Un caffè con Andrea Bosco - Paolo Tomaselli ripercorre l'epopea dei miti bianconeri: "Vi racconto 'Le Leggende della Juventus'. L'ambizioso obiettivo della società: diventare il primo club calcistico del mondo"

07.10.2020 00:34 di  Andrea Bosco   vedi letture
Un caffè con Andrea Bosco - Paolo Tomaselli ripercorre l'epopea dei miti bianconeri: "Vi racconto 'Le Leggende della Juventus'. L'ambizioso obiettivo della società: diventare il primo club calcistico del mondo"

La storia della Juventus è incredibile. Costruita da dirigenti, allenatori, giocatori, tifosi. E da una specificità clamorosa, specie in un mondo, come quello odierno, dove tutto rapidamente cambia. Dal 1923 la Juventus ha la medesima proprietà: la famiglia Agnelli. Paolo Tomaselli, collega del “Corriere della Sera“ ha analizzato in “Le Leggende della Juventus: la magnifica ossessione di vincere“, Diarkos Editore, trenta calciatori che hanno fatto grande la società bianconera.

L'ossessione di vincere è certamente una molla, ma può diventare anche un handicap

“La Juventus è un unicum: già dal suo nome. I ginnasiali che la fondarono su una panchina  scelsero (dopo lunga discussione n.d.r) un nome latino. Un nome che li rispecchiava. Questo ha portato nel tempo tanti tifosi ad identificarsi in una realtà che è di tutti. Essere di tutti  è una responsabilità. Ed essere responsabili è molto sabaudo. Torino è stata a lungo il motore dell'Italia. La Fiat, gli Agnelli, la Juventus. Vincere non è scontato. Ma pensare di farlo ancora, un minuto dopo che ti hanno appeso un trofeo al collo, beh questo è di pochi. Una cultura calvinista del lavoro. Come sostengono in quella famiglia: non esiste cosa fatta bene che non possa essere fatta meglio. Ci sono stati cicli del Milan e dell'Inter, ma complessivamente la Juventus in Italia ha vinto assai di più. E' diventata una fetta della storia del Paese. Legame diventato fortissimo negli anni Settanta quando alla Fiat lavoravano gli operai arrivati dal Sud. E alla Juventus giocavano calciatori con origini meridionali: i Furino, i Cuccureddu, gli Anastasi, i Causio, i Longobucco. Negli anni Sessanta la Juve era la ' fidanzata d'Italia ': dieci anni dopo diventò la consorte“ . 

 Tu non hai mai visto giocare Renato Cesarini:  Giglio Panza, leggendario direttore di “Tuttosport” sosteneva fosse più forte di Omar Sivori 

“Ne ho solo letto, ovviamente. Ma a leggere  i racconti dell'epoca era un giocatore senza eguali. Per tecnica e coraggio. Imprevedibile, caratteriale, ma generoso ed  umano come pochi altri. Perse una fortuna al gioco e per onorare le multe che la società gli dava causa le sue intemperanze dentro e fuori dal campo. Era uno di quegli argentini con il cuore d'oro. Un giocatore incredibile capace di virtuosismi entrati nella storia, come il celebre gol siglato nella sua “zona“, ma anche di lavorare da mediano. Unico“ .

 Giampiero Boniperti: l'uomo chiamato Juventus 

 “Io analizzo il Boniperti giocatore. Direi che c'è stato fin dall'inizio della sua carriera una totale simbiosi con la proprietà.  Gianni Agnelli si fidava ciecamente di lui, anche quando non ne condivideva le decisioni. Boniperti centravanti fu uno dei più forti giocatori italiani del dopoguerra. Boniperti regista uno che con grande intelligenza seppe rinunciare con l'arrivo di Charles e Sivori al ruolo di prima donna che da anni nella Juve, aveva. Da presidente vinse tutto. Quando smise di giocare sorprese tutti. Nessuno, a parte quasi certamente  gli Agnelli, era al corrente del suo proposito. Affidò le scarpette  al magazziniere dicendo semplicemente che non avrebbe più giocato“. 

John Charles.... 

“Un uomo generoso, in campo e fuori. Leale: uno che sbatteva fuori la palla per soccorrere un avversario che si era fatto male . Ingenuo nella vita  che  gli riservò molte amarezze. Un gallese portatore di un calcio privo da malizie. Uno che aveva  forza e tecnica, ma che la forza sapeva controllarla. Un goleador, implacabile di testa, che sapeva mettersi al servizio della squadra“ .

