Fenomenologia del tifoso: quando lo stadio non è un teatro

25.02.2013 14:10 di Davide Terruzzi Twitter:    vedi letture
Fenomenologia del tifoso: quando lo stadio non è un teatro
TuttoJuve.com
© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport

Bolgia, teatro o schermo televisivo? Basta non citare l'Inferno, altrimenti Andrea Della Valle si offende, ma dopo la vittoria sul Siena fanno discutere le parole di Antonio Conte. La fenomenologia del tifoso di una squadra di calcio è complessa abbracciando diversi campi sfiorando anche il campo del fanatismo e che non può trascurare la rivoluzione televisiva dell'ultimo ventennio e fattori economici che influiscono sulla presenza allo stadio.

La bolgia, il casino - in senso buono e positivo - per dirlo in ternini prosaici - viene ormai delegato al tifo organizzato, agli ultrà sempre presenti in casa e in trasferta cui è stato riservato il calore passionale. I cori, lo spettacolo, il sostegno e le iniziative polemiche nei confronti di società e squadra sono ormai il compito che gli è stato dato e che si sono presi. Le curve rappresentano il termometro di una parte della tifoseria, mentre ci sono altri settori che si dimostrano più freddi e pronti alla facile critica.

Una colpa è anche delle società con un caro prezzi che va in controtendenza rispetto al momento economico che viviamo ponendo in essere una sorta di selezione naturale del tifoso permettendo così la presenza nelle tribune di chi se lo può permettere. Se una volta andare allo stadio equivaleva quasi andare al cinema o uscire a mangiare una pizza in compagnia, oggi un paragone più azzeccato sembra quello col teatro. Certo, lo Juventus Stadium offre uno spettacolo che non può essere paragonato a quello del Delle Alpi o dell'attuale Olimpico e la differenza rispetto a club inglesi o tedeschi per quanto riguarda gli incassi dal botteghino resta importante (e non sarà colmata per capienza impianti), ma un aumento eccessivo del prezzo dei biglietti può comportare la perdita del tifo più passionale a favore di uno più freddo.

Se assistere live a una partita equivale essere a teatro, i giocatori diventano degli attori con i fischi e gli applausi fanno parte del gioco. Peccato che il calcio non sia uno spettacolo teatrale o televisivo, non è una recita in cui i calciatori devono mettere in scena uno spettacolo scritto da altri e recitare delle battute entrando in un personaggio, ma è vita reale con emozioni, decisioni da prendere minuto dopo minuto e avversari in grado di rovinarti i piani.

Ecco perché il sostegno deve essere una parte importante del tifoso senza per questo annullare il diritto di critica che va però esercitato nel momento giusto. Sbagliato fischiare un giocatore per un errore tecnico (passaggio, tiro, intevento), più che legittimo manifestare l'eventuale proprio disappunto in caso di sostituzione del giocatore o a fine partita.

Non biosgna mai dimenticare quello che la squadra sta facendo, perdere di vista la realtà è un errore. Si vuole la perfezione, se non la si ha parte un certo disappunto. Un atteggiamento che non permette al pubblico in generale di essere il dodicesimo uomo in campo, un fattore in grado di influenzare psicologicamente gli avversari. Ritorniamo all'Inferno dantesco, una metafora azzeccata di cosa deve essere uno Stadio: una bolgia, ma un Paradiso per la squadra di casa.