Lichtsteiner: "La Juventus è uno dei più grandi club al mondo. Qui mi sento amato. Del Piero, che umiltà!"

In questa lunga intervista, riscopriamo il terzino della Juventus anche dal punto di vista umano
07.09.2012 13:40 di  Domenico Aprea   vedi letture
Lichtsteiner: "La Juventus è uno dei più grandi club al mondo. Qui mi sento amato. Del Piero, che umiltà!"
TuttoJuve.com
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Preciso come un orologio, attento come una guardia. E non a caso è svizzero: stiamo parlando di Stephan Lichtsteiner, l'indispensabile terzino destro della Juventus che ha iniziato alla grande anche questo campionato con un gol all'esordio allo Stadium contro il Parma, proprio come una stagione fa. Uno che non molla mai, uno che da sempre il 100%; a volte, a fine partita, lo vedi lì con il viso stravolto, segnato dalla fatica, e con la lingua di fuori perché la spia della benzina nei polmoni va in riserva: ma, cascasse il mondo, lui è lì e fa il suo lavoro. Fondamentale: uno degli acquisti più azzeccati della gestione Marotta-Paratici; comprato la scorsa estate per 10 milioni di euro dalla Lazio, Licht ha zittito coloro che ritenevano eccessivo l'esborso economico per portarto sotto la Mole. A distanza di un anno, possiamo tranquillamente affermare che Stephan è il miglior terzino destro che abbiamo in Serie A, sicuramente quello che interpreta al meglio il proprio ruolo. E fortunatamente la Juve è riuscita a respingere l'assalto del multimilionario Paris Saint Germain, pronto a saccheggiare nuovamente l'Italia, impoverendola di un altro campione. È un bene che Lichtsteiner non sia stato ceduto; innanzitutto per le sue doti tecniche, ma anche per quelle umane. È un grande professionista ed incute timore all'avversario: ha l'espressione della tigre, con un ruggito sempre pronto a spaventare tutti. Inoltre, si dimostra una persona intelligente, equilibrata e sensibile. Ne abbiamo avuto la conferma leggendo la sua intervista rilasciata al quotidiano svizzero Le Matin, tradotta in anteprima da Tuttojuve.com: prima di affrontare temi di un certo spessore, i colleghi rossocrociati interpellano Lichtsteiner sull'imminente impegno della nazionale svizzera contro la Slovenia, in programma stasera a Lubiana. Si tratta del primo passo verso Brasile 2014 ed il fluidificante classe '84 non vuole fallire l'appuntamento, scottato dalla mancata qualificazione ad Euro 2012: "Non vediamo l'ora di iniziare. L'unica cosa che conta è vincere (alla Juve evidentemente ha imparato bene questa frase, ndr). Una vittoria darebbe la giusta direzione per andare in Brasile. Nessuno vuole rivivere la falsa partenza della passata stagione". Nonostante sia la prima gara del girone, Stephan è consapevole dell'importanza di iniziare con il piede giusto: "La qualificazione è come uno sprint. Se dovessimo perdere, sappiamo quello che ci aspetta. Se siamo mentalmente preparati a vivere queste sfide con la pressione, allora potremo attraversare l'Atlantico nel 2014. Ciò che conta non è ciò che dicono i giornali, ma se faremo punti, questo contribuirà a creare euforia". In cosa, secondo Lichtsteiner, è cambiata la sua Svizzera rispetto a quella di un paio di anni fa?: "Giochiamo un calcio più aggressivo; abbiamo le qualità che servono per fare grandi cose". Poi, finalmente, si parla anche di Juventus e qui i tifosi bianconeri si preparino ad applaudire ancora di più e ancora una volta uno dei loro beniamini, il quale giura fedeltà alla maglia; Lichtsteiner, stuzzicato sull'interessamento estivo del PSG, spiega i motivi che lo hanno spinto a rimanere à la Vielle Dame, la Vecchia Signora: "La verità -dice il numero 26- è che noi non cambiamo squadra con tanta facilità come può pensare la gente. La Juventus è uno dei più grandi club al mondo. Qui mi sento bene, qui mi sento amato. Rigiocheremo la Champions League, si va a caccia di tutti i titoli. Dove avrei potuto trovare questo altrove? Ciò ha rafforzato il mi desiderio di rimanere. E, ad essere sinceri, nessuna offerta era veramente straordinaria". L'intervista, a