16ª g.) Juventus 0 Inter 0 (Stagione 2017-2018)

Racconti in bianconero, tra passato e presente
25.12.2017 07:30 di  Michele Messina   vedi letture
16ª g.) Juventus 0 Inter 0 (Stagione 2017-2018)
TuttoJuve.com
© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

                                  “Chi non salta nerazzurro è/ Chi non salta nerazzurro è” (Juventus Stadium)

                                                                        Buon Natale a tutti i lettori bianconeri

Ci sono due modi di leggere questa partita, che ho visto in una sera fredda di dicembre sugli spalti della Tribuna Ovest fila 18, gate k: è stata un’occasione sprecata data la latitanza dell’attacco bianconero, evidenziato dall’esclusione di Omarino Dybala, visti i pareggi di Napule e Roma, oppure è la prova evidente della solidità della difesa bianconera guidata dal duo Chiello-Benatia, imbattuta da quattro gare tra campionato e Champions. Avevo fatto la richiesta da tempo e il presidente Pasquale è riuscito ad accontentarci. Non eravamo solo io e mio fratello, ma c’erano anche zio Rocco, Monsieur Travin, al suo esordio all’Allianz Stadium, e Mimmo. Tutto era partito dalla scorsa estate, Monsieur Travin aveva deciso di ritornare a vedere la Juve, dopo qualche anno di assenza. Spesso mi racconta della sua partita di esordio in Coppa Campioni al Comunale, era la Juve di Anzolin, Leoncini, Del Sol fresca vincitrice del scudetto numero 13, frutto del movimiento di Heriberto. Scudetto vinto ai danni della superba e illusa Inter di Herrera. Io e il Vate eravamo già tra i primi cento iscritti allo Juve Club Fan Sibari del presidente Pasquale. Mimmo nel frattempo si metteva al lavoro, aveva uno dei compiti più importanti e impegnativi: trovare i voli di andata e ritorno, le case da affittare per un giorno o eventuali alberghi. Il tour avrebbe previsto partenza il venerdì dll’Immacolata, arrivo a Milano, incontro pomeridiano con il Vate, partenza per Torino il sabato mattina, serata allo stadio e ripartenza la domenica pomeriggio.

Il weekend dell’Immacolata è iniziato abbastanza presto: sveglia alle 4,50, dopo una notte quasi insonne. Partenza con Mimmo e incontro con zio Rocco, diventa lui il nostro autista verso Lametia. L’aereo è un Boeing 737-800, come mi ha spiegato il Macedone il martedì mattina, riscaldati da un caldo sole di dicembre. I posti sono stretti e noi tre siamo separati. Monsieur Travin non è con noi, ha avuto un impegno dell’ultimo minuto e salirà con il pullman il venerdì sera. Per fortuna, ho portato da leggere e dopo aver messo in bocca una chewing gum, mi lancio nel volo delle dieci. Arrivati a Bergamo prima video chiamata di Zio Rocco, abbiamo appuntamento con un nipote di Zio Rocco, Enzo. Negroni senza ghiaccio, dopo aver visitato il centro di Curnasco. Ad una finestra è appesa una bandiera dell’Atalanta, certo siamo nella patria della Dea. Giriamo l’angolo e sulla finestra che affaccia ad ovest, c’è uno striscione con su scritto “Benvenuti in Europa”. Dobbiamo stare davvero attenti, parlando poco mentre visitiamo un’esposizione di trattori. Ah, se ci fosse Enzuccio! Pranzo al ristorante della ragazza di Enzo, Zio Rocco l’aveva presa, all’arrivo, per la suocera del ragazzo. L’albergo di Milano è vicino a Piazza Duomo, la stanza è calda, due letti, il bagno in comune ma pulito. Zio Rocco dorme nella stanza singola e alle sei del mattino è già sveglio, pronto a fare la doccia. Ritorno a letto, Mimmo dorme e il rumore della strada ci giunge lieve. Appuntamento con il Vate alle diciotto e trenta vicino al Duomo, zio Rocco è la nostra guida, ha un ricordo cattivo dei suoi anni milanesi frammista ad un