Varriale impugnerà il licenziamento: “Rai già condannata per dequalificazione professionale”

Enrico Varriale non ci sta ed è pronto ad intraprendere una battaglia legale dopo aver incassato il licenziamento dalla Rai in seguito alla condanna in primo grado per stalking e lesioni, contestando la decisione assunta dalla tv pubblica.,
fanpage riporta i passaggi del comunicato diffuso dal giornalista: "Ricordando il principio costituzionale della presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio, considero tendenziose e provocatorie le indiscrezioni di alcuni organi di stampa che, citando ‘fonti ufficiose Rai', ipotizzano altre ragioni alla base della decisione aziendale", attacca Varriale nella sua nota. Il riferimento è alle voci che hanno circolato negli ultimi giorni, secondo cui il licenziamento sarebbe legato non solo alla sentenza penale ma anche a dinamiche interne all'azienda. Il giornalista si dice convinto di poter "dimostrare la bontà delle mie ragioni, sia in sede penale che giuslavoristica", annunciando di aver già conferito mandato ai suoi legali per impugnare il provvedimento di licenziamento.
"Nella prima vicenda penale - spiega Varriale - allo stato esiste una sentenza di condanna a 10 mesi, con pena sospesa e non menzione, avverso la quale ho già proposto appello", precisa il giornalista. Si tratta del procedimento per stalking e lesioni che ha portato al licenziamento. Sul secondo caso, invece, Varriale sottolinea che "non si è ancora conclusa la fase istruttoria del processo ed io stesso non sono stato ancora sentito dal Giudice".
"La Rai, che negli ultimi quattro anni mi ha totalmente impedito di fare il mio lavoro (ma non mi ha mai sospeso cautelarmente dal servizio non essendoci motivazione per farlo), è già stata condannata dal Tribunale di Roma lo scorso 22 gennaio 2025 per la dequalificazione professionale operata nei miei confronti", rivela Varriale. Una condanna che, secondo quanto sostiene il giornalista, sarebbe stata "solo parzialmente ottemperata dall'Azienda".
Varriale spiega di non aver reso pubblica questa sentenza "per il rispetto che ho sempre avuto per la Rai, di cui sono parte da quasi 40 anni".
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