Omar: l'angelo dalla faccia sporca 

“Capisco che Gianni Agnelli lo definisse un vizio. Anche a vedere solo i filmati resti basito per le giocate diaboliche ed irriverenti. Per farle devi essere un grande giocatore non solo un giocoliere. Omar Sivori era un calciatore   moderno, in definitiva, più moderno di quanto i suoi atteggiamenti non suggerissero. Moderno anche negli eccessi. Le sue ribalderie oggi farebbero le fortune dei media. Ha avuto la sfortuna di essere grande in un'epoca dove la televisione si occupava relativamente di calcio e dove non c'erano venti telecamere a selezionare le singole giocate“. 

Salvadore, il duro della Juve operaia di Heriberto Herrera 

“In quella Juventus, tutti erano duri. Vinsero uno scudetto grazie alla loro compattezza fisica  e alla forza mentale. E anche perché l'Inter in una settimana si suicidò in Coppa Campioni  e in campionato a Mantova. Salvadore era un difensore fortissimo, elegante, capace anche di fare gol. Fu un punto di riferimento in una Juventus che raramente in quegli anni vinceva trofei. Lo fu per i giovani. Una  pietra angolare della società  nella costruzione del ciclo degli anni Settanta“. 

Anastasi che il nostro collega Vladimiro Caminiti chiamava “ Pietruzzu u' turcu “

“Anche Anastasi fu un giocatore moderno che anticipò il modo di fare il centravanti. Si muoveva molto, aveva classe, velocità, colpi balistici straordinari . Era generoso. Una bella persona. La notizia della sua scomparsa mi arrivò quando cominciavo a scrivere questo libro. Il primo capitolo che ho fatto è quello dedicato a Pietro Anastasi. Mi ha addolorato constatare che la Federazione e Lega non abbiano saputo onorarlo con un minuto di silenzio. Oltre che un giocatore della Juventus, Pietro era stato un Nazionale. Forse qualcuno aveva dimenticato la sua stupenda  rete all'Olimpico che contribuì a far vincere all'Italia il titolo Europeo “ . 

Beppe Furino: l'uomo di ferro

“Aveva uno spirito agonistico senza eguali. Del resto quella Juventus tutta italiana che a centrocampo aveva Causio tornante, Tardelli, Benetti e Furino è stata una delle Juventus più forti di tutti i tempi. Non la prese bene quando la bacchetta della regia passò a Platini: con Brady la convivenza era stata migliore. Ma l'età è una implacabile malattia. Si stavano avvicinando i tempi di Bonini. Che non era un regista, ma che non fumava e correva per novanta minuti per Michelleroi“. 

Causio: un brasilero d'Italia 

“A mio parere a Causio che aveva qualità speciali , ha nuociuto l'equivoco tornante – mezz'ala che a lungo si è portato appresso. Causio era un esterno offensivo, elegantissimo. Poi quando alla Juventus arrivò Haller che non aveva più tanta voglia di correre, Causio fu inventato mezz'ala. Ruolo dispendioso per uno come lui che faceva dello sprint e degli scatti i suoi punti di forza. Carattere difficile, uomo senza peli sulla lingua, Causio  forse ha pagato anche il suo orgoglio e l'idea che aveva di sé come calciatore. In ogni caso un giocatore delizioso“ 

Tardelli: un quattrocentista sottratto all'atletica

“Tardelli è stato il calciatore che non c'era. Nato terzino diventato mezz'ala. Pochi sapevano correre come Marco Tardelli. Pochi avevano la sua falcata, la sua tecnica, la sua smisurata voglia di vincere .  Tardelli è stato una evoluzione della specie. Un giocatore moderno come pochi altri “ 

Bettega: ovvero Bobbygol

“Bettega: nel segno dell'intelligenza. Nonostante la stazza non aveva grandi mezzi atletici. Ma era sempre nel posto giusto al momento giusto. Di testa e di piede. Capace di cucire il gioco. Un centravanti boa che sapeva giocare anche per la squadra. Sfortunato per la malattia che peraltro superò e per essersi infortunato alla vigilia dei mondiali di Spagna. Al mundial il titolare sarebbe stato in coppia con Paolo Rossi, lui  e non Graziani“ 

Scirea: uno speciale 

Scirea  è stato un fattore calcistico e un fattore umano. Raramente nello sport e nella vita le due cose si fondono. Gaetano Scirea aveva la poesia e il romanticismo del calcio che era stato   prima di lui. E la modernità del calcio che dopo di lui sarebbe arrivata. Era forte, elegante, un vero leader. Era lo stile in campo. Così come lo era nella vita. A Madrid nell' Italia che vinse il Mondiale nell '82 c'era anche lui. L'immagine di una Italia vincente. A lui non servivano gesti roboanti per essere leader. Era un maestro. Quando, frequentando le scuole serali, prese il diploma proprio da maestro, lo commosse l'applauso che nello spogliatoio i suoi compagni gli tributarono. Il destino se l'è portato via in modo drammatico, mentre stava imparando il mestiere di dirigente. La Juventus con la sua morte perse tanto: sarebbe diventato un ottimo dirigente. Il calcio italiano perse una bandiera. Una delle facce migliori della sua storia“ . 

