Ricordate quel giorno? JUVENTUS-INTER (prima parte)

Stadio Comunale di Torino: è il 16 aprile 1961, una domenica piovosa, la ventottesima di campionato. Il torneo è a 18 squadre, mancano ancora sette giornate alla fine, ma quella di oggi non è una partita come le altre, è Juventus-Inter, il Derby d’Italia. La squadra bianconera è in testa alla classifica con 40 punti, grazie alle giocate dei suoi Tre Re: John Charles la potenza, Giampiero Boniperti la classe, Omar Sivori l’estro e la fantasia. L’Inter insegue, con quattro lunghezze di svantaggio, ma non è per niente rassegnata. É l’Inter di Helenio Herrera ed Angelo Moratti, una squadra indomita, senza paura, senza complessi d’inferiorità; quella di Picchi, Bolchi, Bicicli; quella di Tacchino Freddo Firmani e del giovanissimo Corso; insomma, la genitrice della Grande Inter.
La partita è delicatissima e decisiva; lo sanno i giocatori, lo sanno i tecnici e lo sa anche il pubblico. Una vittoria della Juventus vorrebbe dire scudetto sicuro, una vittoria dei nerazzurri equivarrebbe a rimettere tutto in gioco.
L’incontro è definito dai giornali il “match dell’anno” e la risposta del pubblico è talmente straordinaria da andare al di là d’ogni previsione. Quando le squadre entrano in campo, infatti, lo stadio Comunale di Torino offre uno spettacolo mai visto in precedenza. La folla forma un vero e proprio muro; la Juventus ha venduto poco più di 61.000 biglietti per un incasso record di 109 milioni di lire, primato assoluto per Torino e per il campionato, ma si capisce subito che gli spettatori sono molti, molti di più. Non si sa chi li abbia fatti entrare, ma resta il fatto che, quando l’arbitro Gambarotta fischia l’inizio della partita, c’è qualcosa, nel cielo plumbeo di Torino, che fa pensare che stia per scoppiare un grosso temporale.
L’incontro, comunque, comincia; l’Inter, considerata oramai stanca e tagliata fuori dalla lotta al vertice, si presenta al contrario in gran forma. Bicicli, Corso, Bolchi e Firmani sembrano imprendibili e la Juventus è costretta a subire. C’è un tiro deviato a fatica dal portiere juventino Vavassori, segue un’incursione nerazzurra bloccata, a fatica, al limite dell’area, quindi un tiro di Nicolè terminato sul fondo ed una traversa colpita dall’interista Morbello; il pubblico si eccita, si scalda, applaude, partecipa, fino a quando non riesce più a restare al suo posto, non per l’entusiasmo, ma proprio perché non riesce “fisicamente” a stare sugli spalti. Tra uno che grida, uno che si agita, un altro che non vede, perché ha davanti uno con l’ombrello aperto, lo stadio “Comunale” di Torino diventa troppo stretto. Il pubblico si accalca alle reti, schiaccia, spinge ed alla fine almeno 5.000 spettatori non trovano altra soluzione che scavalcare le reti ed andarsi a piazzare ai bordi del campo.
Alla mezzora del primo tempo i giocatori juventini ed interisti vengono colti da tanta paura, così come l’arbitro Gambarotta. Le intenzioni dei tifosi sono totalmente pacifiche, nate esclusivamente dal desiderio di vedere meglio la partita, ma il direttore di gara immagina, con terrore, cosa potrebbe succedere nel momento in cui dovesse prendere alcune decisioni difficili a favore di una o dell’altra squadra ed ordina immediatamente la sospensione del gioco; fino a quando la gente non si sarà allontanata dal campo, la partita non potrà riprendere.
I dirigenti della Juventus si danno immediatamente da fare; l’altoparlante dello stadio impartisce ordini perentori: «Allontanatevi immediatamente dal campo di gioco, altrimenti la partita non sarà ripresa».
Il grosso problema è che gli spettatori non hanno più un posto dove rientrare. L’arbitro Gambarotta si fa parte dirigente, reprime la paura e dopo dieci minuti di attesa, decide di ricominciare ad arbitrare. Ma il tentativo è di breve durata: due minuti scarsi e poi tutti negli spogliatoi.
Una situazione senza precedenti per il calcio torinese, che pure in altre due occasioni aveva vissuto episodi del genere: il 16 maggio 1948, quando gli azzurri furono sconfitti dall’Inghilterra per 4 a 0, ed il 22 ottobre del 1950, allorché, sullo stesso campo, Juventus e Milan si affrontarono con il pubblico a pochi metri dalle linee laterali, pareggiando 1 a 1.
