Buon diciottesimo 5 maggio

05.05.2020 19:18 di  Leonardo Labita  Twitter:    vedi letture
Buon diciottesimo 5 maggio

Si dice che Maggio sia il mese degli asini, il proverbio racconta come “Maggio mette cinque gambe agli asini”.

Si dice che Roma sia la città eterna, Giotto scriveva fosse anche la città delle illusioni e del desiderio.

Immaginatevi una caldo pomeriggio romano di ben diciotto anni fa, pieno di desideri pronti a trasformarsi in illusioni, immaginatevi carovane di apparenti leoni pronti a trasformarsi in degli asini singhiozzanti.

Roma, 5 maggio 2002, stadio olimpico.

Esiste sempre una data, un luogo, un momento storico destinato ad immortalare un’intera esistenza, a consegnare in eterno la vera essenza del proprio essere, così da renderla immortale, impossibile da dimenticare, impossibile da cancellare... non c’è prescrizione che tenga.

Roma, 5 maggio 2002, stadio olimpico.

Stava per materializzarsi uno dei momenti più particolari e unici della storia del calcio italiano che stava rischiando di vanificare l’entusiasmante lotta di tre squadre che sul campo che avevano meritato di giocarsi lo scudetto fino all’ultima giornata.

Una surreale alleanza tra i timorosi tifosi della Lazio, che si schieravano apertamente contro la loro squadra, pur di non dare chance di vittoria scudetto ai cugini romani e i tifosi e giocatori dell’Inter che, terrorizzati di incappare nell’ennesimo fallimento di una stagione priva di successi, non credevano alle loro orecchie e ai loro occhi, quando la trasferta (sulla carta ostica) si era trasformata in una vera e propria gita romana.

Nella loro testa si era fatta concreta l’idea di vincere uno scudetto, senza  bisogno di "sudarlo" sul campo, gettando le basi per qualcosa che lì vedrà protagonisti assoluti un quadriennio più avanti…

In questo clima surreale, che di fatto sembrava aver sancito  l’Inter campione d’Italia, l’altro aspetto drammaticamente esilarante era il silenzio degli addetti ai lavori.

Giornalisti, presidenti, allenatori, tutti inermi spettatori di uno strano spettacolo calcistico per il quale nessuno gridava allo scandalo; nessun appello mediatico, nessun suggerimento di interrogazioni parlamentari, tutti a celebrare l’imminente scudetto nerazzurro.

Eppure vi assicuriamo che hanno fatto tesoro di quella esperienza, molti di coloro che in quei primi giorni di maggio del 2002 ricoprivano ruoli di presidenti, giornalisti e allenatori, lo sono ancora oggi.

Roma, 5 maggio 2002, stadio olimpico.

A salvare l’onore del calcio italiano, ci pensano undici giocatori con la maglia celeste, traditi dai propri stessi “tifosi” (?) che qualche anno dopo replicheranno ancora una giornata simile, manco a dirlo sempre a favore dell’Inter... con tanto di eloquente striscione per non lasciare neanche dei dubbi...chissà cosa avrà mai fatto la Lazio per meritarsi dei tifosi così !

Quegli undici giocatori lasciati da soli, spettatori obbligati di una festa senza precedenti di colore nerazzurro con sfumature celesti, consegnano alla storia qualcosa di epico, facendo la cosa più giusta e normale che si dovrebbe fare sempre su un campo di calcio: giocarsi la partita.

Viene fuori una partita che i giocatori della Lazio recuperano, pareggiano e vincono, di fronte agli smarriti e terrorizzati giocatori interisti.

Nel giro di una trentina di minuti, la squadra di Milano, si ritrova incredula e spaesata in mezzo ad una vera partita di calcio; la passerella si trasforma in un ring.

Il campo diventa ostico, l’Inter non perde solo uno scudetto già vinto, perde anche la dignità con le suppliche di Materazzi che ricorda all'avversario "vi ho fatto vincere uno scudetto" riferendosi alla "nuotata" di Perugia del 2000 e con i tanti proclamati fenomeni che non possono fare altro che lasciarsi andare in un pianto a dirotto, mancando per l’ennesima volta l’occasione di essere decisivi e vincenti con quei funesti colori addosso.

La sconfitta non può che diventare epica, per un ambiente che dopo anni di caccia alle streghe, di piagnistei da vittime, mostra al mondo intero la propria naturale incapacità di vincere, persino quando tutto e tutti sono dalla propria parte, come fosse qualcosa intrinseca nel proprio DNA, destinata a ripetersi anche negli anni futuri, nonostante sporadici e isolati momenti di fugace gioia; la tipica eccezione che conferma la regola.

E’ così, che la sconfitta si trasforma in vergogna, dovrebbe consegnare anni di silenzi e mea culpa, che andrebbero accompagnati da una ferrea e lunga quarantena calcistica... ma che viene puntualmente violata da chi vive per essere vittima e per trovare sempre alibi ai propri fallimenti; ci riusciranno anche nella giornata che di fatto ha segnato un vero e proprio suicidio sportivo.

Quel 5 Maggio 2002 oggi compie 18 anni, ma non li dimostra; perché porta in dote un ricordo, una gioia e una sensazione così fresca, così viva, che pare essere andato in onda da pochi giorni.

E’ una giornata di calcio di quelle destinate ad entrare in maniera prepotente e indelebile nella storia personale di ogni tifoso juventino, da ricordare con impressionante lucidità, non tralasciando nemmeno il più piccolo dei dettagli.

Il tutto accompagnato da quel piacevole sonoro della voce di Riccardo Cucchi che riecheggia nelle orecchie : “quarto gol della Lazio ! 28 i minuti di gioco: Simone Inzaghi di testa corregge in rete un cross operato dalla sinistra da Cesar. La Lazio si porta dunque sul 4-2 “.

Buon diciottesimo 5 maggio !

@leolab81