CARO NARDUCCI, DICE LA VERITA' LEI O BEATRICE?

Contraddizioni tra i due pm che hanno lavorato alle indagini.
13.09.2011 21:00 di  Alessandro Vignati   vedi letture
CARO NARDUCCI, DICE LA VERITA' LEI O BEATRICE?
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© foto di Federico de Luca

Abbiamo atteso tutta notte e con grande trepidazione per leggere oggi su La Gazzetta dello Spot l'intervista rilasciata a Valerio Piccioni e Maurizio Galdi dall'ex pm del processo a Calciopoli Giuseppe Narducci, ora assessore del Comune di Napoli. Dichiarazioni un po' deludenti ci sentiamo di dire nei contenuti, troppo scontati e  un po' tanto riparatori di quel che è stato nell'excursus della vicenda, specie la domanda riguardante il famoso "piaccia o non piaccia" con la seguente risposta: "Quella frase è stata sempre e volutamente equivocata. Era inserita nel contesto del processo e significava che non avevamo altre telefonate "penalmente rilevanti" nel fascicolo. Come potevamo pensare che in un’intera stagione, con 170 mila telefonate intercettate, Bergamo e Pairetto non avessero parlato con altri dirigenti di società? Saremmo stati degli stupidi". Insomma sarebbe stato frainteso, peccato che chi presente quel giorno, praticamente tutti, captarono come se il pm dicesse letteralmente quelle parole intendendo che i due designatori parlassero solo con la fantomatica cupola, tesi avallata poi nei giorni successivi dagli stessi accusatori. Misunderstanding dicono gli inglesi, mentre bisognerebbe capire cosa è successo con l'altro pm che iniziò assieme a Narducci l'inchiesta, ovvero Filippo Beatrice. Sempre nell'intervista odierna Narducci spiega: "Quelle telefonate non hanno valore penale. Non c’entrano niente con la struttura di potere che scoprimmo e che governava tutto il calcio professionistico italiano. Un qualcosa di unico che non aveva paragoni con il passato, un’associazione che non metteva insieme solo uomini e società, prima fra tutte quella di Luciano Moggi, ma anche alcuni pezzi delle strutture federali. L’associazione aveva in mano i designatori.

C’erano i cellulari con schede svizzere che solo in parte abbiamo potuto ascoltare, quando ne identificavamo uno da intercettare i numeri cambiavano. E c’erano i sorteggi. Ci sono le testimonianze degli impiegati della Commissione Arbitrale, Dario Galati e Manfredi Martino. I giornalisti che partecipavano al sorteggio erano inconsapevoli di quello che avveniva e non avevano alcuna possibilità di controllo". Diversi passaggi appaiono puramente dotati di paraocchi e fette di prosciutto, dalla storiella dei sorteggi truccati (smentita più volte e con la sentenza Bergamo-Teotino in corte d'appello che diede ragione al designatore sulla regolarità di essi) ora in modo "inconsapevole" alle fantomatiche sim svizzere (perchè non sono state intercettate? perchè nessuna cella del teorema Di Laroni è corrispondente? perchè con i famosi arbitri associati la Juventus aveva una media punti inferiore rispetto agli altri sdoganati? tutte domande a cui non avremo risposta... per ora) ma ci appare abbastanza strano l'inizio del discorso, ovvero quel "non hanno valore penale" che di fatto va a cozzare con due fatti emersi in estate. Stiamo parlando sia dei baffi rossi (a proposito c'è il documento a colori e, pure in bianco e nero si riconoscerebbe in quanto la gravità delle telefonate è data dal numero dei baffetti, 3 in questo caso tanto per ricordare al pm smemorato...), sinonimo di rilevanza sportiva e penale e simbolo con cui i "magnifici 12" sottolineavano la gravità delle telefonate, e parliamo anche delle dichiarazioni di luglio proprio di Filippo Beatrice, il quale affermò al Corriere dello Sport come quelle telefonate non erano state segnalate nè a conoscenza dei pm e che avrebbero certamente dato un quadro diverso alla situazione. Insomma chi dei due dice la verità? Oppure Narducci già all'epoca sapeva qualcosa? La storia non quadra e di domande per certi protagonisti della vicenda ce ne sarebbero a bizzeffe. E sarebbe anche ora di farle.