Gli eroi in bianconero: Juan VAIRO

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
14.08.2010 09:45 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Juan VAIRO
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Estate del 1955: la dirigenza juventina decise di rinnovare parzialmente il parco stranieri della formazione, partendo dall’attacco che, da quando se ne erano andati i due Hansen, non aveva trovato più la penetrazione degli anni precedenti. Dall’Argentina giunse Juan Vairo, fratello dì Federico, terzino della Nazionale biancoceleste guidata dal “Filtrador” Guillermo Stabile. Vairo proveniva dal Boca Junior, la famosa “equipo zeneise”, nella quale giostrava da interno su entrambe le fasce del campo. Le origini di Vairo si rifacevano ai genitori calabresi: il giocatore raccontò spesso che il padre era stato ottimo calciatore con la maglia della Sampierdarenese negli anni Venti.
Quando sbarcò in Italia, iniziò a tessere le lodi dei fratello, dichiarando apertamente che «era molto migliore» di lui. La Juventus di quell’anno poteva contare ancora sul validissimo apporto di Giampiero Boniperti, sempre atletico e ragionatore, anche se al centro mancava di un ariete sfondatore. Vairo stentò parecchio ad ambientarsi e, quando arrivò l’autunno, incontrò ancora più difficoltà a causa dei terreni bagnati, ai quali non era abituato.
“Viri” Rosetta, nell’inverno del 1955, affermò che si «sarebbe dovuta attendere la primavera e, quindi, un fondo a lui congeniale, per poter esprimere un giudizio compiuto».
Ciò nonostante, l’allenatore Sandro Puppo non volle mai provare l’argentino in maniera concreta, ritenendo più affidabile inserire in formazione giocatori meno dotati sul piano tecnico, ma più redditizi dal punto di vista del rendimento.
Era costato 18 milioni, una cifra non esaltante, ma comunque non disprezzabile per un atleta sceso in campo undici volte complessive. Nel corso di queste rare apparizioni, Juan Vairo segnò tre reti dando prova che, quando le condizioni fisiche e del terreno glielo permettevano, era dotato di una tecnica ben oltre la media e di una discreta visione di gioco.
Alla metà di marzo del 1956, stanco di vivere una situazione ormai compromessa, Vairo se ne fece ritorno in patria, trovando un pronto ingaggio tra le file del “millionarios” del River Plate. La sua improvvisa partenza per il Sudamerica venne da qualcuno interpretata come una fuga: in realtà, la società era d’accordo con il giocatore per risolvere consensualmente il contratto, tant’è che non oppose alcuna ragione all’arrivo della richiesta di nulla-osta da parte del River Plate.



Il ricordo di Angelo Caroli:
Vairo tornò in Argentina molto prima della fine del campionato, sconfitto dalla nostalgia e dalla incapacità di adattarsi alle rinunce che il calcio italiano imponeva. Aveva tecnica e stile, ma non carattere. Gli piaceva troppo giocare a carte, frequentava i night ed aveva l’eccentrico costume di svegliarsi a mezzogiorno. Era un guascone, sfrontato e simpatico, ma indecifrabile in alcuni aspetti. Marisa Zambrini, dinamica donna piena di interessi sportivi, fra un tuffo in piscina ed il rombo di motori da rally, ebbe tempo di diventare segretaria della Juventus dal 1956 al 1961. Era arrivata con Umberto Agnelli, che aveva conosciuto a Modena.
«Il dottore vinse il campionato italiano universitario su pista», diceva Marisa, «a quei tempi mi occupavo di motori. Mi presentai a Torino per un colloquio e fui assunta».
La Zambrini ricorda un episodio che le aveva creato disagi di coscienza. Vairo si sentiva solo. Una sera chiese a Marisa di cenare con lui. La segretaria non poteva accettare quell’invito. Non era nelle regole. Una segretaria di club che affronta la notte torinese in compagnia di un giocatore era inconcepibile! Un mese più tardi Vairo scappò dall’Italia sopraffatto dalla nostalgia. Marisa si porta dietro il rimpianto di non aver assecondato, in quella remotissima sera del 1956, il desiderio di un argentino, che aveva solo voglia di parlare con qualcuno, di avvertire calore, seppur provvisorio, di un’amicizia».