Ricordate quel giorno? COMO-JUVENTUS

12 ottobre 1975 – Stadio Sinigaglia di Como
COMO–JUVENTUS 2–2
Como: Rigamonti; Melgrati e Boldini; Guidetti, Fontolan e Garbarini; Rossi (dall’82’ Iachini), Correnti, Scanziani, Pozzato e Cappellini. In panchina: Tortora e Martinelli. Allenatore: Cancian.
Juventus: Zoff; Gentile e Cuccureddu; Furino, Morini e Scirea; Causio, Gori, Anastasi, Capello e Bettega. In panchina: Alessandrelli, Tardelli e Altafini. Allenatore: Parola.
Arbitro: Menegali di Roma.
Marcatori: Furino al 1’, Pozzato al 31’, Fontolan al 62’, Fontolan autorete all’89’.
Gli innesti su un telaio che funziona portano il nome di Bobo Gori (proveniente dal Cagliari col quale ha vinto lo storico scudetto) e Marco Tardelli, il non ancora Schizzo che gioca terzino, destro o sinistro indifferentemente. Di fronte alla Juventus campione uscente c’è il formidabile squadrone granata di Pulici e Graziani, Claudio Sala e Radice. Il duello stracittadino è esaltante: quando, a metà del girone di ritorno, la Juventus è cinque punti sopra e tutto sembra deciso, una crisi che si rivelerà fatale colpisce gli uomini di Carletto Parola. Anastasi contesta la società e viene utilizzato col contagocce, si insinua fra i giocatori una sottile paura. Arrivano tre sconfitte consecutive: a Cesena (dopo essere passati a condurre con un goal di Damiani e rimontati da una doppietta di Bertarelli), nel derby e quindi a Milano contro l’Inter (con una squadra sempre più timorosa che schiera Cuccureddu e Scirea finti attaccanti). Il Torino passa in testa, dove rimarrà sino al termine, riconquistando lo scudetto dopo ventisette anni dalla tragedia di Superga. Non va meno bene l’avventura in Coppa dei Campioni, terminata bruscamente al secondo turno, contro i tedeschi del Borussia Mönchengladbach, una delle squadre più forti del momento.
“LA GAZZETTA DELLO SPORT”
La Juventus ha acciuffato il pareggio a un minuto dalla fine, nel modo più fortunoso che si possa immaginare ed ha così rimediato un punto quando praticamente, aveva già perso. Non c’entra l’arbitro ma, il Como, non ha torto di sentirsi defraudato. Basterà raccontare come si è arrivati al 2–2 per rendersene conto. Mancava poco più di un minuto alla fine e il Como vinceva per 2–1 quando, su azione offensiva della Juventus, Garbarini, il libero del Como, invece di appoggiare la palla verso Correnti che era smarcato, la lancia in profondità nella metà campo della Juve ove si trovavano due avversari. Correnti ha imprecato verso il compagno, lasciandosi andare a una volgare bestemmia. L’arbitro era a due passi e ha fischiato, come il regolamento impone, una punizione di seconda per l’infrazione verbale di Correnti. Nessuno ha protestato, anche perché il fatto è avvenuto a circa trenta metri dalla porta del Como. La palla è stata messa in posizione, Capello l’ha toccata sulla destra verso Cuccureddu che è arrivato in corsa ed ha sparato a tutta forza. Rigamonti era ben piazzato e avrebbe bloccato ma, involontariamente, Fontolan con una natica ha deviato e alzato la palla di quanto è bastato per mettere fuori causa il portiere.
“TUTTOSPORT”
Senza Zoff, il Como avrebbe portato il suo vantaggio a quattro goal, con tanti saluti per la Signora. Ma Zoff fa parte della Juventus, in cui quest’oggi qualcosa non ha funzionato, sia come automatismi, sia come singoli, per la condizione di Capello assai in ritardo rispetto ai compagni e perché Gori non è un centrocampista tipico, per quanto si danni e si faccia valere con l’impegno e con l’intelligenza tattica.