questo punto, si sposta su argomenti personali che ci fanno conoscere la persona che è Stephan Lichtsteiner, al di là dello sportivo. Come descriverebbe la sua vita? Ecco la risposta dello svizzero: "La mia vita è quella di un privilegiato; sono consapevole di esserlo ma ho dovuto combattere per avere ciò. Sì, ho una vita fantastica ed un super stipendio. Essere sempre al top, è questa la condizione per durare in questo mondo. Ci si può anche stancare". La vita del calciatore ad alti livelli, si sa, è sempre in giro, tra un albergo ed un altro, tra una trasferta in aereo ed una partita internazionale. Tutto questo non diventa noioso ad un certo punto? Probabilmente sì, ma Lichtsteiner l'ha messo in conto quando ha deciso di puntare forte su questa passione per farla diventare il suo lavoro: "Sì, a volte può essere ma raramente. Al rientro dalle vacanze può succedere, quando si deve lasciare la propria famiglia per andare a vivere con la valigia sempre pronta. Ma lo sapevo: questa è la vita che ho immaginato quando ho iniziato: mi sono trasferito all'estero per vincere titoli". Spesso lo stile degli sportivi è oggetto di frasi semplicistiche e antipatici stereotipi ma Lichtsteiner non sembra dare molta importanza al rumore esterno che somiglia tanto ad invidia: "Non mi da fastidio. Ci sono gelosi ovunque. E poi quando finirà la mia sportiva finirà ce ne sarà una nuova tutta da vivere". Stephan, in campo, sembra sempre "arrabbiato" e con un'espressione ringhiosa, ma lui garantisce che non è questa la sua vera immagine: "Fuori dal campo sono tutt'altro ragazzo. So di non essere bello in campo, ma non mi importa di essere simpatico all'avversario o agli spettatori. Quando mi vedo giocare, spesso l'uomo che so di essere non si riconosce con il calciatore". Il ventottenne nato ad Adligenswil parla anche di ciò che è stato per lui Alessandro Del Piero, con il quale ha avuto l'onore di giocare per una stagione, l'ultima di Pinturicchio e quella che ha visto la Juve tornare a vincere lo scudetto: "Di Alex -afferma Licht- mi ha colpito la sua umiltà. Lui non ha gettato mai polvere negli occhi, ciò gli ha permesso di essere migliore degli altri. Lui è il meglio del meglio, a livello umano un tipo eccezionale. Per il calcio svizzero mi sarebbe piaciuto che Christian Constantin (presidente del Sion, ndr) fosse riuscito a fare il colpo". Dopo aver parlato dell'eterna bandiera juventina, si torna sulla partita della Svizzera: "Cosa dobbiamo fare per vincere contro la Slovenia? Giocare come sappiamo fare; per esempio riprodurre ciò che abbiamo fatto in Croazia (gli elvetici vinsero qualche mese fa in amichevole 4-2, ndr). Il principale pericolo del girone? Noi stessi". Molti calciatori, prima del fischio d'inizio di un match, si fermano a riflettere e pregare in campo; per Lichtsteiner, invece, la sfera sportiva e quella religiosa non si incrociano: "No. Il mio rapporto con DIo non entra nel calcio". Stephan Lichtsteiner, per chi non lo sapesse (dato che non lo sbandiera ai quattro venti come altri), è impegnato nel sociale e da una concreta mano, attraverso Soliarmed, in Zimbabwe e Lesotho. Un sostegno deciso in Africa verso le popolazioni meno fortunate: "Cerco di fare quello che posso, nelle mie possibilità. È un modo per tendere la mano ai meno fortunati. In Svizzera piangiamo, ci lamentiamo, mentre in Africa non hanno ciò che abbiamo noi. Quando, a volte, mi arrabbio per delle sciocchezze, mi fermo e mi dico: Stephan, svegliati, guarda quello che hai". Nel 2009, Stephan è stato anche in Mozambico: "È un viaggio che ti segna, lascia cicatrici. Mina le nostre certezze rassicuranti. Che vita viviamo davvero rispetto alla loro? Ci si abitua troppo a quello che gli altri non hanno". Infine, i colleghi de Le Matin chiedono al trenino bianconero se si sente appagato così oppure come calciatore può ancora dare di più: "Non è che io posso, è che io devo migliorare. Accontentarsi di ciò che si è raggiunto, vuol dire già ammettere i propri limiti".

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