LEONI PER...AGNELLI – L'importanza di vincere di “corto muso” il lavoro dietro la cultura del risultato e i miglioramenti che serviranno per completare il capolavoro...

21.10.2021 10:45 di  Redazione TuttoJuve  Twitter:    vedi letture
LEONI PER...AGNELLI – L'importanza di vincere di “corto muso” il lavoro dietro la cultura del risultato e i miglioramenti che serviranno per completare il capolavoro...

La teoria del “corto muso” sta diventando una vera e propria filosofia in casa Juventus. Una sorta di riscrittura, con adattamento a cura di Massimiliano Allegri, del “vincere è l'unica cosa che conta”. Non a caso sono entrambe poco gradite agli anti juventini o agli anti allegriani presenti nella tifoseria stessa bianconera. Per non parlare di quello che pensano i giochisti, che ripudiano totalmente una simile teoria risultatista.

Ma cos'è in fondo il gioco del calcio? Cosa significa competizione? Per cosa si compete? La risposta è fin troppo ovvia: si gareggia sempre per ottenere il massimo, e cioè la vittoria. O per centrare un obiettivo. Qualsiasi esso sia. Ma non si compete mai soltanto per partecipare, chi vi dice questo sta mentendo spudoratamente. A nessuno piace perdere.

Per qualcuno questo è un messaggio antisportivo, diranno che lo sport deve insegnare la teoria dell'impegno, la cultura anche della sconfitta e l'insegnamento del mettercela tutta. Tutte cose sacrosante che appartengono anche alla filosofia juventina: perché dietro ogni vittoria c'è impegno, voglia di mettercela tutta e saper accettare la sconfitta senza, però, assuefarsi ad essa. Paradossalmente la storia, anche recente, ha dimostrato come proprio chi è abituato a perdere non abbia ancora dimostrato di saperlo fare.

Allegri, juventino nel midollo, invece, è perfettamente consapevole di quanto sia importante per la Juventus vincere e quanto le vittorie nascano dal sacrificio e dal non abattersi davanti ad una sconfitta ma, anzi, imparando da essa. E non è questo un grande valore dello sport? Non a caso non sentirete mai Allegri lamentarsi a priori o a posteriori, neppure quando si gioca una partita a Napoli senza 6 titolari per colpa delle Nazionali. Non lo sentirete accampare scuse neppure se gli annullano un gol a Udine per un capello di Ronaldo in fuorigioco o se gli vendono CR7 senza sostituirlo a 2 giorni dalla fine del calciomercato. Allegri risponderà sempre che basta averne 11 da mandare in campo e 4-5 da portare in panchina e che si gioca quando ti dicono di farlo.

Tutto il resto sono alibi che non gli appartengono.

Si chiama cultura del lavoro, se hai pazienza e non ti nascondi dietro i soliti alibi, prima o poi i risultati arrivano.

C'è pazienza e cultura del lavoro dietro la strenua difesa di Allegri verso il disastroso Szczęsny d'inizio stagione, tornato ora sicuro di sé.

C'è pazienza e lavoro dietro una squadra che dopo aver subito 10 gol nelle prime 7 partite stagionali, ne subisce 0 nelle ultime quattro contro Chelsea, Torino, Roma e Zenit.

C'è pazienza e cultura del lavoro dietro il recupero di giocatori come De Sciglio e Bernardeschi, e la valorizzazione di un gruppo che è stato depotenziato sul mercato.

E ci vorrà ancora tanta pazienza e lavoro, perché dietro questo inaspettato filotto di vittorie a reti inviolate, c'è anche tutta l'onestà di un allenatore che ammette che c'è tanto da migliorare soprattutto in attacco: c'è da far (ri)sbocciare Kean, rivitalizzare Morata, resuscitare Dybala, capire chi è Kulusevski. Perché la Juventus che, ad oggi, si è ricordata quanto è bello soffrire e non subire reti, vincendo di corto muso, deve migliorare in quei meccanismi offensivi che sono stati il limite del primo ciclo allegriano, e che sono costati due finali di Champions quando al capolavoro mancava sempre l'ultima pennellata.

Il lavoro non manca, ma nessuno meglio di Allegri è consapevole che qualsiasi sia l'idea, l'unica cosa che conta è vincere. O, se preferite, conta il... “corto muso” secondo la riscrittura allegriana...

Vincenzo Marangio – Radio Bianconera