“CORRIERE DELLO SPORT”
A un minuto dalla fine, Correnti si è fatto pescare in fallo “verbale” a tre quarti di campo: un’imprecazione pesante e profana verso il suo compagno Garbarini. Il Como stava portando in porto con entusiasmo un successo sul quale pochi avrebbero scommesso qualche spicciolo. Menegali, che ha confermato l’eccellente arbitraggio di una settimana fa a Bologna, non ha avuto incertezze. Regolamento alla mano ha fischiato assegnando una punizione di seconda. La folla e i giocatori del Como sembravano impazziti dalla gioia: pensavano che si trattasse del fischio finale. Invece non era proprio così, Capello ha sistemato il pallone su un grumo di fango, ha toccato sulla destra, consentendo a Cuccureddu di scagliare verso Rigamonti un bolide micidiale. Rigamonti era piazzato, ma disgraziatamente la palla, durante il lungo tragitto (venticinque metri) ha toccato la coscia del generoso Fontolan (vent’anni e una partita maiuscola) concludendo la corsa in un angolino della rete sotto gli occhi impietriti del portiere comasco.
“STAMPA SERA”
Don Giovanni Lanfranconi, l’arciprete della vicina parrocchia di San Giorgio che ha benedetto campo e squadre all’esordio casalingo del Como, sarebbe stato più tenero dell’arbitro Menegali nei confronti di capitan Correnti, che a due minuti dalla fine si è lasciato scappare un’imprecazione nei confronti di Garbarini, il quale si era liberato della palla con un rilancio lungo, anziché passargliela. «Garba, porco (e giù una bestemmia) teniamo sto pallone che è finita», ed ecco il fischio dell’arbitro che sanciva non la fine del match ma una punizione contro il Como per la scorrettezza verbale del suo numero otto. Parte della folla non capiva, pensava al segnale di chiusura, si abbracciava sugli spalti mentre Capello toccava verso Cuccureddu il quale faceva partire una staffilata sulla cui traiettoria si inseriva Fontolan per la deviazione che beffava Rigamonti e regalava alla Juventus un punto non certo rubato ma abbastanza immeritato in base all’andamento del gioco. È finita così, in modo un tantino rocambolesco. Una gara combattuta con asprezza su un terreno difficilissimo da una Juventus con molti uomini in difficoltà e da un Como ammirevole, attorno al quale Cancian sta proseguendo bene il lavoro impostato da Marchioro. Sia chiaro che Menegali non ha colpe, anzi è stato pure lui sfortunato. Il suo tocco da perfezionista a una prestazione egregia è risultato decisivo, tutto qui. Fra decine di imprecazioni che si saranno sentite in campo via via che la fatica mordeva i muscoli, ha scelto quella giusta secondo i bianconeri o quella della beffa secondo i lariani. Correnti era stanco, per questo diciamo che don Lanfranconi sarebbe stato più comprensivo. Ma tant’è, il 2–2 resta a siglare una gara nel complesso bella, sempre emozionante, combattuta con accanimento senza mai scadere nelle scorrettezze volute. La Juventus è partita benissimo, dopo un minuto e mezzo era già in vantaggio con un goal da laboratorio, studiato ancora una volta dalla diabolica coppia Causio–Furino e realizzato da quest’ultimo con un colpo di testa su punizione battuta con piede precisissimo dal Barone. Stavolta Furia non è andato sul primo palo, dove è scattato Anastasi a fare da velo, ma si è intrufolato in mezzo cogliendo tutti di sorpresa, compreso Rigamonti il quale nulla ha potuto contro la deviazione da distanza ravvicinata dell’avversario. Pareva una domenica liscia per i bianconeri, con un avvio tanto favorevole, ma il Como doveva ancora far vedere i suoi numeri. Passato un breve momento di scoramento, il piccolo Guidetti, capitan Correnti e il fine e tecnico Pozzato hanno cominciato a tessere la loro tela a centrocampo, e i bianconeri vi sono rimasti subito impigliati, con il solo Furino a dibattersi, a reagire per sé e per gli altri. Dopo un inizio più che positivo, Capello ha cominciato comprensibilmente a ridurre il ritmo e il raggio d’azione (era alla sua terza partita piena dopo la ripresa) mentre Gori non ce la faceva a imporsi a Guidetti, che lo impegnava, lo marcava per poi lasciarlo e andare a far da sponda ai colleghi. Se si aggiunge che anche Bettega perdeva il confronto con il