Platini: il re

“Quello che ispirava Platini, quando lo vedevi, era il senso di facilità con il quale giocava. Tutto quanto partiva dai suoi piedi sembrava semplice . Ovviamente sembrava così perché Platini giocava di prima. A volte sembrava quasi schifato dalla partita. Era un atteggiamento, specie quando la Juventus giocava male. Ma nell'ultima stagione era anche una situazione atletica. Platini non amava allenarsi e alla fine gli anni, se giochi a quel livello, si fanno sentire. Era un magnifico istrione: Platini disteso sul prato con una mano sotto al mento  che contesta l'arbitro per avergli annullato un gol capolavoro al Mondiale per club, è una istantanea iconica della sua personalità. Una protesta alla Platini: da re“.

Roberto Baggio o dell'ermetismo

“Magnifico giocatore. Una delizia vederlo toccare la palla. Grande e per la sua grandezza incompreso. Nel Veneto bigotto della sua epoca la sua conversione al buddismo fece storcere il naso a molti. Ma Baggio aveva bisogno di fare quel percorso. Pochi sanno che per tutta la carriera ha giocato praticamente con una gamba sola, convivendo con il dolore. Baggio aveva bisogno di comprendere se stesso attraverso una meditazione che forse solo il buddismo poteva offrirgli. In ogni caso, ovunque sia andato ha dispensato la bellezza del calcio : quella che solo gli artisti sanno offrire“ .    

Vialli: un uomo in missione

“Era un capo: uno che pesava all'interno di una squadra. La foto da ricordare di Gianlucaccio è quella dopo il primo gol contro la Fiorentina, gara decisa poi alla fine dalla prodezza balistica di Del Piero. Vialli segna, prende la palla nella porta della Fiorentina se la mette sotto al braccio e tornando a centrocampo si sbraccia verso i compagni: venite con me che adesso la riprendiamo. Un capobranco.“

Antonio Conte: un uomo dalle molte vite 

“Conte è il profilo del guerriero .Uno che non riesce a concepire l'idea di perdere. Vincere è la sua droga. Sempre in sesta marcia. Da giocatore non tirava mai indietro la gamba. Non avendo il talento di altri suoi compagni compensava con la generosità. Un bel mediano che ha fatto la storia della Juventus. E che i tifosi della Juventus ancora amano. Anche ora che è diventato l'allenatore dell'Inter. Se pensi ad un “gobbo“ inevitabilmente pensi ad Antonio Conte“ 

Quanto dura a tuo avviso all'Inter: la vulgata vuole che dopo il secondo anno , la vita con lui diventi insopportabile 

“Anche nelle sue polemiche verso le sue società c'è sempre la passione di uno che non ci sta ad arrivare secondo. Forse questo è il suo limite che lo porta ad una sorta di autodistruzione. Credo che all'Inter resterà almeno  fino a quando non vincerà qualche cosa di importante“ .  

Del Piero: Pinturicchio o Godot? 

“Per un anno, dopo l'infortunio, Del Piero è stato Godot. Ma quanto alla pittura Del Piero si colloca nell'Olimpo. L'Avvocato più che sminuirlo (anche se aveva definito Baggio come un Raffaello)  credo volesse sottolineare la squisita fattura delle tele del Pinturicchio. La faccia d'angelo di Del Piero nasconde una scorza d'uomo tosta. Del resto se non sei un fuoriclasse non resti per 20 anni in prima fila. E i tuoi gol non diventano gol 'alla del Piero'. Credo che senza l'infortunio gravissimo patito ad Udine che in effetti non lo fece mai più tornare quello di prima, Del Piero avrebbe avuto una carriera ancora più luminosa. In ogni caso, un mito: piangeva tutto l'Allianz in giorno del suo addio alla Juve. Tornerà? Per un nuovo lavoro bisogna prima studiare. Non so se Del Piero stia studiando. Certo che la sua immagine vale ancora oggi, molto, per la Juve“.

In una battuta: Zidane? 

“Un esteta del calcio. Aveva piedi prensili.  Alla Juventus è stato una incompiuta. Nel senso che alla Juventus non si è mai visto lo Zidane che giocò al Bernabeu con la maglia del Real “ .

Nedved?

“Una forza della natura.  I tifosi lo amano perché pochi come lui hanno saputo incarnare lo spirito della Juventus“ . 

Buffon…

“Mitologico. Carriera incredibile. Unico. La Juventus ha avuto Combi, poi Zoff, poi Buffon: il meglio“ 

Avrà anche Donnarumma?