paio di videochiamate piuttosto movimentate e ci invita ad un lungo percorso passando per Porta Venezia, San Babila, Corso Vittorio Emanuele fino ad arrivare al Duomo. Quando arriviamo sotto la Galleria, il Vate è rimasto a San Babila. Dobbiamo aspettarlo e quando ci raggiunge, ci dice che ha visto Del Piero nel negozio dell’Adidas. Puntiricchio sembra passato tantissimo tempo, invece sono trascorsi solo sette anni dalla sua ultima apparizione in bianconero. Zio Rocco è stanco per le continue videochiamate e non ha tanta voglia di camminare, dopo un po’ ci immergiamo in una birreria irlandese. Ha una particolarità: sui muri sono esposte in quadri di vetro le magliette delle squadre inglesi, scozzesi e irlandesi, i programmi delle partite. Ogni tavolo ha il nome di un calciatore italiano: trovo il tavolo di Gianni Rivera e quello di Gaetano Scirea, ma non quello di Dino Zoff come aveva visto il Vate. Chissà…forse è caduta la targhetta di riconoscimento. Il birraio è antipatico e si dimentica di farci pagare le birre. Su un muro, prima della cucina c’è un disegno di Rat-Man con la firma di Ortolani, mentre vicino la porta è esposta la maglietta della nazionale italiana della fine anni 60. Il mattino dopo arriva a Torino Monsieur Travin, chissà perché è andato a Torino? Anche lui se lo chiede alle quattro del pomeriggio, quando lo troviamo fermo davanti al portone della casa presa in affitto per un giorno. A pranzo nella Milano carica di turisti abbiamo mangiato alla Vucciria panino cà meusa, la pasta con i saiddi, una porzione di cassata, che bello sentire sciogliere in bocca il gusto della ricotta e la frutta candita L’arancia si attacca al palato mischiandosi alla pasta di pistacchi. Che bello poterlo, Cesare Pavese dice che l’uomo ha due piaceri:il cibo e il sesso, se il primo lo può fare facilmente, il secondo è più difficile da raggiungere. Provo anche mezzo cannolo, dividendolo con il Vate. Monsieur Travin è tutto infreddolito e subito preme per farci andare allo stadio. Zio Rocco è della stessa opinione e guida la carica, dopo aver abbandonato una videochiamata, vorrei solo indugiare per caricare il cell, l’ho quasi scarico. Mi adeguo al clima indossando le calzamaglie, la maglia di lana a maniche lunghe, il maglione di lana grigio, cappellino Juve, la sciarpa Juve Ajax 4 a 1, portatami dal Macedone, e i guanti. Arrivo allo stadio verso le diciotto e trenta, dopo che i due mi hanno rimproverato un paio di volte sulla mia poca premura di partire. C’è un mare di gente dappertutto, mi fermo alla prima bancarella a comprare a Michelinho la maglietta di Douglas Costa, è il suo regalo di Natale, la maglietta di Dybala per Maria Teresa e quella di Higuain per Gregorio, anche se il calcio non gli piace, i bambini devono crescere con sani valori e passare la domenica felici. Giriamo per il centro commerciale vicino al Museo poi cerchiamo lo Store, finalmente lo troviamo, perdiamo Monsieur Travin che vuole entrare dentro per vedere il riscaldamento dei giocatori. Zio Rocco rimane imperterrito con noi tre ed inizia una nuova videochiamata. Verso le diciannove e trenta decidiamo di entrare nello stadio e ci dirigiamo verso il cancello K. La fila è lunga, ma ordinata, divisa tra uomini e donne, prima bisogna passare per due Stewart, uno per le donne e uno per gli uomini, oltre tre porte segnalatrici di oggetti metallici, le lucine rosse e verde lampeggiano sulla sommità. Ad un tratto tra le donne avanza un uomo alto quasi un metro e novanta, si fa largo con i gomiti e la pancia, fino ad arrivare all’ingresso, qualcuno bisbiglia, un’altra si lamenta sottovoce, lui fa niente di niente, grida soltanto che sta