IL TERZO TEMPO - Minaccia Superleague, una spia per UEFA e FIFA. Il calcio deve cambiare. Pirlo, il 6 di stima si può ancora conquistare

La Juventus ha perso il campionato contro le "piccole". Le attenuanti di Pirlo. Caos Superleague, progetto già fallito? Le istituzioni europee devono delle risposte al calcio.
21.04.2021 18:38 di  Luigi Risucci   vedi letture
IL TERZO TEMPO - Minaccia Superleague, una spia per UEFA e FIFA. Il calcio deve cambiare. Pirlo, il 6 di stima si può ancora conquistare
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

È stata una settimana intensa e ricca di colpi di scena, culminata ieri con il blocco sul nascere del fantomatico progetto della Superleague.

Ma andiamo per ordine, partendo dal campo. La sconfitta di domenica contro l’Atalanta non può passare in cavalleria, trattandosi dell’ennesimo scivolone stagionale in una partita che aveva il sapore dello scontro decisivo. Troppo spesso, quando i punti pesano, la squadra si scioglie a livello caratteriale. Non è una critica ma una constatazione, anche piuttosto banale. Si guardi alle partite contro Napoli e Inter, oppure alla cocente delusione europea contro il Porto, dove le gambe di molti interpreti in campo sembravano tremare. Spostando la disamina sui punti persi, però, c’è da constatare come le perdite più dolorose non siano state affatto contro le squadre più blasonate. Nelle sfide contro Benevento, Crotone, Torino e Fiorentina i bianconeri hanno perso 12 punti, distanza che avrebbe tenuto Pirlo in piena corsa scudetto. Un dato clamoroso, che segna probabilmente la differenza più grossa rispetto al novennio di scudetti, in cui i titoli venivano scolpiti a suon di vittorie contro le cosiddette “piccole”. Le ragioni? Fisiche, di approccio psicologico a certe sfide, caratteriali.

Nemmeno Nostradamus potrebbe dare risposte certe. Certamente Pirlo (che recentemente si è attribuito un “6 di stima” come voto provvisorio alla stagione) ha delle colpe che non sono sicuro superino le numerose attenuanti. Il bresciano si è seduto sulla panchina più prestigiosa d’Italia senza aver maturato la benché minima esperienza, non ha potuto svolgere neppure un abbozzo di preparazione, non ha avuto tempo di preparare le partite durante la stagione per infondere alla squadra i suoi principi, è stato tormentato continuamente da infortuni e Covid, ha dovuto subire decisioni arbitrali non proprio cristalline, soprattutto alla luce del VAR. A tutto ciò si sommi una rosa che, a modesto parere di chi scrive, ha mostrato delle lacune qualitative e numeriche importanti.

Pensiamo ai soli tre attaccanti in rosa, tra cui Dybala che non è mai stato a disposizione, per affrontare le tre competizioni. Ronaldo ha giocato praticamente sempre, Morata ha dimostrato di non essere guarito da quell’incostanza che lo separa dall’essere un grandissimo striker. Kulusevski ha dovuto cambiare ruolo praticamente ad ogni partita, perdendo l’orientamento nel percorso di crescita fisiologico del primo anno in una “grande”. L’errore nella costruzione del reparto offensivo è grave, soprattutto perché a gennaio non si è intervenuti in nessun modo. Il centrocampo ha mostrato un grosso deficit di qualità, considerando che Arthur ad oggi è archiviabile come un flop clamoroso (non dimentichiamo la sua valutazione estiva: 80 milioni di euro). Non dimentichiamo neppure che la difesa ha avuto sempre a disposizione il solo Danilo, come dimostrano le 17 presenze dell’esordiente Frabotta.

Dunque, stagione sfortunata? Non solo. La Juventus ad oggi merita la posizione che ha, appena fuori dalle prime quattro, ma ha margine di recupero per piazzarsi in zona Champions. Vincendo la Coppa Italia, con la Supercoppa in bacheca e la qualificazione in Champions, Pirlo potrebbe alla fine meritarsi quel 6 di stima, considerando tutte le variabili finora analizzate.

A proposito di Champions. La rottura tra gli ormai famosi dodici club e la UEFA/FIFA è stato l’argomento della settimana. Il dietrofront repentino dei club inglesi, il comunicato nella notte dei promotori della Superleague ed il relativo fallimento repentino del progetto non possono lasciare indifferenti. Soprattutto perché il presidente Agnelli si è speso in prima persona, spalleggiato dal collega del Real Madrid Florentino Perez. Il progetto si è arenato ancor prima di vedere la luce, perché nella comunicazione, violenta e priva di spiegazioni, si è sbagliato tutto. Altro errore gravissimo commesso da un gruppo di presidenti che, nei fatti, ha anche delle ragioni non trascurabili: UEFA e FIFA danno molto meno di quanto ricevono dai club; questi ultimi hanno dei costi ormai insostenibili, che la crisi pandemica ha esacerbato fino a far temere per la sopravvivenza degli stessi.

Le istituzioni europee e mondiali del calcio non possono ignorare il grido d’allarme lanciato dai dodici “grandi”, perché qualcosa deve cambiare ed anche in fretta. Stendiamo un velo pietoso sulle banalità e l’ipocrisia che si è sprigionata sulla stampa e sui social media. “Il calcio è di tutti”, “Il pallone è lo sport del popolo!”, “Ci state togliendo i sogni!”. Idiozie di questo tipo hanno campeggiato su tutti i giornali e sui profili di illustri esponenti della politica. Chissà se hanno pensato agli attuali costi dei biglietti per lo stadio, degli abbonamenti alle pay-tv, alle milionarie commissioni degli agenti, alle spropositate cifre che circolano sul mercato calciatori e allenatori, al fair play finanziario che è diventato una barzelletta. Questo sarebbe lo sport del popolo?

Il calcio deve cambiare perché il mondo è cambiato. Infantino dia delle spiegazioni sui mondiali in Qatar del prossimo anno, per i quali ha incassato assegni miliardari. La FIFA spieghi al mondo che per la costruzione repentina degli stati negli Emirati hanno perso la vita quasi 7000 migranti privi dei più elementari diritti in pochi anni. Il moralismo becero di certi organi e certa stampa è riprovevole, almeno quanto il disegno di un calcio elitario, un’idea che non mi scalda certamente il cuore. Il terremoto di questi giorni probabilmente non porterà alla rivoluzione che si era paventata in prima battuta, ma non può finire a tarallucci e vino. Le istituzioni europee e mondiali dovranno porsi delle domande e darsi delle risposte. Le devono, a tutti gli appassionati di questo sport.