“La sensazione è che sia una cosa possibile . Diciamo che le vie di Raiola sono infinite e spesso portano a Torino” 

Quindi anche Pogba?

“E' un giocatore fortissimo che appare in involuzione. Io mi sono fatto questa idea: ci sono luoghi e società dove i giocatori si sentono a loro agio. Si sentono a casa. Il Pogba della Juventus si è rivisto solo con la maglia della Nazionale Francese non a Manchester. A Torino Pogba potrebbe tornare ad essere il Polpo “ 

Pirlo era il Fellini della Juventus sul campo: ora è sulla sua panchina

“Uno come Pirlo nasce ogni cento anni. La semplicità era la sua cifra.  Da giocatore è stato un genio. Da allenatore è da scoprire. Ma può fare il percorso che Zidane ha fatto al Real. Pirlo è uno che ha il rispetto di tutti. In più a differenza di Sarri ha il sostegno della società 

E poi c'è quello che ha visto cose che noi umani eccetera eccetera.,.

“Ecco: l'uomo giusto nel posto giusto. Anche Cristiano Ronaldo ha l'ossessione di vincere. Ha fatto le fortune della Liga grazie alla sua rivalità con Messi. Cr7 ha un senso divorante della competizione. E la professionalità con la quale cura se stesso e i dettagli sono uno stimolo per chi lavora sul campo assieme a lui. Vedergli fare alla sua età , le cose che fa, è semplicemente un prodigio “ 

La Juventus, concludi, è diversa. Ma essere la Juventus, come l'Avvocato disse di se stesso in una intervista ad Enzo Biagi è soprattutto “una grande responsabilità“.

“E' vero: essere la Juventus è un onore. Ma anche un onere. Ha costruito la sua leggenda in oltre cento anni. Ha l'ambizione di diventare il primo club calcistico del mondo. Così come a lungo lo è stato il Real Madrid. Non sarà facile. Ma la dirigenza ha le idee chiare. Hanno la forza economica, la competenza. E hanno la storia “ . 

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AUTORE

Paolo Tomaselli

TITOLO

Le leggende della Juventus. La magnifica ossessione di vincere

COLLANA

Grande Sport

PAGINE

272

PREZZO

17,00€

FORMATO

14 x 21 cm

LEGATURA

Brossura con bandelle

EAN

9788836160075

«Trenta ritratti di giocatori che hanno decorato, ciascuno con il proprio stile, la saga di una squadra che, in Italia, costituisce l’unità di misura per chiunque intenda sollecitare una sorta di “auto-certificazione” storica».

Dalla Prefazione di Roberto Beccantini

CONTENUTO

Una società entrata nel mito, composta da giocatori leggendari, che ha scritto la storia del calcio italiano ed europeo, dalla panchina di Corso Re Umberto dove è nata fino al pallone business globale dei giorni nostri.
Le leggende della Juventus raccontano un percorso unico, irripetibile ma allo stesso tempo aperto verso un futuro ancora più carico di aspettative.

Da Felice Borel detto Farfallino, fenomeno degli anni Trenta, fino al re Cristiano Ronaldo, quella juventina è una delle galassie più ricche di stelle del calcio mondiale. Anastasi il “Pelé bianco”, il “Divin codino” di Baggio, le magie di Zizou Zidane, le volate della locomotiva Nedved, la classe aristocratica di Boniperti e Platini, passando per la potenza, l’eleganza e la tecnica di Charles, Sivori, Rossi, Scirea e Del Piero: gol, parate, giocate indimenticabili e tanti successi. Un viaggio alla ricerca dell’eccellenza, compiuto attraverso i protagonisti della storia juventina. L’alfabeto delle leggende fa venire la pelle d’oca ai tifosi che hanno avuto la fortuna di vederle giocare e accende i sogni di chi le ha solo sentite nominare, in un percorso che abbraccia le diverse generazioni in nome di un’unica maglia bianconera. E di un’unica, magnifica, ossessione: quella di vincere.

AUTORE

Paolo Tomaselli, nato a Conegliano (Treviso) nel 1978, ha lavorato per la «Tribuna di Treviso» e per la «Gazzetta dello sport», dal 2002 è alla redazione sportiva del «Corriere della Sera». Ha seguito il grande ciclismo, Giro, Tour, Grandi classiche, Mondiali, fino al 2017; dal 2011 si occupa di Juventus e di Nazionale. Ha seguito tutte le ultime finali di Champions, comprese quelle della Juve, Mondiali, Europei, Confederations Cup, cerimonia del Pallone d’Oro. Premio Coni-Ussi nella sezione under 35, contributor dell’Enciclopedia Treccani 2013.