per iniziare l’incontro. Avanza, avanza, tra urla, bestemmie, schiacciando qualche bambino timido e alla fine riesce ad entrare, senza passare nessun controllo. Gli strani casi della vita: lo steward che mi ha perquisito, vorrebbe controllare nella borsa di plastica le magliette prese ai bambini. Dopo il tornello siamo dentro e vediamo Ravanelli ospite di un giuoco riservato ai tifosi: bisogna indovinare il minuto della rete segnata dal giocatore perugino al Padova. Tra le varie opzione mi sembra più credibile la risposta legata al minuto 40’ del secondo tempo, lo dico a voce alta rivolto verso il Vate. Il tifoso giocatore, invece, dà un’altra risposta: minuto 44’. L’annunciatrice rivela che ha sbagliato, selfie fra i due e si cercano altri concorrenti. Il Vate quasi mi spinge verso la postazione, blocco le gambe e resisto, per fortuna vengono scelte due ragazze. Il presidente Pasquale con il suo seguito è già presente nella Curva Nord, è arrivato stamani verso le dieci. Troviamo finalmente il nostro settore, Monsieur Travin ci aspetta in piedi, tutto concentrato, le luci sono spianate dappertutto e lo speaker urla frasi ripetitive. Ogni tanto sul tabellone luminoso inquadrano dei tifosi e parte l’applauso. Sono in particolar modo donne e bambini. Ho già sentito Gregorio e Maria Teresa, meglio evitare notizie sull’evento. Dei giocatori juventini e avversari nessuna traccia, Monsieur Travin non mostra nessuna perplessità sulla sua scelta. Ad un tratto un boato ci investe, la voce dello speaker annuncia l’entrata in campo dei giocatori. Ho il cell in mano a riprendere tutto, scatto foto su foto, i tifosi dell’Inter sono in un piccolo spicchio dello Stadium. Inizio ad urlare parole e frasi contro i Surici di Fogna, il Vate registra tutto e la manda a mia sorella. Sollecita è la risposta di “Stare calmo” e soprattutto “Non rubare patatine all’autogrill”. Sappiamo già dal primo pomeriggio le assenze di Dybala e di GigiBuffon, piena fiducia a Szczesny e Manzotin (copyright Alessandro). Cori e cori, saltiamo, gridiamo, il freddo si sente i meno dello scorso anno, l’equipaggiamento in dotazione dà i suoi frutti. Le squadre scendono in campo agli ordini del signor Valeri di Roma, Monsieur Travin comincia a dargli contro visto i suoi precedenti contro i bianconeri, 15 vittorie, 7 pareggi e 4 sconfitte. Tutti in mano abbiamo uno busta di plastica nera a formare un muro nero su una J bianca. Il Vate è seduto accanto a me, come tradizione, Monsieur Travin mi ha ceduto il suo posto, poi lo spettatore seduto al mio fianco, forse per le continue urla contro i surici di fogna, lo fa sedere accanto. Zio Rocco, cell spento, è seduto a qualche fila di distanza sotto di noi, il cell spento altrimenti….Il Vate mi chiede come mai la curva Scirea non fa nessuna coreografia, rispondo di non saperlo, ad un tratto si alza dalla parte inferiore un enorme striscione, in cui compaiono disegnata un’Italia bianconera, tranne in qualche sparuta località, mentre Nick Carter con la sciarpa nerazzurra intorno al collo indaga con la lente di ingrandimento alla ricerca del degli indizi del delitto, accanto lui Patsy e Ten, entrambi con la sciarpa nerazzurra. Sopra la scritta che abbraccia tutta la curva: “Inter: la Cina è vicina, l’Italia un miraggio”. Maledizione sono alcuni dei miei personaggi di fumetti preferiti, il Vate parla di Supergulp. Il signor Valeri fischia l’inizio e gli ospiti seguendo al tattica di Siur Spalletti si arroccano in difesa. La Juve fa girare la palla, ma l’ultimo passaggio difetta sempre di precisione. Minuto 8’ cross di Cuadrado, Manzotin (copyright Alessandro) impatta il pallone e pronta risposta di