ESCLUSIVA TJ - Roberto Beccantini: "Juve, troppi errori dirigenziali. Possibile che dal 2007 abbiano fallito tutti gli allenatori? Squadra da sesto posto, servono tre rinforzi"

25.10.2011 12:00 di  Gaetano Mocciaro   vedi letture
ESCLUSIVA TJ - Roberto Beccantini: "Juve, troppi errori dirigenziali. Possibile che dal 2007 abbiano fallito tutti gli allenatori? Squadra da sesto posto, servono tre rinforzi"
TuttoJuve.com
© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport

Il noto giornalista Roberto Beccantini è intervenuto in esclusiva per TuttoJuve.com parlando della situazione attuale dei bianconeri, spaziando dalla situazione attuale alle prospettive future, analizzando i pro e i contro della Vecchia Signora

Roberto Beccantini, ha visto la partita contro il Genoa? Che impressioni le ha dato questa Juventus?

«L'ho vista in tv. Palla al piede, mi è parsa da sei e mezzo; palla a Pirlo, da sette; palla agli altri, soprattutto negli episodi cruciali, da cinque».

Dopo l’entusiasmo iniziale, grazie anche allo stadio, piano piano si sta ritornando con i piedi per terra. Fra Chievo e Genoa la Juve non solo ha sprecato due occasioni per andare in fuga, ma si è fatta persino scavalcare da Udinese e Lazio (e ci sarebbe anche l’Atalanta, non fosse per i sei punti di penalità). Non è che le cose siano più o meno le stesse delle ultime due stagioni?

«Fra Bologna e Genoa in casa, Catania e Chievo fuori, la Juventus ha già buttato otto punti su dodici. E lo dico, sia chiaro, con tutto il rispetto per gli avversari. Gira e rigira, dopo sette giornate stiamo rimasticando gli stessi concetti della scorsa stagione; e la scorsa stagione, parlavamo come nelle precedenti. Dal ritorno in serie A a oggi, il problema non è mai stato l'impatto con il Milan, l'Inter, la Roma, squadre con le quali il bilancio resta positivo. Il problema è stato, sempre, la gestione delle partite con le medio-piccole e le medio-grandi. Al netto degli episodi, e degli errori riconducibili spesso ai singoli e talvolta alla lavagna dell'allenatore, credo che sia una questione di qualità (dei giocatori) e di personalità (idem, soprattutto). Non faccio per dire, ma con il Palermo la Juventus ha perso sei volte su otto; e con il Napoli, cinque su otto. Per tacere del doppio vantaggio sprecato a Cesena, e con Catania e Chievo nel vecchio stadio. Sono troppi gli indizi per non parlare di prove. O meglio: per non parlare, sempre, delle stesse prove».

La scelta della società di chiamare Antonio Conte, uomo bandiera, ha fatto si che la tifoseria aspetti prima di criticare, come invece è successo con Ranieri o Delneri. Fino a quando durerà questa pazienza?

«In Italia, per me, si dà troppa importanza all'allenatore. Conta più la società, con le sue risorse economiche, i suoi sogni, i suoi programmi, di uomini e di mercato. Scegliere chi sa scegliere: è qui che John Elkann ha fallito. Faccio un esempio: fra l'Inter di Mourinho e la rosa dell'Inter di Mourinho, io prendo prima la rosa, da Eto'o in giù, poi Mourinho. Lo stesso dicasi per lo sceicco Mansour e Roberto Mancini, al Manchester City: precedenza allo sceicco. Sia chiaro: i quattrini non bastano, vanno sempre accoppiati alle idee. Per spazzare via ogni dubbio: idee e milioni, milioni di idee. Possibile che i "mister" passati alla Juve dopo il 2007 siano tutti rimbambiti? Conte non mi dispiace, ma saranno i risultati a delinearne il destino. Lei allude ai tifosi. Ho l'impressione che, spesso, i dirigenti li abbiano ascoltati sin troppo: ricorda il caso Stankovic, bloccato dalla piazza?. Capisco l'astinenza, gli anni che passano, la vigliaccheria di Abete. Ogni tecnico che arriva alla Juventus, eredita frustrazioni non sue, digiuni e diete imposti da altri. Ma per il salto di qualità, servono campioni. Quelli che il club avrebbe dovuto arruolare quando le vacche erano meno magre, e le finanze lo consentivano. Si sono sprecati troppo tempo e troppo denaro».

Tuttavia, in una gara di cartello come quella contro il Milan la Juve ha dato spettacolo. Domani ci sarà la Fiorentina, eterna rivale. Si aspetta una prova di grande reazione? Se andasse male che scenario potrebbe esserci?


«Se va bene: inni e canti, enfasi e incenso. Se va male: ma allora, ma qui, ma là. E' un campionato lento della cui pigrizia non bisogna, però, abusare. La Fiorentina, poi, gioca meglio fuori che in casa. Attenzione, dunque. Lei cita lo spettacolo offerto con il Milan. Ripeto: nei confronti diretti, sarebbe stata da scudetto, o da podio, persino la Juventus del dopo Calciopoli. Il guaio è che, nei campionati a venti squadre, incidono e decidono, soprattutto, i confronti indiretti».

