Delneri: "Il Diego della Juve è Del Piero"

Come anticipato ieri in tarda serata dalla redazione, ecco la lunga e completa intervista della Gazzetta dello Sport al tecnico della Juventus Luigi Delneri. Il tecnico di Aquileia ha parlato a tutto tondo sulle pagine della rosea.
Delneri, dica la verità: aspettava qualche rinforzo migliore nell'ultimo giorno di mercato?
«La società ha fatto quello che poteva fare, tenendo conto degli aspetti tecnici ed economici. E a me va bene così perché ho una squadra giovane con ricambi in ogni reparto».
Nessuna invidia per le operazioni del Milan?
«Il Milan ha preso campioni che nessuno immaginava, ma soltanto il tempo dirà chi ha fatto bene e chi no. Io ricordo che un anno fa tutti elogiavano la campagna acquisti della Juventus. Dopo le prime partite sembrava in grado di competere con l'Inter, poi sappiamo come è finita».
Chiellini, però, ha detto che le milanesi partono davanti a voi...
«Sono d'accordo, perché avevano già una buona struttura. Noi partiamo
dietro, ma ce la giocheremo ogni partita».
A mercato chiuso, qual è il reale obiettivo della Juventus?
«Dobbiamo raggiungere un posto per la Champions in qualsiasi maniera, perché lo esige la storia della Juventus».
Però non è un bel segno ricevere tanti rifiuti: Di Natale, Borriello, Kaladze...
«Calma. Nessuno ha rifiutato la Juve. Di Natale aveva già rifiutato il Napoli per una scelta di vita perché voleva rimanere a Udine, Borriello ha preferito un’altra squadra per motivi contrattuali, mentre per Kaladze il discorso è diverso. Ma tutti gli altri sono venuti di corsa, come Quagliarella, dimostrando di amare questa maglia».
Rinaudo e Traoré sono rinforzi da Juve?
«Sono le alternative che cercavamo in difesa per completare l'organico senza creare problemi ai titolari, perché oggi il titolare a sinistra è De Ceglie, mentre al centro avevamo già Bonucci e Chiellini, due nazionali».
Nessun rimpianto, quindi, per chi non è arrivato?
«Pensavo che arrivasse Kolarov, ma non è stato possibile e quindi ripeto che sono contentissimo dei giocatori che ho. Per me sono i migliori e non li cambierei con nessuno».
Non era meglio prendere due campioni in più e qualche gregario in meno?
«Ma chi ci assicura che un campione avrebbe risolto tutti i problemi?
E poi la qualità l’abbiamo già visto che siamo pieni di nazionali. Senza dimenticare Aquilani, che in Nazionale ci può tornare».
Non teme, invece, di rimpiangere chi è partito, come Diego?
«Il discorso su Diego è più ampio, riguarda anche l’aspetto economico e coinvolge la società. Ma siamo tutti allineati».
Diego ha attaccato Marotta, aggiungendo che lei vuole una Juve con uomini ordinati, impegnati a giocare semplice...
«Tocca alla società rispondere. Io dico soltanto che Diego è un ottimo giocatore e gli auguro di avere successo in Germania, ma con Quagliarella abbiamo più presenza in area di rigore. E poi il nostro Diego si chiama Del Piero».
Ma Del Piero non ha più l'età di Diego...
«Che cosa c’entra? Doni a 35 anni con me ha giocato 30 partite nell’Atalanta e ha segnato 12 gol».
Vuol dire che Del Piero parte titolare?
«Io non assicuro il posto a nessuno. Del Piero è un giocatore della Juve e l’importante è che stia bene, poi si vedrà».
I tifosi, però, lo invocano sempre: può essere un problema lasciarlo fuori?
«Io non tolgo i sogni ai tifosi. E' giusto che invochino Del Piero, come hanno invocato Trezeguet, ma nessuno mi può condizionare. Io non mi sposto dalle mie idee, perché non ho paura di niente».
Ma se lei avesse Platini, lo ingabbierebbe nel 4-4-2?
