Giaccherini: "La Juve? Mi pareva di vivere un sogno. Del Piero persona fantastica"

05.12.2024 10:50 di  Giuseppe Giannone   vedi letture
Giaccherini: "La Juve? Mi pareva di vivere un sogno. Del Piero persona fantastica"
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Intervenuto a "Radio Serie A", Emanuele Giaccherini, ex giocatore, tra le altre, della Juventus, affronta diversi temi, riguardanti la sua e la sua carriera. C'è spazio anche per parlare della sua esperienza in bianconero: 
 

SINNER E CATERINA

"Penso al talento, alla costanza, al lavoro, alla dedizione. Grazie alla sua testa, alla sua determinazione è arrivato sul tetto del mondo. Mia figlia Caterina sta leggendo il suo libro. Non manca un allenamento di tennis. Prima viene la scuola ma in questo sport ci mette tutto il suo carattere. Ha solo 11 anni, la strada è lunga e la priorità per lei deve essere studiare. Soffro ad assistere alle sue partite".

LA FAMIGLIA

"Devo ringraziare i miei genitori per avermi fatto apprezzare le cose più semplici. Ho fatto tanta gavetta per arrivare dove sono arrivato. Ho pensato di mollare in certi momenti, loro mi hanno dato solidità. Con i miei figli cerco di trasmettere gli stessi valori. Famiglia, amicizia, lealtà. Questo è ciò che conta".

SOGNI

"A sei anni mi portavo il pallone anche a letto. Volevo diventare calciatore fin da subito. A mio padre piaceva il calcio ma non era assillante. Nessuna pressione. Sognavo la nazionale, la Serie A. Il mio idolo era Ronaldo il fenomeno. Lui e Del Piero erano i miei punti di riferimento. Con Alex ho avuto la fortuna anche di giocarci".

PERCORSO A OSTACOLI

"Quando sono tornato dal Pavia al Cesena ero fuori rosa. Dopo quattro anni di C2 ho capito che non faceva per me questa carriera. Ero fuori rosa a Cesena. In un'amichevole Bisoli mi vide 20 minuti e da lì sono esploso. Abbiamo vinto due campionati e ci siamo salvati in Serie A. Ho pensato, visto che sono perito meccanico, di trovarmi un lavoro e giocare in Eccellenza vicino a casa. I miei genitori, il mio procuratore e i miei amici mi hanno convinto a non mollare. Ci hanno creduto più loro di me".

L'ALTEZZA

"Dai 12 ai 15 anni ho fatto diversi provini e sono sempre stato rimandato per la mia altezza. Nessuno vedeva prospettiva. Sono cresciuto dai 15 anni in poi. Ero bravo ma ero piccolo. Feci un provino con gol con l'Empoli. L'osservatore dell'Empoli chiese a mio papà se fossi dell''85 o dell''86. Essere un anno più "vecchio" non mi fece andare ad Empoli". 

CARATTERE

"Ho accettato sempre i no, le porte in faccia. Questo mi ha permesso di arrivare lontano. La mia carriera è simile a quella di Grosso, di Toni. Lavorare, lavorare e lavorare per scalare le categorie. Mi sono costruito tutto sul campo. Oggi ci sono meno giocatori di questo tipo rispetto a 15-20 anni fa".

JUVENTUS

"Ho passato tutta l'estate per rinnovare con il Cesena. Arriva la chiamata di Paratici che dice al mio procuratore di stoppare le trattative del rinnovo. Pensavo fosse uno scherzo. Non ci credevo. Vivevo ogni secondo in attesa della chiamata decisiva. Mi allenavo fuori squadra a Villa Silvia pronto per andare a Torino. Arrivai di sera da Moncalieri e mi pareva di essere in un sogno".