ventenne Fontolan, il quale “contrava” il bianconero in fase difensiva e se ne andava indisturbato ad appoggiare gli attaccanti, la situazione si faceva a volte critica per i bianconeri, i quali rispondevano con i guizzi dei singoli (assieme a Furino il più caparbio era Gentile), con la forza pura e con l’esperienza. Causio dimostrava limiti tattici, dando solo manforte al centrocampo mentre Parola non riteneva opportuno (almeno nella ripresa) di ritoccare la squadra, quando avrebbe potuto dar fiato a Capello (oppure a Gori) fare avanzare Cuccureddu a centrocampo e mandare dentro Tardelli per marcare Rossi. Così, dopo il goal iniziale, i bianconeri hanno stentato sempre di più a tenere a freno gli avversari, rispondendo a volte in modo egregio ma mai con la continuità che sarebbe stata necessaria per togliere l’iniziativa dalle mani del Como. Il goal iniziale ha forse convinto troppo presto i bianconeri sull’apparente facilità del loro compito, eppure già al nono minuto una risposta dei lariani costringeva Zoff alla prima prodezza: punizione di Correnti dai tre quarti, colpo di testa del solito avanzante Fontolan e palla bassa a fil di montante che il portiere bianconero deviava in angolo con un balzo stupendo. La partita entrava subito nel vivo, con una serie di botta e risposta che teneva avvinto il pubblico e impegnavano a fondo i protagonisti. Il Como insisteva nella sua carica offensiva, ma al quarto d’ora su un rovesciamento di fronte per poco la Juventus non raddoppiava. Nasceva un corner che Causio calciava nel folto della mischia. Gori e Anastasi si avventavano sulla palla, era il primo a deviare ma sulla linea Garbarini salvava di stinco. La risposta del Como era decisa, Correnti e Pozzato si facevano valere sempre di più a centrocampo, e al 31’ la squadra di casa pareggiava. Correnti controllava la palla a centrocampo, vedeva avanzare sulla destra Fontolan, lo lanciava e il difensore deviava al centro, dove Pozzato si inseriva di testa con bella scelta di tempo e deponeva la sfera alle spalle di Zoff. Sullo slancio i lariani insistevano. Gentile era costretto a faticare sul mobilissimo Scanziani che lo portava spesso “a spasso” su tutto il fronte dell’attacco. Al 38’ comunque, capitava una palla favorevole a Bettega su lancio teso di Cuccureddu, ma l’attaccante bianconero dopo aver controllato bene la sfera scivolava a terra perdendo il “tempo” del tiro. Il primo tempo finiva così 1–1. La ripresa si apriva con un ritmo meno veloce, con i giocatori provati dalla fatica e dal terreno sempre più inzuppato d’acqua. Era la difesa bianconera a mostrare qualche affanno, come al quinto minuto quando su una puntata individuale di Pozzato, Furino interveniva di piede per mettere in angolo ma mandava la palla a poca distanza dal palo alla sinistra di Zoff. La Juventus rispondeva con un contropiede, Bettega da centrocampo lanciava benissimo Causio, il quale “beveva” due difensori, si presentava solo davanti a Rigamonti calciava rasoterra ma si vedeva respingere la palla da un disperato intervento di piede del portiere avversario. La sfera si impennava, ancora Causio ribatteva di testa ma Rigamonti questa volta era pronto alla presa alta. Il Como sembrava risentire meno della Juventus delle difficoltà del terreno e al 18’ passava in vantaggio. Su corner dalla destra calciato lungo da Correnti, Zoff usciva ma riusciva soltanto a toccare la palla viscida ostacolato anche dall’intervento di Fontolan il quale vedeva ricadere la palla a terra davanti a sé, la raccoglieva e la infilava in rete anticipando l’intervento disperato di Scirea. La Juventus cercava di reagire, il Como si ritraeva un po’ nella sua metà campo ma continuava sempre a rispondere con autorità in contropiede. Su uno di questi contrattacchi Guidetti lanciava in profondità Pozzato che controllava benissimo la sfera in corsa, tentava il pallonetto ma si vedeva stoppare la palla da Zoff in uscita. Tentava la risposta Anastasi al 34’ ma il suo colpo di testa in tuffo finiva a lato di poco. Le ultime fasi della partita erano ancora vivaci, la Juventus cercava il pareggio, il Como si difendeva e rispondeva con forza. A due minuti dalla fine, la scena madre.
