È già l'ultima spiaggia? Per ora le alternative non convincono

Igor Tudor può essere già all'ultimo miglio con la Juventus? La risposta è sì, perché non c'è una progettualità, un'unità di intenti, in un club che ha appena eliminato il CEO dopo sei mesi dall'ultimo comunicato che sosteneva come aveva lasciato un altro incarico per concentrarsi solo sulla gestione bianconera. Che ha preso un amministratore transalpino che non ha contiguità con il nostro calcio - e quindi paga dazio in un anno già molto complicato di suo - e probabilmente diventerà amministratore delegato. Un dirigente - non italiano - che a Monza ha fatto benino, ma con l'ombra di Galliani sempre dietro.

E poi un allenatore voluto sì e no. Perché lo sfogo dopo il quarto posto in campionato - e che non poteva essere presa una decisione dopo il Mondiale per Club, ma subito - magari non ha incrinato i rapporti, ma ha dato l'esatta dimensione di quelle che erano le logiche di potere. Se Tudor sbaglia, paga Tudor perché non era la prima scelta. Se fa bene tutti contenti, ma preferendo lavarsene le mani.

La realtà è che una sconfitta con il Real Madrid può essere messa in preventivo. Certo, poi dipende dalle dimensioni, ma in generale non è la partita che dovrebbe decidere le sorti di un allenatore. Lo è diventata dopo il 4-3-3 di Como - ma perché cambiare modulo e difesa? - e i cinque pareggi nelle ultime sei partite. Troppo poco per essere la Juventus, difesa troppo ballerina - e forse, semplicemente, non all'altezza. E attacco sempre messo nel mirino quando segna un solo gol, come se gli Scudetti non si basassero sugli uno a zero in trasferta, quando le cose non funzionano.

Dalla parte di Tudor c'è una sola cosa: le alternative non convincono. Mancini chiede un contratto lungo, Palladino è un'idea di Modesto che può piacere a Chiellini, ma che poi dovrebbe essere supportata dagli altri. Insomma, il puzzle è di difficile risoluzione, almeno per ora.