LA JUVE DEI CAMPIONI

"A Vinovo mi siedo subito dove qualche settimana prima si cambiava Nedved, sull'armadietto c'era ancora scritto il suo nome. Ero da solo e arrivò Del Piero. Ero senza parole, tremavo dall'emozione. Una persona fantastica, mi fece sentire a casa dicendomi: "se sei qui è perchè lo meriti, ora tocca a te cercare di rimanerci". Negli allenamenti non ho sentito la pressione, feci un grande pre-campionato. La prima partita con il Parma non feci una grande prova, lì sentii la pesantezza della maglia. Per me le 15 o 20 partite di Juventus equivalgono a 35 partite in altri club".

CONTE

"Dopo la prima partita il mister mi mandò un messaggio scrivendomi che capiva perfettamente le difficoltà iniziali ma che si aspettava molto di più. Mi ha cambiato. Tutti avevano fiducia in me. Conte me lo ha fatto capire. E' un allenatore che vuole vincere, sente sempre la pressione. Di tutti i tecnici che ho avuto la parte che mi ha colpito di più è il lato umano. Ti considera sempre importante, come persona e come calciatore. L'ho vissuto anche fuori dal campo. E' un uomo con valori unici. Quest'anno ho commentato Cagliari - Napoli, la giornata successiva Conte tornava a Torino da avversario. Era molto curioso e teso perchè non immaginava l'accoglienza. Io gli dissi di non preoccuparsi perchè aveva vinto tutto con i bianconeri. Non ho mai avuto nessun problema comportamentale con lui. In campo davo il massimo e lui lo riconosceva. Ha un grande cuore anche se l'immagine può apparire diversa". 

LA NAZIONALE

"Ho scoperto la prima convocazione nel 2012 quando ero sul pullman per festeggiare lo scudetto con la Juventus. Si avvicinò Pirlo e mi fece vedere la schermata delle convocazioni. I miei compagni juventini erano felicissimi. Non ero mai stato in Nazionale nemmeno nelle giovanili. A Coverciano cominciai a volare. Test e allenamenti come fosse il mio primo giorno di sempre. L'Italia era un sogno e ho dato tutto me stesso per rimanerci. La delusione più grande per me in azzurro è stata la mancata convocazione al Mondiale 2014 dopo l'intero ciclo con Prandelli. A Euro 2016 la sconfitta più pesante con la Germania. Ci credevamo, eravamo un gruppo che si trovava benissimo, non volevamo tornare a casa, abbiamo pianto parecchio. Sono nate amicizie. L'Italia di Mancini che ha vinto l'Europeo ha creato decisamente qualcosa di simile".

PREMIER LEAGUE

"E' stata un'estate molto calda quella del 2013. E' nata mia figlia Caterina. Ho sentito Conte quasi anche in sala parto. Non sarei voluto andare via dalla Juventus anche se avevo voglia di sentirmi protagonista. Arriva la chiamata dalla Premier, maglia numero 10 del Sunderland, presentazione da top player. Il fascino e l'esperienza del campionato inglese sono qualcosa di unico. 40mila abbonati, stadio sempre pieno. Arrivai grazie a Di Canio che però venne esonerato praticamente subito dopo un avvio difficile. Con Poyet in panchina fu una stagione pazza. Eravamo in fondo alla classifica, dovevamo giocare con City, Chelsea e United. Abbiamo fatto 7 punti e ci siamo salvati. L'Old Trafford, Anfield e Villa Park sono stadi pazzeschi. A Liverpool rimani senza fiato". 

RITORNO IN ITALIA

"Torno in Italia perchè Antonio Conte mi dice di tornare. "Rientra perchè l'anno prossimo c'è l'Europeo" mi disse. Lo ascoltai. Il Bologna è stata la chance per riprendermi anche la Nazionale". 

COMMENTATORE/ALLENATORE

"Mi piace quello che sto facendo. Trasmettere alle persone quello che accade in campo e anche quello che ho vissuto. Ho due patentini ma ad oggi non penso di fare l'allenatore. La pressione la sento anche prima dei commenti tv, soprattutto quando devi fare le domande post partita agli allenatori. Devi porti nel modo giusto, avere rispetto e trasmettere loro di essere preparati, di aver capito come hanno impostato la partita. In parallelo a questo che ormai è diventato un nuovo lavoro mi piacerebbe continuare a coltivare la passione per lo sci estremo".