Gli eroi in bianconero: Giuseppe GALDERISI

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
22.03.2014 10:00 di Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Giuseppe GALDERISI
TuttoJuve.com
© foto di Andrea Pasquinucci

Giuseppe Galderisi, nasce a Salerno il 22 marzo del 1963, e cresce nella Juventus, realizzando quasi 200 goal nelle varie squadre. Proprio in bianconero esordisce in serie A, il 9 novembre 1980, Perugia - Juventus 0-0, che resterà l’unica presenza nella stagione; quindi 16 partite e 6 reti, quasi tutte importanti, nei campionati 1981/82, 1982/83.

Galderisi è un uomo-goal, ha tutte le caratteristiche da attaccante puro; sa sacrificarsi in ritorni utili alla squadra, ma il suo occhio svelto è sempre rivolto alla porta avversaria.

Grosso, che lo ebbe a lungo con sé nella “Primavera” bianconera, dive di lui: «Pochi minorenni nel nostro calcio hanno fatto capire subito che sarebbero diventati giocatori di primo piano. Agile, potente, capace di calciare indifferentemente di destro o di sinistro. Il suo tiro dai sedici metri è forte e preciso e, malgrado la statura, emerge in elevazione grazie alla sua scelta di tempo. Il suo ruolo iniziale era quello di mezza punta, ma è diventato uomo da area».

«I primi tempi», racconta “Nanu”, «sono stati molto duri. Sentivo terribilmente la nostalgia di casa; poi gli amici mi hanno aiutato e così, poco per volta, ho imparato ad abituarmi».

Un metro e settanta, 69 chili il suo peso forma, Galderisi non è certo piccolo, anche se il nomignolo affettuoso di “Nanu” se lo porta appresso come una etichetta. La sua forza sono lo scatto, la grinta, la voglia di combattere su ogni pallone: conquistarlo, difenderlo, calciarlo, possibilmente dove il portiere non può arrivarci.

Ricorda ancora con amarezza quando Boniperti gli disse che in bianconero non c’era posto per lui: «Ci rimasi male, della Juventus mi resta comunque un bel ricordo, ma forse è stata la mia fortuna quella partenza. Ero chiuso da troppi campioni, avevo bisogno di libertà e soprattutto di giocare».

Per acquistarlo, ragazzino, dal Raito squadra di Vietri sul Mare, la Juventus aveva battuto la concorrenza di Napoli, Inter, Varese ed Atalanta. L’avevano visto già a Parma, dove la sua famiglia ha vissuto undici anni. «Da pochi mesi eravamo tornati al Sud», ricorda, «quando la Juventus venne a prendermi. Il mio destino era al Nord, evidentemente».

Poi il Verona e lo scudetto da provinciale, quindi il passaggio dal ruolo di promessa a quello più impegnativo, ma senza dubbio più piacevole, di campione consacrato ed appetito, tanto da finire alla corte di Berlusconi. Dopo il Milan, inizia il suo girovagare, che lo porta alla Lazio, di nuovo al Verona, sempre con pochissimo costrutto, anche a causa di numerosi infortuni che ne limitano il rendimento. Trova pace e tranquillità a Padova, dove inanella diverse buone stagioni in serie B.

Nel 1986 “Nanu” è il centravanti titolare della nazionale di Bearzot al Mondiale in Messico; capitato in una dimensione troppo grande per lui, naufraga miseramente, non aiutato, certamente, da una squadra che è solo la brutta copia di quella trionfante al “Bernabeu” quattro anni prima.

Ma la tripletta al Milan, soprattutto il goal su rimpallo con Collovati, ha la grandiosità dei classici: come Harpo che fuma la corda, il pasto di Chaplin ne “La febbre dell'oro” e l'inseguimento di “Ombre rosse” ed autorizza l’entrata di Galderisi nella storia bianconera.

«Galderisi», racconta Caminiti, «ebbe un momento di fortuna che oggi si potrebbe definire sfacciata; nell’esordio in Serie A dal 60’ in sostituzione di Marocchino, avvenuto a Perugia in un match senza goal, il 9 novembre 1980, le sue doti si erano potute appena intuire, doti di sveltezza innanzitutto. Poi il 14 febbraio 1982 giocò contro il Milan, e segnò i 3 goal della sua vita, e Boniperti, cioè il più silenzioso presidente dell’intera storia del pallone, gli dedicò una frase, anzi un pensiero, ricco di una grande virtù: la generosità.
Boniperti disse testualmente: “Questo Galderisi fa goal come Zoff para”.
Erano i giorni in cui Zoff lustrava la sua gloria sempiterna e parve una profezia per la carriera più luminosa. Così fu in effetti, anche se di goal nella Juventus, dopo quei tre, non ne avrebbe segnati molti: il marchio, direbbe Angelo Caroli, rimane».