Ravanelli: "Vialli era il mio idolo, mi manca tantissimo. La Juve? Magari avremmo vinto le finali di Champions successive se io e Vialli fossimo rimasti"

02.09.2025 09:50 di  Giuseppe Giannone   vedi letture
Ravanelli: "Vialli era il mio idolo, mi manca tantissimo. La Juve? Magari avremmo vinto le finali di Champions successive se io e Vialli fossimo rimasti"
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Intervistato da "La Gazzetta dello Sport", Fabrizio Ravanelli, ex attaccante della Juventus, parla del rapporto di amicizia con il compianto Gianluca Vialli, maturato durante il periodo nel quale entrambi hanno indossato la maglia bianconera: "Alla Juve siamo stati compagni di squadra e compagni di camera, il massimo. Nel mio primo anno a Torino, c’era Giovanni Trapattoni allenatore. Alla vigilia di una partita contro il Napoli, la sera della vigilia Trap venne nella nostra stanza per la buonanotte, lo faceva sempre, e chiese a Gianluca come si sentisse. Vialli gli disse che stava bene, ma che avrebbe preferito riposare in vista dell’impegno contro il Benfica in Coppa Uefa, di lì a poco. Trapattoni rimase sorpreso. Vialli aggiunse: 'Mister, faccia giocare Fabrizio, è in formissima, non se ne pentirà'. Alla riunione tecnica, Trap annunciò la formazione con me titolare al posto di Gianluca. Vincemmo per 4-3, segnai un gol e lì la mia carriera svoltò. Questo per sottolineare come Vialli fosse un leader. Non soffriva di gelosia verso gli altri, conosceva il calcio e se stesso al punto di chiedere di riposare per far giocare un ragazzo al suo posto, e un allenatore come Trap ne rispettava a decisione.

Quanto mi manca Vialli? Tantissimo, come a tutti. Penso spesso a lui. Formavamo una grande coppia, pressavamo come dannati. Ho appena rivisto la replica di una nostra vittoria per 2-0 a San Siro contro il Milan di Capello, con gol mio e di Vialli. Non eravamo soltanto attaccanti, rientravamo fino ai limiti della nostra area per difendere e riconquistare palla. Questa era la Juve di Marcello Lippi, un 4-3-3 meraviglioso, totale. Con Lippi il rapporto era diretto, senza filtri, ci si diceva le cose in faccia. Ho giocato con Vialli, Robi Baggio e Del Piero. Anni incredibili. 

Il gol nella finale di Champions con l'Ajax? È un gol che nasce dallo studio via video. Io guardavo e guardo tante partite. Avevo osservato l’Ajax, una squadra fortissima, e mi ero accorto che a volte i loro difensori eccedevano nei palleggi, quasi sbeffeggiavano gli avversari. Abusavano della loro qualità, facevano un po’ i saccenti e si prendevano dei rischi. Arrivò questa palla alta e mi infilai tra Frank de Boer (futuro allenatore dell’Inter, per poco nel 2016, ndr) e Van der Sar (futuro portiere della Juve, ndr). Intuii che ci potesse essere un’incomprensione tra i due e ne approfittai. Rubai il tempo, andai verso il fondo e calciai con una torsione. Lo spazio era minimo, imbucai il pallone nel corridoio giusto.

Io e Vialli via dalla Juve dopo la vittoria della Champions? Era la strategia di mercato della Juve di quegli anni, diretta da Moggi, Giraudo e Bettega. Cedettero Gianluca e me, come poi avrebbero venduto Bobo Vieri, Boksic, Cannavaro, Paulo Sousa, persino Zidane. Erano scelte studiate, individuavano i sostituti con largo anticipo e di solito non sbagliavano. Quanto a me, non dico che mi sentii tradito, ma ci rimasi male, questo sì. Venni colto di sorpresa, non ebbi il tempo di riflettere e in poche ore mi ritrovai al Middlesbrough. Con il senno di poi, forse avrei dovuto oppormi, far valere il contratto che avevo, ma andò così. Sempre con il senno di poi, mi viene da pensare che le due successive finali di Champions, perse dalla Juve contro Borussia Dortmund e Real, magari le avremmo vinte, se Gianluca ed io fossimo rimasti".