Il dèjà vu di un sorriso

Un profumo. Un rumore. Un volto. Un paesaggio. Una voce. Basta poco per tornare indietro nel tempo e rivivere momenti del passato. Il déjà vu, quello che si prova quando alla Juventus viene abbinata la parola sorriso con la mente che, automaticamente, ritorna al 2005, ai primi segnali di una rottura tra i rappresentanti della Proprietà e la allora dirigenza bianconera, la Triade.
Siamo a febbraio, quando Lapo Elkann in una intervista invita la società a diventare più simpatici: “avrebbero bisogno di uno smile sulla giacca”, dice, e la polemica scatta immediatamente, tanto che il giorno dopo, il 9 febbraio, ci pensa Antonio Giraudo a replicare con parole parole forti. “Senza smile in questi ultimi 10 anni abbiamo vinto 5 scudetti, abbiamo disputato 16 finali di coppe e vinte 8, abbiamo avuto 2 palloni d’oro e siamo la prima società ad avere vinto 3 Viareggio consecutivi. La Juve secondo L’Equipe è la numero uno come risultati in Europa e tra le più solide economicamente senza che gli Agnelli in questi ultimi 10 anni abbiano dovuto mettere denaro”. Lapo è Lapo, direte voi, ma sempre un membro della Proprietà era - e resta tuttora -, e queste frecciate furono le avvisaglie di una divergenza destinata ad allargarsi con la Triade silurata in quella estate del 2006.
Gli smile contro i successi. Quella Juventus vinceva tanto, a tal punto di essere una società a vertici mondiali per risultati e solidità economica, e faceva sorridere i propri tifosi alzando trofei. Inseguiva le vittorie, raggiungendo spesso l’obiettivo. Si sono poi visti con la gestione Cobolli-Blanc-Secco gli effetti di un tentativo di rendersi simpatici agli occhi dell’opinione pubblica, un tentativo miseramente fallito, perché i risultati non c’erano, anche se c’era chi rideva, ma a farlo erano i tifosi della squadra avversaria osservando i risultati della Juventus.
C’è voluto un ripulisti generale, il ritorno di un Agnelli alla presidenza, un uomo giovane, ma tosto e determinato, cresciuto ed allevato proprio da Antonio Giraudo. Non bastava, però, serviva altro. Una dirigenza competente e abile, certo, ma la storia è tornata a sorridere alla Juventus quando un altro Antonio, Conte, si è seduto sulla panchina bianconera, dopo essere stato il capitano e simbolo della Vecchia Signora.
La vittoria è tornata a essere la stella polare, perché vincere è l’unica cosa che conta, non il sorriso. Quello arriva dopo una rete, è quello che la gioia dipinge sui volti dopo i campionati vinti. L’humour lasciamolo ai comici, è il loro mestiere.