimasto un puro:  come quando aveva 16 anni“.  Solo una  sera: quella sera. Ma la certezza  di aver conosciuto tre uomini speciali. 

Cremonese, Sampdoria, Juventus e  anche Chelsea, lui allenatore – giocatore a Londra in un ruolo, in quella stagione,  impensabile per i parametri del calcio nostrano. In un  quartiere che si stava sviluppando e che presto sarebbe diventato il più ricercato della City. Inutile  ricordare gol e trionfi, delusioni e sconfitte. La sorte così tiranna con Vialli gli avrebbe concesso un ultimo successo da dirigente della Nazionale, quella che con l'amico di sempre Roberto Mancini vinse l'Europeo a Wembley. La gioia immensa di Luca Vialli che abbraccia Mancini con il quale, quando erano “sbarbini“  cantava  sulle note di Adriano Celentano:  “Siamo la coppia più bella del mondo“. La Sampdoria di Vialli e Mancini (ma anche di Jugovic, Cerezo, Lombardo, del roccioso Pietro, italiano di provincia  dal cognome russo) giocò un football meraviglioso agli ordini di uno slavo filosofo che sapeva smorzare i toni spiritati della domenica . Quel Boskov che spiegava: “Rigore è, quando arbitro fischia“.  Li avrebbe voluti,  quattro in una volta sola, Gianni Agnelli:  Mancini, Vialli, Wierchowod e Moreno Mannini fantastico terzino fluidificante. Li chiese al presidente gentiluomo Mantovani che gli oppose un cortese rifiuto : quelli erano i suoi “figli“. E Mantovani come tali li trattava. Alla fine a Torino arrivò  Vialli. Poi Jugovic e poi, anziano ma ancora validissimo Wierchowod . Non arrivò mai Mancini che pure la Juventus avrebbe potuto prendere giovanissimo dal Bologna ma per il quale Madama non allargò bastantemente i cordoni delle borsa. Al suo posto l' Avvocato  si consolò con Roberto Baggio.   Nel 1991 la Sampdoria, la società con la maglia più bella del mondo, vinse lo scudetto. La squadra di amici che a fine allenamento giocava a basket ( pare che Katanec fosse imbattibile ) e che si mise alle spalle il Milan degli olandesi, l'Inter dei tedeschi, il Napoli di Maradona. 

Mancini “ispirava“  e Vialli segnava. Anche se Gianlucaccio era solito dire scherzando che erano i suoi gol “impossibili“ che facevano sembrare assist,  i cross che il Mancio “buttava a casaccio in mezzo all'area avversaria“.  Non si sono mai persi di vista Vialli e Mancini. Erano “fratelli“ e si vedeva . Per i tifosi della Juventus, due sono i momenti (protagonista Vialli)  messi in cornice. I due gol nell'epico Juventus – Fiorentina  vinto in rimonta con la pennellata finale alla Caravaggio (altro che Pinturicchio)  di Alex Del Piero. Vialli che segna, la gara è ancora aperta. Vialli che prende il pallone nella porta avversaria , se lo mette sotto al braccio e prima di posarlo nel cerchio di centrocampo invita a grandi gesti i compagni a  “rientrare“ . Il “capo“ era lui. Ed era un capo che sapeva dare l'esempio .  E poi quell'umanissimo timore durante i rigori contro l'Ajax nella  gara che consegnò la Champion's' alla Juve . Io sono uno che la maledetta Coppa vinta contro il Liverpool, all'Heysel con un rigore fasullo e le decine di morti sulle tribune, la restituirei all'Uefa. Ma contro l'Ajax la Juve si fece onore. E Vialli confessò di non aver “guardato“, mentre l'ultimo penalty , quello decisivo calciato da Jugovic finiva nel sacco. 

Nel giorno del cordoglio, forse Andrea Agnelli si sarà pentito di non aver “riportato“ Luca Vialli alla Juve con un ruolo dirigenziale. I tifosi lo avrebbero desiderato. Perché Vialli si è fatto amare:  qualsiasi maglia abbia indossato. Forse quanti scrissero pagine infami su di lui  accusandolo di “abuso di creatina“ oggi indosseranno il cappuccio della vergogna. Non so quale copricapo si calerà sul capo Arrigo Sacchi che “cassò“ Vialli dalla lista dei convocati per il mondiale americano. Pare per una “fuga“ notturna durante il ritiro di preparazione, infrangendo le ferree regole imposte da Sacchi.  

 Vialli e Baggio. Forse quel mondiale, con Vialli in coppia con “Raffaello“  avrebbe potuto avere un altro destino. 

In qualsiasi posto della foresta  sia svanito il Re Leone, le sue gesta non saranno mai cancellate . 

Gianlucaccio è stato un “eroe“ moderno. Un uomo capace , eroicamente, di sopravvivere .  Come  il Cavaliere de “Il settimo sigillo“ Luca Vialli ha giocato a scacchi  con la Morte. Solo che la Morte risulta imbattibile. Ma Luca ha saputo , a lungo, tenerle testa . Perché, spiegava Romain Rolland: “Gli eroi sono uomini: che fanno, ciò che possono“.