Di Caro (Gazzetta): "Tra la Juve ed Allegri è finita nel modo peggiore, ci può stare l'adrenalina dopo la Coppa Italia, ma non in modo così plateale"
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Sulle pagine de "La Gazzetta dello Sport", il vicedirettore Andrea Di Caro commenta così l'esonero di Massimiliano Allegri da parte della Juventus: "Tra la Juventus e Allegri poteva finire nel modo migliore, con la vittoria della Coppa Italia e un addio (mal digerito dal tecnico...) gestito con eleganza: un bel comunicato di ringraziamento del club e tutto il tempo davanti per trovare una transazione o in alternativa il pagamento completo dello stipendio del prossimo anno. È finita invece nel modo peggiore, con la vittoria della Coppa Italia offuscata da urla, liti, scenate e isterismi di un rabbioso Allegri, cui ieri è quasi inevitabilmente seguito un freddo comunicato con l’esonero immediato del tecnico per incompatibilità dei suoi comportamenti con i valori del club: si preannuncia ora uno strascico legale. In realtà tra i due scenari ci sarebbe stata anche una via di mezzo, quella proposta ieri dalla società, ma rifiutata da Allegri: dimissioni del tecnico con accordo economico tra le parti e una uscita meno traumatica. Niente da fare: Allegri pretende tutti i 12,8 milioni lordi che gli spettano. Ed è scattato l’esonero immediato.
Termina così la storia durata otto anni, in due cicli di cinque e di tre, in cui Allegri, l’allenatore più pagato della storia bianconera, ha vinto 12 trofei: 5 scudetti, 5 Coppe Italia, 2 Supercoppe italiane. Ma vanno ricordate anche due finali di Champions League. Al palmares però ora si aggiunge anche un altro mezzo record: essere uno dei soli tre tecnici esonerati prima della fine della stagione dalla Juve negli ultimi 50 anni: dopo Ranieri (nel 2008-09) e Ferrara (2009-10). La Real Casa non ha perdonato lo sfogo esasperato e inaccettabile di Allegri. La stagione è stata certamente ricca di tensioni, incomprensioni, recriminazioni, battaglie interne. Il feeling con Giuntoli, chiamato quest’anno proprio a programmare il post Allegri, non è scattato. Max lo ha percepito subito come colui che stava preparando la sua successione. E forse nei periodi più difficili di un girone di ritorno orribile, ha pensato che dietro tante critiche sui media e sui social ci fosse anche la sponda della società. Dopo aver accumulato tanta tensione, amarezza e voglia di rivalsa, perdere un po’ il controllo e farsi trascinare dall’adrenalina dopo aver vinto la Coppa e aver raggiunto gli obiettivi stagionali, ci può stare: ma non certo in modo così plateale, sguaiato, offensivo, senza ritorno.
Allegri lo scorso anno, nel doloroso cambio pelle della dirigenza, si è caricato sulle spalle il club, di questo gli va dato atto e merito, ma l’impressione è che poi abbia faticato molto a rientrare nel suo ruolo, dimenticando di essere e di fare solo l’allenatore, volendo invece decidere molto di più all’interno del club. E alla fine ha tracimato, pretendendo addirittura dopo la vittoria della Coppa, in piena trance agonistica, di decidere chi meritava di partecipare alla festa e chi no. I gesti in campo e le frasi urlate negli spogliatoi, riportate dagli organi di stampa, sono stati inequivocabili. Allegri, nonostante decenni di esperienza, si è scordato di essere innanzitutto un dipendente (anche se strapagato) e un professionista che viene giudicato per il suo lavoro: cioè il gioco espresso, la valorizzazione della rosa, la crescita del progetto e i risultati ottenuti. E se questo lavoro, in un triennio, non è stato ritenuto all’altezza o in linea con le aspettative, il club ha tutto il diritto di cambiare. Non è lesa maestà. I cicli finiscono. Quello che ha tenuto uniti la Juve e Max è stato soprattutto il contratto monstre che Agnelli gli aveva assicurato tre anni fa per quattro stagioni. Altrimenti il rapporto sarebbe quasi certamente finito già nel giugno scorso".