Girelli: "Il calcio femminile è un fuoco che va alimentato con pazienza e costanza. Vorrei chiudere con la Nazionale con una medaglia e con la Juve con un trofeo internazionale"
Cristiana Girelli, attaccante della Juventus Women e della Nazionale italiana, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de Il Sole 24 ore in cui ha raccontato i suoi esordi soffermandosi poi sulla crescita del calcio femminile italiano rispetto a quello di altri paesi. Ecco un estratto delle sue dichiarazioni:
"A fine partita l’osservatore mi propose di andare al Bardolino Verona, squadra femminile. Io piangevo, non volevo lasciare gli amici con cui giocavo da quando avevo sei anni. Ma mia madre disse: “Certi treni passano una volta sola”. E sono salita su quel treno. Da bambina non stavo mai ferma: calcio, tennis, basket… mia madre era praticamente una tassista. Assecondava ogni mio entusiasmo».
Dal Rigamonti Nuvolera al Bardolino, poi il debutto in Serie A a 15 anni e il primo gol a 16. La crescita continua la porta al Brescia e, nel 2018, alla Juventus Women. «Andavo allo stadio a vedere il Brescia di Baggio con papà. E qualche volta, da tifosa Juve, venivo a vedere Del Piero. Mai avrei immaginato di indossare la 10 della Juve come loro».
Il calcio femminile intanto cambia, cresce, rompe barriere. Dopo l’Europeo estivo, l’Italia guidata da lei sfiora la finale, incollando alla tv 4 milioni di persone durante la semifinale contro l’Inghilterra. «Eravamo avanti fino a un minuto dalla fine… poi il pari inglese e quel rigore ai supplementari. Quanta rabbia, quante lacrime». Eppure l’Italia torna da vincitrice morale: il presidente Mattarella invita le azzurre al Quirinale. A parlare è lei, la capitana, emozionata fino alle lacrime:
«Sulle nostre spalle portiamo più di una maglia. Portiamo la speranza delle bambine che ci guardano e pensano: “Un giorno sarò lì anch’io”. Lo sport è cultura, educazione, futuro».
Girelli è consapevole di essere un modello. «Molte ragazze mi scrivono, una si è perfino tatuata il mio volto. È un orgoglio enorme, ma nulla è scontato: i risultati si costruiscono con talento, lavoro, sacrificio». Occhi lucidi, braccialetti tormentati tra le dita, mentre riflette sul ruolo che lei, Bonansea o Giuliani possono avere per la nuova generazione. Ma avverte: non basta. L’Italia deve colmare il gap con Spagna, Inghilterra, Stati Uniti.
«Dopo il Mondiale 2019 speravo in una svolta che non è arrivata. Ora spero che il nostro Europeo sia l’energia definitiva. Il calcio femminile è un fuoco: va alimentato con pazienza, strutture, investimenti».
«Vorrei chiudere con la Nazionale con una medaglia, quella sfiorata in Svizzera, e con la Juve con un traguardo internazionale. Ma soprattutto vorrei che le nostre partite servissero a smontare i pregiudizi. Basta paragoni con il maschile. Bisogna guardare con gli occhi puliti, senza filtri».
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