Ibra, quella di Guardiola si chiama educazione

Dopo le dure affermazioni dello svedese sul suo ex allenatore, c'è l'ulteriore conferma che il campione non riesce a reggere le regole, neanche se dettate dal miglior tecnico del mondo
04.11.2011 19:00 di  Francesco Carini   vedi letture
Ibra, quella di Guardiola si chiama educazione
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© foto di Alberto Lingria/PhotoViews

"Non hai palle, te la fai addosso quando vedi Mourinho". Non sono le parole dette da un mezzo giocatore ad un tecnico di una provinciale, ma quelle di un fenomeno al miglior tecnico del mondo. Ecco il principio dello scontro “Ibrahimovic vs Guardiola”.
Da quanto si evince dalle anticipazioni sulla sua autobiografia, Zlatan ci è andato giù pesante contro l’ex centrocampista di Inter e Brescia. Quello riportato sopra è stato lo sfogo alla fine della partita contro il Villareal, qualche giorno dopo l’eliminazione dalla Champions contro i nerazzurri, quando il centravanti è partito dalla panchina e ha giocato solo cinque minuti. Da qui i rapporti si sono definitivamente rotti, ma i problemi sembrano essere nati molto prima di questo litigio.
Ibra non ha mai digerito il fatto che Pep non volesse che i giocatori venissero all’allenamento con macchine di lusso, che ci si comportasse secondo un codice etico ben definito, che ci si adeguasse a delle regole sociali su cui si fonda la splendida alchimia catalana. "Io sono una Ferrari, tu mi guidi come fossi una Fiat" è l’espressione che dovrebbe far riflettere su come l’attuale attaccante rossonero concepisca il calcio, cioè come puro individualismo.

Il problema è che i blaugrana erano e restano i più forti al mondo e se la squadra gira ed un singolo resta deluso, non si può cambiare per quell’elemento una filosofia di vita e di gioco decennali, basati sul gruppo e sulla costruzione collettiva del gioco.
Aver definito Messi, Xavi e Iniesta come scolaretti, non depone certamente a favore dello svedese. Quelle che vengono definite mancanza di personalità e cieca obbedienza si chiamano professionalità ed educazione. I giocatori sono chiamati a fare il meglio per la squadra, non semplicemente a mettere in mostra le proprie capacità. Quelli che sono stati insultati si sono piazzati nei primi tre posti della classifica del Pallone d’Oro 2010. Il fatto che giochino sempre correttamente e che non abbiano stupidi atteggiamenti da gangster (buoni solo a riempire le copertine e a diseducare i giovani che vogliano diventare calciatori professionisti), sono meriti di Pep Guardiola e di una mentalità formativa che il club spagnolo porta avanti da molto tempo. Caro Ibra, questo è il Barça. Il Camp Nou non è la strada e neanche la location di un video rap…