E’ una Juve che può ambire allo scudetto o deve cambiare qualcosa?

« Nella griglia di agosto, pubblicata sul "Guerin sportivo", avevo collocato la Juventus, questa Juventus, al sesto posto. Non mi va di illudere. Preferisco correggermi. Alla Juventus mancano un grande difensore, un grande attaccante e una grande ala. Non proprio briciole, a naso».

L’Inter è già attardata, il Milan è in rimonta ma ancora dietro. Chi può vincere questo scudetto?

«Per me, rivince il Milan. L'avanti adagio del gruppo favorisce i recuperi, la stessa Inter non è poi così lontana dal podio. Certo, da sportivo e da ammiratore di Francesco Guidolin, mi auguro che l'Udinese regga. Il Napoli - sulla carta, l'anti Milano più credibile - potrebbe pagare l'effetto Champions. Occhio alle romane. Scriverlo, è come scoprire l'America. Ma lo scrivo lo stesso».

Che scenari vede per il mercato? L’attacco è in sovrabbondanza e ci sono carenze dietro. Chiellini sabato disastroso e magari servirebbe un terzino sinistro di ruolo. Eppure parlano di Tevez...

«Sì, l'attacco è sovrabbondante a differenza della difesa, "sottoabbondante". Non vorrei che Chiellini fosse stato sopravvalutato. Ne adoro lo spirito guerriero, la dedizione, lo slancio, i gol che ogni tanto raccoglie, ma in fase strettamente difensiva ne combina più di Carlo in Francia. Per gennaio, andrei su un centrale e su un terzino sinistro. A proposito: sono discorsi che ci facciamo da anni, brutto segno».

A proposito di Chiellini, come giudica la sua involuzione, oltre a quella di Krasic?

«Chiellini ha scelto il fisico, il corpo. A livello tattico, non ho notato i progressi che mi sarei aspettato. Appartiene alla tribù dei gladiatori, avrebbe bisogno di una balia, di un badante, tipo il Cannavaro di Berlino. Legrottaglie, prima che litigasse con Delneri, mi sembrava il partner più adeguato. Con Barzagli, sono tutte montagne russe. Centro, sinistra: quando si giocano tanti palloni in posizioni così delicate, e Giorgio ne gioca tantissimi, bisogna scendere a patti con il proprio machismo e affinare il senso della posizione, specialmente nelle circostanze in cui la manovra comincia da tutt'altra parte e, per questo, sembra - ripeto: sembra - innocua, periferica. Mai spegnere lo schermo radar, mai. Krasic, lui, ha cominciato a "morire" a Bologna, il pomeriggio del famigerato rigore. Psicologicamente, non si è più ripreso. E' un'ala vecchia maniera, renitente alle coperture e ai catechismi, votata al dribbling. Ha bisogno di spazio, più che di un terzino che lo affianchi per ricever palla e scambiarla. Gli avversari non sono fessi: lo raddoppiano, e buona notte ai suonatori. O 4-4-2, con terzini bloccati, o 4-3-3: non si scappa. Krasic va considerato, a tutti gli effetti, un attaccante».

Parlando di cose positive, cosa le piace di questa Juve?

«Mi piace il manuale geometrico di Pirlo, mi piace il fraseggio veloce e verticale che talvolta la squadra esprime, mi piacciono l'aggresività che sa sprigionare, gli inserimenti di Marchisio, lo spirito di Pepe; mi incuriosisce il ruolo di Vidal, una sorta di Boateng ondivago e meno ciclopico. In compenso, da uno del talento di Vucinic mi aspetto di più, molto di più».

Del Piero tramite «Striscia» ha fatto capire che magari le parole di Agnelli sul suo addio potevano arrivare con meno anticipo. Che idea si è fatto?

«Era una non notizia che, come tale, Andrea Agnelli avrebbe fatto meglio a non divulgare, anche se il protocollo prevedeva e sollecitava l'applauso. Siamo in Italia, paese ad altissimo tasso emotivo. Agnelli sta studiando da presidente, è più giovane di Del Piero, ha ereditato una Juventus ai minimi storici: ho visto, e sentito, di peggio. Tanto ha dato, Alessandro, e tanto ha ricevuto: non sono frasi fatte. In vent'anni di matrimonio ci può scappare un'uscita infelice (ai più), un'ovazione non apprezzata (dai più). L'importante è guardare la luna, non il dito. Non l'addio di Del Piero, nell'ordine delle cose e concordato da mesi, ma il suo erede: chi sarà? Consiglio un salto in archivio: Michel Platini, una congrua pausa, poi Roberto Baggio, poi Alessandro Del Piero (per cinque stagioni, addirittura, con Zinedine Zidane: troppa grazia): e dall'anno prossimo? Personalmente, sono rimasto più scosso dal pasticcio stadio, dal "rischio teorico di crollo doloso". Spero che anche questa, soprattutto questa, sia una non notizia».