«Io non ho Platini e quindi il discorso è inutile. Purtroppo nel calcio esistono le etichette e i luoghi comuni. E infatti dopo tanti anni c’è ancora chi pensa che Rocco sia stato un catenacciaro, mentre il suo Milan giocava con 5 attaccanti».
Lei non prevede deviazioni dal 4-4-2?
«Il 4-4-2 è la base, ma in corsa può diventare 4-2-4 o 4-1-3-2. L'importante non è il modulo ma la mentalità della Juventus, e quella non deve cambiare mai, a prescindere dai giocatori in campo».
Le dà fastidio lo scetticismo che la circonda?
«Anche Mandela era diffidente quando fu liberato, perché temeva ancora di essere ammazzato. Per la verità, io ho avvertito molto calore attorno a me. Ma a chi è scettico, dico che ha ragione perché ci dobbiamo conoscere, anche se i numeri della mia carriera sono dalla mia parte: in particolar modo l’anno scorso quando non sono arrivato ultimo, ma 12 punti davanti alla Juventus».
Quindi non ha paura di pagare per tutti,comeè successo nelle ultime due stagioni a Ranieri e Ferrara?
«Io non penso mai a queste cose, sennò farei un altro mestiere».
A mente fredda, come spiega la falsa partenza a Bari?
«Con una parola: affaticamento. Avevamo giocato troppe partite in pochi giorni con molti viaggi e qualcuno ha pagato, dopo i primi 25' buoni. All’inizio ci sta, ma i conti si fanno alla fine. Nel calcio può capitare quello che pensano in tanti, ma può capitare anche quello che pensano in pochi. E ritorno al campionato scorso quando la Roma, dopo una rimonta incredibile, quasi sicuramente avrebbe soffiato lo scudetto all’Inter, se non avesse perso in casa contro la mia Sampdoria».
La preoccupa la serie di infortuni?
«No, perché con il mio staff in tre anni non abbiamo mai avuto infortuni muscolari. Per la ripresa dovrebbero essere tutti pronti, spero anche Amauri. L'unico fuori è Martinez, ma perché ha preso una botta a Bari».
Perché ha voluto Martinez per farlo giocare esterno nel 4-4-2?
«Perché è un giocatore con grandi qualità che diventerà importante. E poi nella sua nazionale giocava già esterno a quattro».
Aquilani e Marchisio potrebbero giocare insieme? «Prima o poi sì, perché sono due ottimi giocatori che possono integrarsi benissimo in mezzo al campo. Ma io punto molto anche su Felipe Melo che vorrei recuperare perché non mi sembra un disperato coi piedi».
L'Europa League è un peso o un obiettivo?
«Se fosse un peso, saremmo già usciti. Basta guardare le squadre che partecipano, dal Liverpool al Manchester City, per capire che non è una coppetta. Noi siamo Juve e puntiamo anche all'Europa League».
Dove però non potrà schierare Quagliarella...
«Ma avremo Amauri, Del Piero e Iaquinta».
Alla ripresa del campionato come saluterà Cassano: stretta di mano o abbraccio?
«Abbraccio, sicuro. Mi ha anche invitato al suo matrimonio. Con lui ho un rapporto ottimo, Antonio è un bravissimo ragazzo che l’anno scorso ha capito di poter dare di più».
Può essere lui il nuovo leader della Nazionale?
«Le qualità tecniche non gli mancano. L'importante è non chiedergli rientri, perché deve stare vicino alla porta. Se gioca negli ultimi 20 metri è uno da 15-20 gol all'anno».
E' più difficile gestire Cassano o Del Piero?
«Sono due ragazzi diversi. Antonio è più esuberante, Ale più sereno, ma io non ho avuto problemi con nessuno dei due».
Ha paura che Cassano le faccia uno scherzetto la prossima giornata?
«Il problema è che nella Sampdoria non c’è solo Cassano. Pazzini è un attaccante straordinario, forte fisicamente, e i due si completano alla perfezione».
Che cosa ha provato quando ha visto la Sampdoria contro il Werder Brema? "Ho sofferto tantissimo per l'eliminazione perchè so quanto ci tenevano tutti a entrare in Champions. Sono rimasto molto legato a Genova e spero un giorno di lasciare lo stesso affetto a Torino"