Idee chiare ma non sembra. È questione di categorie: per allenare questa Juve serve un big
È la terra di mezzo, quella in cui cammina la Juventus del momento. L’addio e la commozione per Massimiliano Allegri, l'attesa per la scelta di chi ne prenderà il posto ormai vacante. La speranza è che il finale sia più logico dell'ultima stagione di Game of Thrones. È un trono non fatto di spade ma che sicuramente scotta quello bianconero: ne abbiamo parlato l'ultima volta, chi succederà al livornese dovrà fare i conti con un'eredità pesante. È più facile fare peggio che fare meglio: non è un compito da poco. Sul carro di Allegri, a breve, ne troveremo di ogni. Sarà rimpianto: se non ha scritto il miglior ciclo nella storia della Juventus è solo questione di punti di vista e opinioni personali. I numeri sono dalla sua. È mancata la ciliegina, ma è stato troppo criticato rispetto alla storia che ha scritto. Ce ne si accorgerà col tempo, quando sarà troppo tardi.
Il rovescio della medaglia è che la Juve ora deve accelerare, per scegliere l'erede del regno di Max. Non può sbagliare la mossa, ovviamente. E deve fare i conti col miniciclo di CR7. I tempi del campionato hanno abbreviato quelli delle valutazioni: i bianconeri sembrano in ritardo ma non lo sono, perché gli altri ancora sono in campo a giocarsi qualcosa. Anche le parole di Paratici ("Abbiamo le idee chiare") suonano al primo ascolto stonate, perché dall'esterno tutto sembra tranne che le intenzioni del club siano chiare. Poi si deve però contestualizzare la stagione della Juve: annunciare l'arrivo di un altro allenatore prima della festa scudetto l'avrebbe ridimensionata. Annunciare l'arrivo di un tecnico impegnato con un altro club nell'inseguimento di un obiettivo suonerebbe uno sgarbo non da poco, di quelli che neanche un top club può permettersi.
I nomi, vista la crescita dell'attesa, sono più o meno venti. E non ci buttiamo nel toto-allenatore: l'impressione di chi scrive è che alla fine il clamoroso arrivo di Maurizio Sarri non sia affatto un'ipotesi da scartare. Sarebbe il giusto compromesso tra chi pare irraggiungibile (Guardiola) e chi pare ancora acerbo per il grande salto (Inzaghi). Nel mezzo, chiaramente, c'è un po' di tutto. Senza lanciarsi nella corrida a indovinare chi sarà il fortunato, c'è un punto che va fissato: l'arrivo di Cristiano Ronaldo, a livello mediatico e non solo, ha rivoluzionato le prospettive. Poche righe fa avete letto miniciclo CR7. È quello di uno o due anni in cui i bianconeri avranno a disposizione il giocatore simbolo della Champions League, preso per vincerla.
Il paradosso del salutare Allegri avendo Ronaldo, un giocatore da 31 milioni di ingaggio a stagione, con un’eco mediatica senza precedenti nella storia del calcio, è che non si è chiuso questo piccolo ciclo. E serve qualcuno all’altezza dell’investimento che Agnelli ha fatto l’estate scorsa. In soldoni: Simone Inzaghi sarebbe un nome più che valido per immaginare la Juve del futuro. Ma alla Vecchia Signora non basta il domani, serve qualcuno che dia garanzie per l’immediato, e che abbia la caratura per reggere il palcoscenico in cui recita Cristiano. Allegri poteva non averla quando è arrivata, ma se l’è conquistata sul campo. Inzaghi è uno dei migliori allenatori emergenti italiani ed è anche uno dei pochi ad aver vinto qualcosa nell’era Allegri. Ma si presenterebbe a Torino con zero panchine in Champions, per dirne una: non sono dettagli, se devi allenare chi l’ha vinta cinque volte.
Non è un ragionamento contro Inzaghi e a favore di Sarri. Le stesse considerazioni si potrebbero fare per Miihajlovic o De Zerbi da un lato, Guardiola o Conte dall’altro. Come dice Allegri, ci sono categorie. Ci sono allenatori bravi e grandi allenatori. Allenatori che fanno bene e allenatori che vincono. Allenatori che possono allenare una squadra con Cristiano Ronaldo e allenatori che non possono farlo. Si torna sempre alle categorie: a costo di essere ripetitivi, la Juve in questo momento ha la necessità di scegliere un pilota in grado di reggere una fuoriserie. Un allenatore di categoria superiore, all’altezza delle aspettative che il club stesso ha costruito negli ultimi anni. È un profilo, un identikit; non un nome. Quello è un dettaglio. Forse.