Il pallone racconta: I LEONI DI "HIGHBURY" (prima parte)

Misteri, scandali, polemiche, gioie e dolori. Tutti gli ingredienti che fanno del calcio il "gioco più bello del mondo
27.04.2010 09:57 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Il pallone racconta: I LEONI DI "HIGHBURY" (prima parte)

Negli anni fra l’edizione della Coppa del Mondo del 1934 e la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia è la squadra più forte del mondo e piovono gli inviti dalle Federazioni straniere per giocare partite amichevoli contro gli azzurri. Gli inglesi si ritengono gli inventori del calcio moderno e sono convinti di essere nettamente superiori a tutti; questa supponenza ha, infatti, loro impedito di misurarsi con i “comuni mortali” in competizioni ufficiali, tuttavia non ha cancellato la volontà degli avversari di affrontare i bianchi maestri e di dimostrare loro quale fosse il livello, ormai alto, del football oltre la Manica.
Gli inglesi erano usciti sconfitti dal terreno di Madrid di fronte alle scatenate “Furie rosse” nel maggio del 1929; una battuta a vuoto che, se da un lato non era riuscita a scalfire la presunta superiorità dei britannici, dall’altro aveva ancor più rafforzato, negli avversari, la sicurezza nei propri mezzi. Ed è proprio in quest’ottica che, il 14 novembre del 1934, gli Azzurri campioni del mondo si recano a Londra per sfidare la formazione inglese; teatro prescelto per la contesa è lo storico impianto di “Highbury”, posto nella zona nord della capitale.
Un terreno ormai mitico, tempio di quell’Arsenal che aveva stupito il mondo, sotto l’illuminata guida di Herbert Chapman, con l’adozione del “WM”, il rivoluzionario sistema di gioco che pose, dalla fine degli anni Venti, le basi per una profonda rivoluzione tattica degli schieramenti. Ovviamente, gli inglesi programmano l’incontro per il mese di novembre, nelle peggiori condizioni atmosferiche, per mettere in maggiore difficoltà lo squadrone azzurro.
Pozzo fiuta l’inganno e vorrebbe declinare l’invito, perché capisce che gli inglesi mirano a batterci sul loro campo ed a toglierci, idealmente, il titolo di Campioni del Mondo.

Ma la sfida stuzzica in maniera particolare l’ambiente politico, che mira ad aumentare il prestigio nazionale; Mussolini in persona si dichiara favorevole e, quindi, diventa obbligatorio andare a giocare e Pozzo non può proprio rifiutarsi.
La contesa è presentata come la sfida del secolo e, per i tempi cui ci si riferisce, è sicuramente l’appuntamento più clamoroso e significativo che possa essere messo in scena. Desta molta curiosità il confronto tra le due formazioni più attrezzate tatticamente del periodo; da una parte, i difensori del “metodo”, uomini temprati ad ogni battaglia e tenaci assertori del gioco ragionato; dall’altra i paladini del “sistema”, che prevede un modulo completamente nuovo. Il “sistema” consente, infatti, un maggior spiegamento di forze offensive (un centravanti ariete e due ali aperte sulle fasce, pronte a chiudere al centro) ma, contemporaneamente, una costante protezione della retroguardia: tre marcatori fissi sull’uomo con la conseguente abolizione dei due terzini, quello “volante” e quello “di posizione”.
Pochi, sino a quel giorno, avevano osato avventurarsi sui campi di gioco britannici e nessuno ne era uscito salvo: neanche un pareggio era stato ottenuto dai temerari che avevano sfidato l’Inghilterra a Londra oppure a Manchester. I quotidiani inglesi, nella loro piena spavalderia, annunciarono che i beniamini locali avrebbero stravinto; uno di loro azzarderà persino il punteggio: 10 a 0 per gli inglesi !!!