SOTTOBOSCO - L'affetto di Andrea Agnelli per l'Inter: mai nessuno aveva osato tanto. Settimana ridicola e pesante. Vedi la Juve e ti incazzi. Allegri, non solo meriti e alibi: anche qualche colpa. La stagione irripetibile di Raiola

Andrea Bosco ha lavorato al “Guerin Sportivo“, alla “Gazzetta dello Sport“, al “Corriere d'Informazione”, ai Periodici Rizzoli, al “Giornale“, alla Rai e al Corriere della Sera.
02.05.2022 00:19 di Andrea Bosco   vedi letture
SOTTOBOSCO - L'affetto di Andrea Agnelli per l'Inter: mai nessuno aveva osato tanto. Settimana ridicola e pesante. Vedi la Juve e ti incazzi. Allegri, non solo meriti e alibi: anche qualche colpa. La stagione irripetibile di Raiola
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Settimana ridicola. Punteggi roboanti e assurdi. Ma dicono sia un campionato regolare. Ben arbitrato. All'interno di un calcio che gode (secondo il presidente federale Gravina)  di buona salute e che dice Gravina “di voler riformare“. Ergo, ridiamo, ma non preoccupiamoci. Come sosteneva il celebre scrittore “la situazione  è grave ma non seria“ .

Settimana pesante. La morte di Mino Raiola, certificata dalla famiglia, dopo che per smania di protagonismo era stata “lanciata“ da un tg  quando il principe dei procuratori era (sofferente) ancora in vita. Brutta pagina per il giornalismo. Che il “mestieraccio” non sia più quello che mi aveva stregato quando ero studente al ginnasio,  da tempo è evidente. Oggi chiunque può fare il giornalista. Persino uno screditato professore, arrivato a dire che “Hitler invadendo la Polonia non aveva intenzione di far scoppiare la seconda guerra mondiale“. Gli hanno sospeso l'incarico: ma (pare)  continuerà a lavorare. Dovesse essere licenziato non dovrà chiedere il reddito di cittadinanza. Un  movimento politico pare  propenso a candidarlo alle prossime elezioni. Garantendogli, “carta bianca“ .

Gli autori della “grezza“ non hanno brillato per spiegazioni. Capita di dare notizie , risultate clamorosamente inesatte.  Indro Montanelli, convinto che l'amico pittore Giuseppe Novello fosse morto in un lager tedesco (dove era internato assieme a Guareschi), ne scrisse il necrologio. Ma Novello non era morto.  Replicò dalla prigionia, testimoniando di essere in vita. Visto che era un grande umorista invece di inveire contro  l'amico, si dedicò una vignetta auto-dissacrante il cui contenuto era più o meno questo:  “Talmente bello il necrologio di Indro che francamente mi è spiaciuto non essere morto“ .

Raiola si era fatto da solo. Dalla pizzeria di famiglia in Olanda alla sua casa ufficio a Montecarlo. Potente, ricco: il più bravo nel suo mestiere. La Juve gli deve l'arrivo di Paul Pogba, bambino. Poi quello (a peso d'oro) di De Ligt.  Amato e detestato: molto invidiato. Un uomo capace di fare i propri interessi ma soprattutto quelli dei propri assistiti. Uno che dopo la legge Bosman ha disegnato, nel calcio, una stagione irripetibile.

Settimana pesante. Vedi giocare la Juventus e la vedi vincere. Ma finisci la partita,  stremato. Arrivi a detestarla. Indecente nel gioco, incapace di difendere e pressare. Incapace di costruire. Vedi la Juve e ti incazzi. Ti prendi la doppietta di Bonucci e l'ottimo esordio di Miretti: finalmente un centrocampista che pensa calcio in verticale.  Ti prendi la paratona (l'ennesima) del polacco. E ti chiedi: come è possibile che uno che segnava valanghe di gol (Vlahovic) una volta  arrivato alla Juve non segni  più? Come mai uno come Kulusevski, che a Torino faticava a trovare spazio, al Tottenham sforni  assist come fossero pop corn? Allegri ha i suoi meriti: aver (praticamente) agguantato il quarto posto. E avrà anche i suoi alibi: gli infortuni, la fatica (causa infortuni giocano sempre gli stessi), la pochezza tecnica e fisica di alcuni giocatori, l'annata storta, il credito con arbitri e Var. Ma forse qualche colpa ce le ha anche lui.  Una Juventus che balbetta calcio contro il disperato Venezia non si può digerire .

Settimana rivelatrice:  le ragazze vincono in rimonta contro il Milan e vanno in finale di Coppa Italia contro la Roma. Hanno indossato anche loro la maglia da “gelatai”. La Juventus maschile contro il Venezia si è esibita con la divisa coloro canarino. Evidentemente la maglia bianconera all'attuale dirigenza non piace .

Settima insopportabile. Dovevo arrivare alla mia veneranda età per ascoltare un presidente della Juventus, spiegare che lui “vuole bene all'Inter“. Parole e musica di Andrea Agnelli. Al quale sommessamente rammento che se, dovesse mai, l'Inter vincere lo scudetto, sarebbe per la squadra di Inzaghi il 20esimo: seconda stella. Peccato che uno di quegli scudetti sia di “cartone“: una delle più grandi porcate della storia del calcio. Rammento anche, ad Andrea Agnelli, che dagli anni Sessanta la società alla quale lui “vuole bene“ tira fango sulla Juventus. Cominciarono a tirarlo a  suo papà Umberto. Avrebbero voluto  (anche allora) vincere a tavolino. Andrea Agnelli ha saputo realizzare qualche cosa di irripetibile: 9 scudetti  di fila. Quasi il doppio di quelli incamerati nei leggendari anni Trenta. Ma nessuno, mai, nella lunga vicenda  della Juventus,  aveva  osato dire  di “voler bene“ ad una  società il cui (ex) presidente rivendica quel titolo costruito con maleodorante  “imballaggio“ come “il più bello“. Il futuro, per questioni anagrafiche, non mi appartiene. Ma di una cosa sono certo. Lo spiegò, qualche anno fa, proprio Andrea Agnelli in una intervista  a Sky: “Passano i giocatori, gli allenatori, passano i dirigenti e anche i presidenti:  resta la Juve“. Appunto .