LETTERA DELLA TIFOSA Daniela: "Perchè è giusto fischiare Balotelli..."

Per quanto chi scrive non segua approfonditamente il gioco del pallone da diverso tempo, schifato a fondo da quanto vi gira attorno e dai vari personaggi che vi sguazzano dentro come porci nella mota, non posso fare a meno di registrare una serie di avvenimenti, ultimi, recenti, che vi fanno capo e che nella fattispecie girano attorno a un ragazzino che gioca in serie A, in una squadra che, più o meno, dopo anni di patimenti e umiliazioni, si sta togliendo diverse soddisfazioni a forza di tituli più o meno meritati e grazie anche ad un allenatore che di calcio (come di tutto il resto) capisce quanto mia nonna, ha l’umiltà di un bullo di periferia metropolitana degradata (molto degradata) e viene pagato da faraone come se facesse qualcosa di utile. Di utile per il mondo, ovviamente, non solo per sé stesso.
All’interno di questa bella compagine, che ha sede legale in Italia ma che d’Italiano probabilmente ha solo il presidente e il magazziniere, gioca un bambino nero di origine ghanese, tal Mario Balotelli, che effettivamente, non è italiano, semplicemente, come il presidente ed il magazziniere, ma è molto, ma molto di più: è il tipico italiano.
Per i razzisti e gli idioti la cosa suona strana, ma a noi che scriviamo non ce ne frega niente; Balotelli, nato Barwuah, è venuto alla luce in Italia, abbandonato dai genitori naturali e dato in affido a due coniugi Italiani –bianchi come la neve, presumo, ma credo ben presto divenuti verdi a forza di aver a che fare con un figlio del genere- ;
a dispetto di un colore a metà fra il carbon Coke e l’Antracite ha rapidamente sviluppato numerose capacità che lo contraddistinguono come italiano. Italiano vero. La prima: Balotelli è arrogante. Caratteristica innegabile,se consideriamo che il bamboccione nerazzurro si diverte a sfottere avversari e tifosi ad ogni piè sospinto. Tifosi fra cui, spesso, c’è gente che ha sudato i suoi risparmi, che ha lavorato duro magari fino a pochi istanti prima del fischio d’inizio, che ha spesso buttato gran parte dei suoi soldi per mandare avanti quel baraccone cigolante dove i vari Balotelli di ogni colore si divertono a dar calci a una palla senza fare nient’altro di davvero utile. E ci pigliano pure per i fondelli.
La seconda: Balotelli è provocatore. Basta guardare il modo in cui gioca: non c’è partita dove in mezzo a qualche suo bel dribbling non ci metta spintoni e mazzate varie. In questo, per carità, spesso graziato dai vari direttori di gara. In più, vedere il punto uno.
La terza: Balotelli è poco lungimirante.
Basta considerare i due punti sopra, e metterli assieme al fatto che uno così – mi viene da ridere e piangere assieme –dovrebbe essere l’eroe e il campione di tanti ragazzini, e si comporta come se avesse l’età mentale di un pupo prescolare. E si comporta così in ambienti, gli stadi, dove la gente di cui sopra, molta gente, è spesso esasperata da una vita - per così dire – poco soddisfacente, fra disoccupazione e bassi salari, ed è quindi spesso e volentieri, per dirla elegantemente, irritabile.
La quarta: Balotelli è in realtà poco coraggioso. Per quanto possa sembrare un‘affermazione strana, vista l’apparente fierezza del soggetto, bisogna considerare che gioca per una società che gli può permettere, per così dire, di avere le spallucce coperte; probabilmente, fosse rimasto al Lumezzane ancora un poco, non sarebbe andato avanti a lungo, ancora, a giocare al calcio. Si sa, nei campetti di provincia è più facile incontrare una qualche Nemesi che non a San Siro. Sotto forma di una squalifica pluriennale, o di qualcos’altro di più fisico e concreto.
Disgraziatamente, tutte queste caratteristiche le troviamo in abbondanza nell’ Italiano medio: come dice quel famoso giornalista, eccellente penna di grandi testate, l’Italiano tende spesso ad essere Pecora Anarchica – e chi più di uno come Balotelli incarna quest’assunto? Anarchico, perché vuol fare quello che vuole sempre e comunque, impunemente, magari solo perché bravino in un lavoro; e Pecora, perché perfettamente uguale a mille e mille altri suoi coetanei e/o colleghi disgraziatamente italici, uguale nell’arroganza bullesca , nella scarsa lungimiranza, nella scarsa presenza di attributi veri, quelli che portano ad affrontare la realtà con fierezza tranquilla e dignitosa. Quelli che non mancano, per rimanere in tema di colore, a molti suoi coetanei africani che hanno i piedi poco felici, che non hanno avuto la immensa fortuna di essere adottati da occidentali, e si sudano ogni giorno, fra mille rischi e con immensa dignità, la pagnotta in un cantiere, in miniera, sotto al sole nei campi; attributi che non mancavano a fior fior di divi, pure neri, che giocavano al calcio ma lo facevano come si deve, coi piedi buoni e anche con grande signorilità, tipo, chessò, un certo Edson Arantes do Nacimiento, di cui forse avrete sentito parlare, e oltre fino a Gullit, Rijkaard,Weah, Aldair, e chi più ne ha più ne insacchi.
Qualcuno dirà: ma è l’età, lasciatelo stare, crescerà.
Appunto: gente così, in genere, cresce, ma ci vuole qualche sano contrasto, anche duro. E non solo in campo.
Anziché coccolarlo sempre e comunque solo perché “gioca bene”, cosa che poi è da dimostrare fino in fondo, e che ha un valore del tutto relativo, o solo perchè gioca nell'Internazionale,arbitri, società e federazioni varie, nonché eventualmente anche Organi ben superiori, dovrebbero pensare a disciplinare un simile soggetto.
Di divetti scomposti alla Balotelli, qui in Occidente, e non solo nei campi di calcio, non ne possiamo davvero più.
Daniela Civico-Roma