Tra gli uomini i guerrieri. Grazie di tutto Mandzukic, per sempre uno di noi

Mario Mandzukic non è un giocatore dai piedi fatati, di quelli che fanno la giocata esteticamente perfetta (per palati fini), di quelli che hanno piedi raffinati e movenze feline. Anche se poi capita che faccia un gol fenomenale in finale di Champions contro il Real Madrid, dispensi colpi di tacco o tocchi al volo di pregevole fattura. Mario Mandzukic non è uno che compare sui giornali un giorno sì e l'altro anche, uno che condivide la propria vita sui social e vive a ritmo di selfie.
No. Mario Mandzukic è l'essenza, il giocatore che perfettamente incarna il motto della Juve, ovvero "Vincere non è importante ma è l'unica cosa che conta", quello che tutti i calciatori vorrebbero avere al proprio fianco, perché sanno che è un leone, un combattente, uno che dà l’anima in campo.
Non è dato a tutti avere una coreografia a sè dedicata; anzi, è un privilegio raro entrare così profondamente nel cuore di una tifoseria. Lui ci è riuscito semplicemente perché è diventato uno di noi. Ha corso, ha lottato, ha sudato, ha segnato, ha esultato, ha sbagliato, ha vinto, ha perso: con noi, per noi, insieme a noi.
Ha fatto l'attaccante, il difensore, il centrocampista, il tuttofare. È stato lui a venire ad abbracciare la curva; quella curva che dei Mandzukic si innamora e che vorrebbe vedere in ogni giocatore che indossa la divisa della Vecchia Signora quel carattere, quella voglia, quella determinazione, quella maglietta madida di sudore.
Già: oggi Mario non pesta più l’erba dello Stadium e ancora si aspetta un comunicato ufficiale, un saluto, un ringraziamento. Invece, tutto tace, proprio come quella curva che non canta più. Sembra paradossale, ma forse non lo è. Meno fighette e più Mandzukic: in campo e sugli spalti. Grazie di tutto Guerriero e buona fortuna. Fino alla fine, per sempre uno di noi.