Tudor è esattamente l'opposto del guardiolismo. Dopo anni è riuscito a ritagliarsi il suo spazio e non è stravagante

Per stupire alle volte bisogna fare degli errori. Josep Guardiola lo ha fatto epurando prima Ronaldinho e poi Eto'o, vincendo due Champions su tre e rischiando di avere la squadra migliore di sempre, con Messi come assoluto trascinatore. È andato al Bayern Monaco e non ha vinto il trofeo più importante nonostante lo avesse fatto Heyncknes la stagione precedente. Poi al Manchester City ci ha impiegato diversi anni per riuscire a bissare quello che ha fatto al Barça. Straordinario in campionato, in Champions ne vince solo una in Europa e arrivando sempre alle fasi finali prima o poi riesci a vincerne una.
Igor Tudor non è così. Ha fatto una lunghissima gavetta, partita dalla Croazia e finita nel tritacarne dell'Europa, dal Galatasaray alla Lazio, dal Hajduk Spalato all'Olympique Marsiglia. Forse la scelta di andare a Verona, nel solco di Juric e dopo l'anno da secondo di Pirlo, qualcosa ha cambiato nella sua mentalità. Perché il 3-4-2-1 è diventato una sorta di marchio di fabbrica, ritagliandosi finalmente il suo spazio. È arrivato alla Juventus quasi come un outsider, per mesi è stato sulla graticola con Conte come possibile subentrante. Alla fine è rimasto e sta facendo (più che) il suo dovere.
Quello con il Borussia non è un test così importante come quello con l'Inter. Perché quello con i nerazzurri era il termometro di come sta una squadra che, di fatto, aveva zero (zero!) nuovi acquisti in campo. Ed è prima in classifica con nove punti. La gavetta alle volte paga, altre no. La sua opportunità se l'è guadagnata e chissà se riuscirà a tenersela stretta.