«Ma i tempi cambiano», commentò Gren, che allora militava fra i rossoneri, al termine dell’incontro, «e cambia anche lo sport».
Arrivano il questore e duemila poliziotti; giunge anche Umberto Agnelli, presidente della Juventus, che confabula con Gian Marco Moratti, figlio del presidente dell’Inter. Arriva anche Walter Mandelli, dello staff dirigente bianconero ed ancora l’avvocato Enrico Gattai, accompagnatore ufficiale dell’Inter.
La confusione regna sovrana, fino a quando, alle 17:25, mentre fuori ancora piove a dirotto, l’arbitro Gambarotta decide di sospendere definitivamente la partita. Juventus-Inter non si giocherà più. Dopo un’ora Bruno Bolchi, capitano dell’Inter, entra nello stanzino dell’arbitro per consegnare il ricorso ufficiale con cui l’Inter chiede la vittoria a tavolino.
Helenio Herrera, detto “habla habla”, tiene fede più che mai al suo soprannome e continua a gettare benzina sul fuoco.
«Avremmo vinto sicuramente la partita, perché eravamo i più forti», dice ai giornali di tutta Italia e le sue dichiarazioni accendono sempre più le polemiche. La Juventus risponde che non si era neanche a metà partita e che, se anche l’avversario aveva dimostrato di saper stare in campo, certo sarebbe crollato con l’andar del tempo. La tensione è palpabile e cresce di momento in momento. L’Inter, fermamente decisa a non mollare, vuole il 2-0, perché con quei due punti si porterebbe a sole due lunghezze dai bianconeri, con notevoli possibilità di aggiudicarsi lo scudetto.
Il 26 aprile 1961 il giudice sportivo della Lega da ragione all’Inter: la Juventus è ritenuta “oggettivamente responsabile” di quanto si è verificato e quindi deve subire la sconfitta per 0-2. L’Inter è in festa, il Mago Herrera lancia ulteriori proclami di vittoria e a Milano si riparla di scudetto, un sogno che sembrava destinato ad essere abbandonato.
Ma la Juventus non ha alcuna intenzione di subire passivamente la decisione del giudice sportivo e fa reclamo alla CAF, la commissione d’appello federale. I legali bianconeri affermano di non avere alcuna responsabilità di quanto è successo; i biglietti venduti erano 61.000 e, aggiungendo i 7.000 abbonati, si arriva al massimo a 68.000, ben al di sotto della capienza dello stadio che è fissata in 72.000 posti.
La questione diventa sottile e complicata. L’Inter è convinta di essere dalla parte della ragione, anche in virtù di un precedente: nell’autunno appena trascorso, la Juventus era stata protagonista di un episodio simile, allo stadio Comunale di Bergamo, dove i tifosi locali avevano lasciato le tribune per fermarsi ai bordi del campo. Boniperti, capitano della Juventus, aveva fatto dire, attraverso l’altoparlante, che se non fossero tornati tutti al loro posto la squadra bianconera, non avrebbe cominciato la partita. Gli spettatori, ubbidienti, erano ritornati al loro posto e la partita si era potuta svolgere in modo regolare. La Juventus, però, chiedeva un trattamento diverso, perché i tifosi dell’Atalanta avevano un posto dove tornare, mentre quelli torinesi, invece, non avrebbero potuto sistemarsi da nessuna parte e non avevano potuto sgombrare il campo di gioco; tutto questo, chiaramente, non per colpa della squadra bianconera.
La situazione rimane bloccata per due mesi poi, il 3 giugno, proprio alla vigilia dell’ultimo turno di campionato che prevede l’Inter di scena a Catania e la Juventus in casa contro il Bari, la CAF cancella la sentenza di primo grado. La squadra bianconera non è ritenuta “oggettivamente colpevole” per l’invasione e, quindi, non deve essere punita con la sconfitta a tavolino. La CAF decide inoltre che la partita deve essere rigiocata.
Per l’Inter è uno choc terribile, la società nerazzurra tira in ballo la doppia carica di Umberto Agnelli, presidente federale e presidente della società bianconera, sostenendo presunte ingerenze nella decisione. La squadra subisce il colpo ed il giorno incappa in una pesante sconfitta per 2-0 a Catania, mentre la Juventus pareggia in casa col Bari e porta il suo vantaggio a tre punti. Questa concomitanza di risultati significa scudetto per la Juventus e rabbia per l’Inter.