Il Re Artù del pallone recuperato

04.02.2013 08:45 di  Marta Fornelli  Twitter:    vedi letture
Il Re Artù del pallone recuperato
TuttoJuve.com
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

E pensare che era arrivato alla Juventus in punta di piedi. Arturo Vidal era sconosciuto a molti quando Marotta lo acquistò due estati fa dal Bayer Leverkusen. Dicevano fosse un incrocio tra Diego Simeone con la sua garra sudamericana e Steven Gerrard ed il suo fiuto del gol. Dicevano che avrebbe fatto il bodyguard di Pirlo, che avrebbe potuto ricoprire parecchie zone del campo all’occorrenza. Oggi, una stagione e mezzo dopo, il pubblico bianconero lo adora e non rinuncerebbe a lui per nessun motivo al mondo.
Secondo cileno della storia bianconera dopo Marcelo Salas, Arturo è nato a Santiago del Cile, ha iniziato a tirare calci a un pallone da piccolissimo in strada e nei cortili, come tutti i bambini. È arrivato in Europa nel 2007: il Bayern lo vide giocare nel Mondiale Under 20 e pagò la cifra record di 11 milioni di euro al Colo Colo per portarlo in Germania. Lasciare la famiglia non fu facile, ma nella sua nuova squadra Arturo si guadagnò subito l’etichetta di “guerriero”, tarata sulla sua voglia di vincere sempre e sul suo atteggiamento battagliero. Lo nota la Juve e lo porta a Torino, bruciando la concorrenza del Bayern Monaco (che non la prende bene). Perchè lui voleva la Juventus, “a tutti i costi”.
Per il primo boato nel suo nuovo stadio gli bastano pochi minuti. Subentra dalla panchina nell’esordio stagionale casalingo contro il Parma e una manciata di minuti dopo deposita in rete la palla del 3-0. Il gol è registrato sui tabellini, ma chi ha guardato quella gara (la prima di una lunga serie) ricorderà soprattutto la grinta del nuovo arrivato. A partita di fatto conclusa, Arturo non si ferma e rincorre tutti fino a quando non ha riconquistato la palla. Fino alla fine. Gesti che entusiasmano il pubblico come un gol, come un colpo di classe o una grande parata. Gesti che fanno subito entrare il nuovo arrivato nei cuori bianconeri.

La stagione scivola via tra colpi di grande classe, sette gol (uno più bello dell’altro), tanta spinta, tanta corsa e tanto cuore. Ogni partita una battaglia; Arturo è la felicità in persona ad ogni gol, con quelle mani a cuore per Maria Teresa e per Alonsito; lui che “la famiglia è la mia vita, la mia allegria, è quello che mi fa stare bene”; lui che ha come idolo mamma Jaqueline - “la guerrera, perchè ha saputo allevare i suoi figli con sani valori, è sempre stata forte e ci ha dato fiducia in noi stessi” -, che gli ha dato la forza per superare le difficoltà e diventare un professionista.
Arturo chiude la stagione da campione d’Italia. La Juventus arriva prima in campionato, è una squadra imbattuta e tanto si rispecchia nelle qualità del suo centrocampista. Ovviamente il suo gioco non passa inosservato e tutti i più grandi club d’Europa gli mettono gli occhi addosso. Lui ringrazia e risponde che la Juventus è casa sua, che a Torino è felice e che lavora per vincere ancora tanto con la maglia bianconera. La seconda stagione inizia così come la prima, Arturo (se possibile) gioca anche meglio dell’anno precedente, al centro del campo e delle idee di Conte. I suoi gol sono già dieci, ad incorniciare prestazioni sempre a livelli eccellenti. Dopo la partita di Coppa Italia con la Lazio, le frasi più ricorrenti tra i tifosi andavano da “ce ne fossero undici di Vidal in campo” a “Vidal ha quattro polmoni” fino al semplice ed efficace “clonatelo!”. Idem ieri, dopo Chievo-Juventus. Un giocatore indispensabile, uno di quelli che “se gira lui, gira la squadra”.
Vidal è tutto questo, è adrenalina, è carattere, è coraggio. Una gioia per gli occhi. Forse nessuno l’ha mai visto imbronciato; chi l’ha intervistato racconta che davanti alle tante lodi abbassa la testa e mostra timidezza, che ha gli occhi che ridono e che quella cresta da mohicano lo fa sembrare ancora più giovane dei suoi 25 anni. Insomma, non proprio “un cattivo”, come potrebbe sembrare in campo per il suo spirito sempre aggressivo. Antonio Conte dice che se lo porterebbe anche in guerra, Massimo Bonini lo descrive come “un campione completo, il vero indispensabile della squadra”. Ai tifosi bianconeri basta vederlo giocare, lottare. E sorridere.