DEL PIERO E QUEL 5 MAGGIO DI SEDICI ANNI FA...

11.05.2012 07:45 di  Thomas Bertacchini   vedi letture
DEL PIERO E QUEL 5 MAGGIO DI SEDICI ANNI FA...
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© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport

Nella scorsa stagione era chiaro a tutti come uno dei principali desideri di Alessandro Del Piero fosse quello di giocare nel nuovo "Juventus Stadium", con lo spirito sbarazzino di chi ha ancora voglia di divertirsi, divertire e vincere nonostante sulla carta d'identità fossero indicate trentasette primavere.

La scelta del luogo in cui avrebbe firmato il rinnovo contrattuale con il club non fu casuale, così come la data: 5 maggio, nella casa bianconera sorta sulle ceneri del vecchio "Delle Alpi".

Facendo un salto indietro nel tempo di sedici anni, su quello stesso prato verde Alessandro disputò l'ultima gara interna del campionato 1995/96 proprio il 5 maggio, contro l'Atalanta all'epoca guidata da Emiliano Mondonico.
Vinse Madama col risultato di 1-0, la rete decisiva venne messa a segno da Didier Deschamps, il centrocampista francese che diventò poi il tecnico della Vecchia Signora durante la sua permanenza in serie B.

In difesa era presente Ciro Ferrara, mentre nella seconda frazione di gioco sulla linea mediana del campo Marcello Lippi decise di inserire Antonio Conte, l'attuale mister della Juventus tornata campione d'Italia.
Deschamps, Ferrara, Conte… Del Piero, quel giorno affiancato da Michele Padovano nel reparto offensivo, nel corso della sua carriera è stato allenato - con alterne fortune - da tutti e tre gli ex compagni di squadra.

In tribuna, quella domenica pomeriggio, sedeva Louis Van Gaal, guida dell'Ajax detentore della Champions League che i bianconeri avrebbero affrontato di lì a breve nella finalissima di Roma (22 maggio).
La concentrazione della Vecchia Signora, che aveva ormai consolidato la seconda posizione in campionato (lo scudetto andò infatti al Milan), era rivolta quasi completamente all'evento storico ancora tutto da vivere. E vincere.

Sugli spalti i tifosi avevano dimostrato di condividere la linea societaria del "squadra che vince si cambia": l'anno precedente salutarono Roberto Baggio (sostituito proprio da Del Piero), in quelle ore furono in pochi a protestare per l'imminente addio di Gianluca Vialli, autentico leader del gruppo di Lippi destinato a trasferirsi in Inghilterra.

Uno degli argomenti più dibattuti in quei frangenti era rappresentato dall'ipotesi che la Juventus potesse emigrare nel campionato successivo a Bologna, per disputare al "Renato Dall'Ara" le gare casalinghe. D'altronde nell'impianto torinese, così com'era stato costruito e poi gestito, la situazione era diventata insostenibile: "Sento dire che la Juve spenderebbe, per l'intera stagione a Bologna, una cifra che si aggira sui 500 milioni (di lire, ndr.): questa cifra è improponibile per il "Delle Alpi", perché questo stadio è un vero disastro e ha costi impossibili", dichiarò infatti l'allora sindaco Valentino Castellani.

Per rendere l'idea dei problemi dei quali si discuteva basti pensare che nell'arco di quell'anno il tutto esaurito si registrò soltanto in occasione della partita Juventus-Real Madrid, valevole per i quarti di finale della Champions League.

Da allora sino ad oggi è trascorso molto tempo, ma sembra passata un'eternità.
A distanza di un anno e ventiquattro ore dal suo rinnovo contrattuale Alessandro Del Piero è tornato ad essere campione d'Italia.
La prossima domenica, proprio contro l'Atalanta, disputerà  quella che - salvo colpi di scena - resterà nella storia del calcio italiano come l'ultima apparizione del numero dieci juventino in serie A con addosso la maglia a strisce bianconere.

Deschamps, Ferrara, Conte, Lippi, Van Gaal, la Champions League, Vialli, l'esordio allo "Juventus Stadium", il 5 maggio, l’Atalanta... per lui, e per chi lo ha seguito nel corso della carriera, tutto questo resterà un bellissimo ricordo.
A Roma (ancora in quella città) dopo che la Vecchia Signora avrà disputato la finale di coppa Italia sfidando il Napoli calerà il sipario su una fantastica storia professionale e d'amore tra un giocatore ed il suo club.
Nell'attesa, naturalmente, che l'addio si trasformi poi in un "arrivederci".