Il FPF non è un "terzo tempo"

Fair play finanziario
22.01.2011 12:25 di  Giacomo Scutiero   vedi letture
Il FPF non è un "terzo tempo"
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© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport


Il fair play finanziario sarà realtà dalla stagione prossima. In poche parole? Permesso o meno per i club di partecipare alle competizioni internazionali. La questione centrale è il bilancio di una società.
L’obiettivo è il “break even”, il pareggio economico: entrate pari alle uscite. Se il pareggio non c’è? Il massimo deficit consentito per le prime due annate in esame (2011/12-2012/13) è 5 milioni; accettabile un negativo fino a 45 milioni se “coperto” da capitale di proprietà e aumenti di capitale (per società in Borsa).
Non previsti, anzi proibiti, con conseguente sanzione, prestiti e fideiussioni bancarie. In sintesi, senza pareggio economico si rischia dal procedimento disciplinare fino alla perdita della licenza Uefa.
Come si ottiene il “break even”?
Le entrate (biglietteria stadio, sponsor, pubblicità, diritti tv, plusvalenze di calciatori, merchandising…) tanto quanto le uscite (costi generali del club, emolumenti a calciatori e staff, investimenti per settore giovanile e prima squadra…).

Se il fair play finanziaro fosse già in vigore sarebbero nei guai team come Milan, Inter, Manchester City, Chelsea, Liverpool, Barcellona: più o meno, il meglio del nostro continente.
Lo squilibrio maggiore è creato dagli ingaggi dei calciatori, piuttosto che dai loro cartellini. Lo stipendio è una mazzata annuale per il bilancio: contratti quinquennali saranno roba rara, come netti da 8 milioni di euro.
Questa stagione è l’ultima per salvare il salvabile. Chi accetterà di partire in deficit, pesante o non pensante, avrà la zavorra di non poter investire e operare per un paio d’anni. Forse lo sceicco di Manchester sta adottando questa tattica, ammesso che conosca il fair play finanziario…