Tutte le prove dell'inadeguatezza di Gravina e della Figc. Il caso Nazionale è solo la punta dell’iceberg

In questi giorni la vicenda del ct della Nazionale esonerato senza che ci fosse un’alternativa in cassaforte e per di più con una modalità quantomeno anomala (l’annuncio è stato dato dallo stesso Spalletti nella conferenza stampa pre-partita di una gara in cui sarebbe stato ancora in panchina, trovate un precedente del genere…) ha riportato al centro del dibattito la riflessione sull’adeguatezza dei vertici della FIGC ed in particolare del presidente Gravina, appena rieletto alla bulgara (98% dei consensi e unico candidato).
Molti si sono fermati alle dichiarazioni dello stesso Gravina che nel 2017 chiese le dimissioni del suo predecessore Tavecchio a seguito della mancata qualificazione ai Mondiali 2018, con l’Italia eliminata dalla Svezia. Al tempo Gravina era presidente della Lega Serie C e disse: “Abbiamo bisogno di una svolta, dobbiamo fare tutti un passo indietro”.
Tavecchio si dimise. Sarebbe interessante che oggi qualcuno dall’interno del mondo FIGC ripetesse la stessa frase a Gravina, dopo l’eliminazione dai Mondiali per mano addirittura della Macedonia del Nord, nonché agli Ottavi degli Europei per mano della Svizzera ed ora travolta dalla Norvegia mettendo a serio rischio la qualificazione anche al prossimo mondiale. Anzi sarebbe stato meglio che quella frase l’avesse ripetuta lui stesso, anziché dire “Non mi dimetto” appena dopo la disfatta in terra norvegese.
Ma, a mio modo di vedere, non bisogna fermarsi qui. Il caos e i risultati azzurri non sono che la punta dell’iceberg. Partiamo dalle basi. Il principio di “probità” centrale nello statuto federale dovrebbe valere anche per il presidente, che invece deve rispondere di “autoriciclaggio” per una vicenda da chiarire che tira in ballo anche la concessione dei diritti televisivi della Serie C ai tempi in cui Gravina ne era presidente. Per carità, tutti innocenti fino a sentenza definitiva contraria, se non fosse che lo stesso Gravina aveva dichiarato quando al centro del dibattito c’erano la Juventus e i suoi dirigenti: “Nel calcio bisogna essere rapidi, incisivi, senza aspettare le lungaggini della giustizia ordinaria”.
A proposito di princìpi presenti nello Statuto FIGC, al punto 3 dell’articolo 1 si legge: “L’ordinamento della FIGC si ispira al principio di democrazia interna, senza alcuna limitazione, e garantisce la partecipazione all’attività sportiva e federale da parte di chiunque in condizioni di uguaglianza e di pari opportunità”.
Ebbene, soprassediamo sulla democrazia interna di un ente che arriva alle elezioni del presidente con un solo candidato, concentriamoci pure sulle condizioni di uguaglianza e pari opportunità. Che ne è di queste a fronte del fatto che la Procura Federale agisce in un modo nei confronti di alcuni (Juventus, Brescia, società di serie C) e in maniera diametralmente opposta (o proprio non agisce) nei confronti di altri (per esempio Inter e Napoli) a fronte di situazioni che hanno a che fare con plusvalenze, stipendi, pagamenti e bilanci? E sempre a questo proposito che ne è dell’art.19 dello Statuto federale che, a proposito di controlli sulle società recita: “Le società professionistiche sono assoggettate alla verifica dell’equilibrio economico e finanziario e del rispetto dei principi della corretta gestione” dato che poi, a campionati iniziati, saltano fuori situazioni su cui è chiaro che non ci sono stati controlli preventivi con conseguente perdita della credibilità delle competizioni stesse? Per non parlare delle situazioni che emergono da inchieste giornalistiche che riguardano società di vertice della Serie A.
Andiamo avanti. L’art.24 punto 1 dello Statuto della FIGC, a proposito del ruolo del presidente federale, recita: “Ha la responsabilità generale dell’area tecnico-sportiva ed esercita le funzioni apicali di programmazione, indirizzo e controllo relative al perseguimento dei risultati agonistici a livello nazionale e internazionale”. Dal che si deduce che il presidente è direttamente responsabile di quanto sopra (compresi i risultati della Nazionale), ma non solo. Per perseguire i risultati agonistici bisogna fare in modo che il sistema calcio italiano faccia crescere campioni. Come è successo fino agli anni Settanta-Ottanta (quando sono nati e cresciuti ad esempio Del Piero, Totti, Pirlo o il Pallone d’Oro Cannavaro), poi il vuoto (portieri a parte, e questo può essere uno spunto da cui partire).
Dopo la Nazionale campione del mondo 2006 non ci sono più stati talenti paragonabili alle generazioni precedenti. Che cosa si è fatto per colmare questo vuoto generazionale? Fin dal 2010 Roberto Baggio (classe 1967) era stato incaricato di studiare un piano per trovare soluzioni. 900 pagine basate su scouting, formazione tecnica e valori etici. 900 pagine rimaste lettera morta e di cui Gravina non si è mai fatto carico, come i suoi predecessori. 900 pagine di Roberto Baggio evidentemente valgono meno di una poltrona e di qualche elezione bulgara.