Handanovic, il pallone ritorna al numero 17 bianconero, colpo di testa in diagonale e Miranda salva sulla linea. La partita non è per niente iniziata bene. Il giuoco riprende con una punizione sul fondo di Pjanic, che bello vederlo giocare, l’ammonizione a Benatia, quella astuta cercata dal numero cinque bianconero e al 37’ minuto Matuidi blocca in area un pallone, tira l’accorrente Khedira e il portiere meneghino para in due tempi. Fa un po’ freddo e dietro di noi c’è un signor con il berrettino nerazzurro con il figlio. Pazzo! È proprio un pazzo! Minuto 45’ ancora Cuadrado crossa al centro, irrompe Manzotin (copyright Alessandro) anticipando D?Ambrosio e il pallone si stampa sulla traversa.  Dopo un solo minuto di recupero il signor Valeri fischia la fine e l’Internazionale non ha tirato una sola volta nello specchio della porta bianconera. Non ce la faccio davvero più! Devo correre al bagno, ma esito, cerco di convincere il Vate a prendere una birra: negativo! Indugio…poi devo andare, c’è una fila lunghissima che avanza a tratti, mentre il bagno femminile, contrariamente alle soste dell’autogrill, non presenta nessun segno di fila. C’è un tifoso barba bianca e berrettino sul capo con il nuovo simbolo, che parla di un tifoso dell’Inter seduto davanti a lui, era in compagnia del figlioletto, sentendo un’osservazione sul giuoco nerazzurro, s’era girato mostrando il muso duro, solo la presenza del bambino l’ha salvato. C’è gente che non ha il senso della misura. Quando riesco a rientrare, trovo la partita già iniziata, conquisto il mio posto chiedendo scusa ad una fila di persone sedute, immobilizzate a guardare l’azione di gioco. Minuto 5’ della ripresa, ancora una pallone d’oro per Manzotin (copyright Alessandro), il quale non riesce a controllare il pallone e l’azione svanisce. Ora fa un po’ freddo, mi strofino le gambe e il Vate mi parla della giusta collocazione del corpo, nel fare il cross verso l’area avversaria. La Juve del Livornese si mostra più continua e Manzotin (copyright Alessandro) impegna Handanovic. Monsieur Travin non fa che ripetermi della malafede di Valeri e la curva dell’Inter, racchiusa nel suo spicchio, continua a fare cori, ma nessuno dà peso ai suo slogan, ogni tanto la curva si inalbera e sovrasta le loro deboli voci. Perisic rischia l’autorete per anticipare sempre il proprio avversario, intanto Icardi ha anche il tempo di reclamare un calcio di rigore. Tiri di Khedira, deviato sul fondo, e di Asamoah parato dal portiere interista, una luce si accende nello stadio e finalmente Monsieur Travin trova soddisfazione alle sue tante richieste: esce Khedira ed entra Dybala. Ora l’attacco dovrebbe accendersi, invece Omarino si fa notare soltanto per una rincorsa dietro un attaccante interista. Tranne calcioni, respinte e tentativi di tiri, niente da segnalare fino alla fine dei tre minuti di recupero. Andiamo via senza aspettare il saluto dei giocatori, troppo è il freddo e la delusione per un pareggio che poteva essere contrastato in un modo diverso, più intensamente. Mentre consumiamo la cena a base di spezzatino piccante e riso, la mia, un taglio soffice di vitello su una foglia di insalata e patate, per tutti gli altri, in un locale del centro, perché non ce n’era per tutti, Monsieur Travin afferma che il male della Juve è da attribuire alla poca capacità dei centrocampisti juventini di cambiare ritmo, il Vate risponde asserendo che contrariamente al tifoso tuttologo, pronto a criticare, seduto davanti a noi, il cattivo gioco della Juve dipende dalla scarsa forma di Alex Sandro, Khedira e Dybala. Mimmo ripete che ha freddo e Zio Rocco è impegnato in continue video telefonate.

