IL TERZO TEMPO - Coppa Italia ultima spiaggia stagionale. SOS attacco: possiamo permetterci di svincolare Dybala?

L'ambiente bianconero pregusta la vendetta sull'Inter a Roma, il prossimo 11 maggio. Perdere Dybala a zero: una mossa azzardata che può costare caro.
21.04.2022 18:30 di Luigi Risucci   vedi letture
IL TERZO TEMPO - Coppa Italia ultima spiaggia stagionale. SOS attacco: possiamo permetterci di svincolare Dybala?
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Per l’undicesimo anno di fila, la Juventus avrà la possibilità di alzare un trofeo. Sfumata la Supercoppa, evaporato il sogno scudetto e passata l’utopia Champions, la Coppa Italia potrà e dovrà essere la piccola consolazione per una stagione decisamente deludente.

Deludente perché la Juventus, nonostante l’avvio ad handicap, ha avuto non poche possibilità di rientrare in gioco per lo scudetto, fallendole tutte. Miseramente. Con e senza le disgrazie del VAR.

Quando perdi sei partite e ne pareggi nove, per giunta contro avversari non irresistibili (Venezia, Empoli, Udinese e Bologna, solo per citarne alcune), non hai scusanti. Nonostante gli episodi quantomeno dubbi nelle partite decisive contro Napoli ed Inter, nonostante l’ennesima stagione tormentata dagli infortuni (Chiesa, Mc Kennie, Chiellini e Bonucci per citare solo i lungodegenti), i bianconeri si sono spesso fatti male da soli, offrendo prestazioni non all’altezza e mostrando carenze di organico, di gioco e caratteriali. Nella mediocrità generale del nostro campionato, il quarto posto è una magra consolazione di fronte ad una stagione partita malissimo e raddrizzata solo parzialmente dall’intervento sul mercato a gennaio.

Allegri, va detto, non è stato esente da colpe, ma non ha mai cercato alibi, nascondendosi dietro agli evidenti problemi di organico di una rosa costruita male. Nel 2019 aveva lasciato una delle squadre più forti d’Europa. In estate ha ritrovato macerie. L’attacco, senza l’arrivo di Vlahovic, non sarebbe stato certo tra i primi quattro del campionato. Il centrocampo non ha fosforo né qualità sufficienti per ambire a grandi traguardi. La difesa, al netto dei molteplici infortuni, paga l’assenza di terzini di livello e nei centrali risente del naturale logorio dei “capitani” Chiellini e Bonucci. Allegri ha ragione: se la Juve è quarta, merita di esserlo.

La campagna europea è stata discreta nel girone, ma si è arrestata prematuramente contro un avversario alla portata. Per carità, il Villareal è una signora squadra (chiedere al Bayern, allo United o all’Atalanta) ma non certo al livello delle altre semifinaliste di Champions. La Supercoppa, per le modalità, le tempistiche e l’avversario, è stata un’altra delusione cocente. Per tutta questa serie di motivi la finale di Coppa Italia del prossimo 11 maggio può davvero essere l’ancora di salvataggio per la stagione in corso e, al contempo, il viatico migliore per la ricostruzione programmata in estate. Alzare ancora un trofeo, per giunta contro gli acerrimi rivali nerazzurri, potrebbe davvero togliere il retrogusto amaro di una stagione quantomeno anonima.

Il quarto posto e l’accesso alla Champions sono invece il minimo sindacale per considerare dignitoso il cammino in Serie A. I passi falsi delle rivali per la corsa al piazzamento Champions lasciano ben sperare. A metà maggio, con la finale di coppa alle spalle ed appena due giornate al termine della stagione si potrà verosimilmente tracciare il bilancio finale.

Si passerà così alle valutazioni di mercato: l’attacco sarà il reparto più attenzionato. L’unico certo del posto è proprio Dusan Vlahovic. Morata è riscattabile a 35 milioni, ma a quelle cifre la dirigenza bianconera non arriverà mai. Kajo Jorge, dopo il recupero dal gravissimo infortunio, sarà con tutta probabilità mandato in prestito. Kean non ha rispettato le aspettative e ha giocato a singhiozzo. Sarà in prestito anche per la prossima stagione (in virtù del prestito biennale pattuito con l’Everton) ma, salvo clamorosi exploit, difficilmente si concretizzerà l’obbligo di riscatto alle cifre pattuite.

Dybala sarà lasciato libero di accasarsi al miglior offerente. In una situazione simile, la mossa della società lascia non poche perplessità. D’accordo, il giocatore non sarà tra i top 10 del panorama europeo, sicuramente non vale i 10 milioni stagionali richiesti qualche mese fa e presenta non poche incognite dal punto di vista dell’affidabilità fisica. Ma ha un tasso tecnico, una qualità, una velocità di pensiero difficile da trovare in giro a prezzi contenuti. Perché non “sfidare” il giocatore, proponendogli un contratto subordinato alle presenze e al rendimento? Metterlo alla porta senza nemmeno offrirgli un rinnovo “al ribasso” potrebbe rivelarsi un autogol, soprattutto se dovesse finire all’Inter di Marotta, colui che lo portò sette anni fa alla corte sabauda. Parliamo di un giocatore amato dai tifosi, simbolo di juventinità, mai uscito dai binari della professionalità e del rispetto verso la squadra e la società. Le sue lacrime dopo la sconfitta contro l’Inter dicono tutto circa l’attaccamento alla maglia.

Non dimentichiamo che la società ha ancora a bilancio i pesantissimi ingaggi dei vari Douglas Costa e Ramsey. Giocatori che guadagnano quanto Dybala senza mettere piede in campo da anni. Un mea culpa sarebbe gradito. La gestione mediatica del rinnovo da parte della dirigenza non è stata in linea con la storia della società. Una comunicazione frammentaria, spesso contraddittoria, a tratti aggressiva. A meno che la dirigenza non abbia nel mirino, con la ragionevole certezza di arrivarci, un giocatore tra i 10 migliori al mondo. Ciò significherebbe uno sforzo economico importante, in un periodo di profonda spending review e di revisione al ribasso degli ingaggi. Improbabile se non impossibile.

Quel che è certo è che in estate la Juventus necessita di un restyling profondo praticamente in ogni reparto. Che dovrà trovare i fondi per attuare la restaurazione, probabilmente sacrificando un pezzo pregiato (De Ligt?) e preferibilmente lanciando in maniera seria qualche giovane di prospettiva (Fagioli?). Due anni di transizione sono più che sufficienti, considerando una concorrenza non certo irresistibile. È necessaria una programmazione capillare, puntuale e decisa. Per evitare le figure barbine viste nell’ultima estate, con il miglior giocatore in rosa partito sul gong del mercato e le contromisure improvvisate e scriteriate. Programmazione e chiarezza, le armi vincenti che, non dimentichiamolo, hanno inaugurato il decennio più vincente della storia del nostro calcio.