Un freddo polare, la pioggia battente, le nuvole basse sfilacciate e malinconiche, han fatto da contorno al favoloso “ripescaggio” della Juventus e alla rabbia di proporzioni ciclopiche dei giocatori del Como. Il paesaggio manzoniano si stempera molto in fretta, sembra di essere nelle borgate romane, con accenti pesanti e moccoli sussurrati e ululati. Bisogna aspettare che si affacci Parola in giacchetta, dia un’occhiata al tempo e si ripresenti in cappotto con bavero rialzato per poter cominciare una discussione in termini più che distesi. Diciamo che per lui è anche più facile, vista la conclusione della partita. Comunque, comincia: «Il pareggio è giusto, perché nessuno dei due meritava di perdere. Senza contare che se Causio manda il pallone in rete, come è quasi inevitabile, tutto cambia: andiamo in vantaggio e possiamo fare il terzo goal perché loro si scoprono. Non mi lamento, però, specialmente se considero lo stato del terreno e Capello che non era ancora al massimo della condizione». Certo, questo pareggio conquistato a partita quasi chiusa e grazie a una bestemmia di troppo, ha qualcosa di miracoloso... «È il destino, non il miracolo – ribatte Parola, freddissimo in tutti i sensi – le partite durano novanta minuti, e c’è posto per il goal prima che chiudano. Poi, a Como noi ci siamo abituati e in particolare Cuccureddu: già in amichevole aveva segnato nel finale con una leggera deviazione. Non ha fatto che ripetersi». Un’interpretazione fatalista che non troverà certo stimatori comaschi, ma che non è priva di suggestione, almeno per Parola che parla anche del freddo che blocca i piedi e intorpidisce il cervello: con l’aria che tira, trova intorno orecchi attentissimi e gente disposta all’assenso. Nello stanzone della Juventus l’allegria è contenuta. C’è Furino che porta vistosi segni di tacchetti sul petto e si riveste con l’aria malinconica di chi ha molto sofferto e taciuto. Anche adesso non si sbilancia: «Se soltanto sapessi che lo ha fatto apposta! Diciamo che mi ha camminato addosso senza volerlo, preferisco davvero pensare così. Noi abbiamo fatto la nostra partita e loro la loro. Bravi, comunque, una bella squadra. Il Como ha giocato bene e voglio sperare che continui sempre così: se ne accorgeranno anche gli altri, quando verranno a giocare in riva al lago». Zoff sorride, nonostante tutto. Ha oramai la patente di indovino, dopo che ha azzeccato nei giorni scorsi il risultato di 2–2. «Dalle risultanze di una settimana di allenamento, avevo detto – afferma con sicurezza – la partita non poteva che concludersi così. Naturalmente, ci sarà qualcuno che obietterà che io ho in parte pilotato il risultato nell’occasione del secondo goal del Como». Infatti, non si può parlare di una gran parata. «Gran parata? Una grossa fesseria, non si può definirla diversamente. Non cerco scuse, ho sbagliato. Comunque il mio pronostico ha funzionato egregiamente sino in fondo e quindi non possiamo lamentarci». Infatti, per sentire lamentele coloratissime bisogna andare dall’altra parte. Alla Juventus, è naturale parlano tutti con motto distacco. «A noi il pareggio sta benissimo, l’avevo già detto prima – conclude Parola – il Como è una gran bella realtà, gioca un calcio validissimo, con un centrocampo notevole. Sono contento anche della Juventus che, ripeto, aveva Capello non al massimo della forma, cosa d’altronde più che comprensibile». Non sarebbe stata positiva una sostituzione nella ripresa? «E perché? Avrei potuto mettere dentro Tardelli e spostare Cuccureddu in avanti ma c’era il rischio che qualche altro si infortunasse seriamente, con quel tipo di terreno, anche lasciando da parte qualsiasi considerazione di carattere psicologico. Capello ha bisogno di riprendere confidenza con il clima delle partite. Andava bene cosi». Uno dei nodi dell’incontro, quello che avrebbe potuto dare una svolta decisiva alla partita, è quello che riguarda Causio il quale si è fatto parare il tiro decisivo. Causio risponde: «Rigamonti non ha colpe né meriti: il pallone gli è rimbalzato sulla punta del piede senza che neppure se ne accorgesse. Forse, se il terreno non fosse stato tanto coperto di fango, avrei potuto andare avanti in dribbling e segnare. Invece, ho dovuto letteralmente trascinare il pallone che si incollava per terra e mi è mancato l’attimo finale». Fa niente, fa niente, è andata bene così. Anche se nessuno lo dice apertamente i giocatori della Juventus sembrano avere tutti questa sensazione. E Bettega con la sua aria da ragazzo serio e educato fotografa egregiamente la situazione: «Questo è un punto che vale doppio».
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