Il mattino dopo sveglia alle otto e trenta, mentre Zio Rocco è già sveglio dalle sei, sta facendo la doccia per poi tornare a letto. Riesco ad andare al bagno come quarto ospite, guardo in cucina e trovo a Zio Rocco impegnato a lavarsi i cappelli nel lavandino. Il Vate si alza tranquillamente per ultimo e non trova acqua calda per la doccia. È decisamente stato poco previdente. Mimmo va verso il centro, mentre noi tre ci rechiamo allo Stadium per visitare il museo. Alle dieci e cinque ci sono solo tre persone che aspettano, torniamo da fare la colazione, bevo solo un caffè, e troviamo una fila lunga almeno dieci metri. Riusciamo ad entrare nel Museum verso le undici, ottenendo una riduzione di tre euro grazie alla tessera dello Juve Club Fan Sibari. Cominciamo a scattare foto alla Panchina sulla quale nel 1897 è nata la Juventus ad opera di alcuni studenti del Liceo Classico Massimo D’Azeglio, che erano soliti ritrovarsi su questa panchina in Corso Re Umberto. Ci sono esposte le magliette di vari giocatori bianconeri, la più antica è quella di Giampiero Combi, poi Parola, Rava, Anzolin, Furino, Salvadore, Morini, Cabrini, Causio, Bettega, Del Piero, Buffon, Pessotto e tanti altri. Il pallone d’oro di Omar Sivori con la riproduzione cartonata ad altezza naturale, abbraccio il povero Scirea, ma dimentico Boniperti, presidente mi perdoni! Ci sono delle vetrine relative a vittorie significative con vari cimeli come scarpe, magliette gagliardetti, riviste e giornali. Scatto una foto anche alla maglietta dei Mondiali 1982, il fascio del 1934 e del 1938. In una sala scura si trovano le coppe e i trofei, manca la Coppa delle Alpi vinta nel 1961 dalla Juve di Omar Sivori, la voleva vedere il Macedone. Strano, molto strano, il Macedone ha affermato che la memoria storica tende talvolta a perdersi, il tutto in dialetto frammisto all’italiano. Zio Rocco è in subbuglio e spinge ad andare all’aeroporto, perché a Milano sta nevicando. Riesco a comprare allo Store la riproduzione della maglietta della vittoria in Coppa Uefa del 1977 e un portachiavi a Genny. L’aereo parte con una ventina di minuti di ritardo, dopo aver pulito i deflettori delle ali chiusi a causa del ghiaccio e arrivo a casa verso le ventitré, dopo aver salutato Zio Rocco e Monsieur Travin continua a ripetere che il male della Juve è da attribuire alla poca capacità dei centrocampisti juventini di cambiare ritmo. Mentre stavamo partendo, a Mimmo arriva un messaggio: “Paolana 1 Castrovillari 2, espugnato il Tarsitano”. Stupendo Enzuccio vincitore in campo e fuori, nella degustazione di un pentola ricolma di verza, ceci, cicoria, fagioli, cotiche, salciccia, savuzizotto, pancetta, prosciutto, avvenuta prima di arrivare allo stadio, in una piazzola dell’autostrada. Il corpo ha bisogno di calore e di cibo soprattutto quando fa freddo.