BERNARDESCHI A JTV: "Champions competizione a parte. Il momento più bello l'ingresso in campo. Pagelle? Non le leggo"

04.10.2019 14:27 di  Edoardo Siddi  Twitter:    vedi letture
BERNARDESCHI A JTV: "Champions competizione a parte. Il momento più bello l'ingresso in campo. Pagelle? Non le leggo"
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Federico Bernardeschi on the road. Su Juventus Tv si sale in auto con il numero 33 della Juventus che, chiacchierando con Claudio Zuliani, si racconta a tutto tondo. Dal calcio alla vita. 

Bernardeschi: "Quando sei bambino il calcio è solo un gioco. E' un divertimento. Poi quando cresci, piano piano, capisci che puoi farne la tua professione e il tuo lavoro, ma la cosa importante, e direi che vale per tutti quelli che fanno della propria passione il proprio lavoro, è che siamo fortunati. Facciamo quello che ci piace tanto".

Zuliani: "C'è stato un momento in cui hai pensato "Basta, non è più un divertimento, ma è la mia vita"?"

Bernardeschi: "È molto più naturale di quanto si possa pensare. E' tutto un succedersi di cose, quindi tocchi con mano che la tua passione è il tuo lavoro. È molto naturale come cosa, però ovviamente ci pensi".

Zuliani: "La vita quotidiana, però, non cambia: ti svegli, caffè, poi allenamento. Tu sei uno abitudinario?"

Bernardeschi: "Sì, abitudinario. Caffè amaro senza zucchero".

Zuliani: "Moka?"

Bernardeschi: "No, ho le cialde (sorride, ndr). Però amaro assolutamente. Poi una bella colazione ricca di tutte le fonti di cui abbiamo bisogno, perché l'alimentazione è fondamentale nello sport e io ci tengo molto a questo".

Zuliani: "Perché giustamente va bene la passione, ma questo è lavoro. E la colazione mica puoi farla come decidi tu!"

Bernardeschi: "Esattamente. O almeno, io a queste cose tengo molto".

Zuliani: "Se dovessi dare un consiglio a un ragazzo, quindi, sarebbe questo? Essere perfezionisti e anche un po' maniacali?"

Bernardeschi: "Assolutamente sì. O almeno dedicarsi al 100% alla propria passione e a ciò che si ama fare, che può essere il calcio o qualunque altra cosa. L'importante, però, è dedicarsi al 100% ed essere soddisfatti di quello che si fa".

Zuliani: "No pain, no gain. Ci vuole il sacrificio".

Bernardeschi: "Esattamente questo".

Zuliani: "Tu sei molto  preciso anche nella vita privata. Anche nella casa, per esempio, che ti sei arredato da solo. C'è un pezzo particolare, con una storia particolare?"

Bernardeschi: "Ce ne sono tanti. Io sono anche appassionato di arte, mi piace molto la street art. Mi piace perché l'arte è qualcosa che esprime emozione, gioia, e tutto quello che un artista vuole esprimere in quel momento e l'attimo dopo non c'è più. Quindi l'arte rappresenta a racchiude l'artista in quel momento preciso".

Zuliani: "Federico, quando vai all'allenamento la mattina, i tuoi due cani cosa fanno? "

Bernardeschi Stanno in casa e stanno benissimo. Si arrabbiano un po' quando vado via, soprattutto il maschio, Spike. Per esempio quando vado via non mi saluta. Sono due bulldog inglesi, io li amo perché sono buffi. Tu li vedi, faticano a fare tutto, non hanno voglia di fare niente. Si godono la vita, devi stimolarli anche per uscire! 

Zuliani: "Quando vai a fare i tuoi viaggi, invece?"

Bernardeschi: "Una volta li ho portati con me. Però mi dispiace tanto perché loro soffrono quando sono lontani da casa. Quindi ho trovato la soluzione: quando noi andiamo via c'è una signora che sta con loro, ormai sono affezionatissimi, stanno benissimo, e restano a casa loro in modo molto tranquillo. Così non gli creeiamo squilibri". 

Zuliani: "Questi viaggi che hai fatto nei momenti liberi, quindi pochi, sono completamente diversi tra loro. Route 66, Disneyland, poi il mare. Sono tre anime diverse?"

Bernardeschi" No, l'anima è sempre una, la mia. Ci sono, però, circostanze. Due anni fa abbiamo avuto un periodo più lungo per fare le vacanze, quindi ho deciso di andare oltreoceano. Non sempre, però, si hanno tutti quei giorni. Ho fatto tutta la Route 66 in macchina, vedi dei posti incredibili e ci lasci un pezzo di cuore". 

Zuliani: "Con la chitarra?"

Bernardeschi: "Sì, suonicchiando diciamo (ride, ndr). Sto un po' imparando, ma la chitarra è bella quanto difficile e soprattutto quando sei all'inizio e perdi un po' la mano ci metti tanto a riacquistarla. Dovresti farlo tutti i giorni e io purtroppo non ho ancora il tempo. Sono ancora agli inizi, però ho iniziato subito forte con Wish You were here dei Pink Floyd. Ho voluto impararla subito perché è la mia canzone preferita e ci ho messo molto di più. A ma piace la musica bella, quando sento una canzone bella mi emozioni".

Zuliani: "Quindi non solo pesante, anche il rock melodico".

Bernardeschi: "Assolutamente! Anche il jazz, il blues, poi quando mi appassiono alla canzone la ascolto finché non mi viene a noia e allora devo lasciarla lì per un mesetto e mezzo e poi la riascolto".

Zuliani: "Tu quindi sei uno di quei calciatori che ha la sua compilation..."

Bernardeschi: "No, no, non ho una compilation preferita. Metto casuale sul telefono perché anche lì ogni giorno è diverso. Ogni giorno non puoi avere le stesse sensazioni di quello prima o dopo, quindi vado in mano al destino".

Zuliani: "Quindi la cambi per il tuo momento e non per la partita che stai per affrontare?"

Bernardeschi: "Sì, esatto. Io davvero metto casuale e tutto quello che mi arriva ascolto. Poi quando ho una canzone nuova la ascolto tante volte perché la voglio imparare". 

Zuliani: "Quindi se prima di entrare in campo ti esce un lento è una partita leggera e se ti esce un pezzo rock è Juve-Spal con dentro un gol pazzesco al volo?"

Bernardeschi: "Esatto (ride, ndr). C'è una playlist, ma è di 100 canzoni e di quelle 100 sono tutte adatte al pre-gara".

Zuliani: "Quindi non sei scaramantico?"

Bernardeschi: "No, non lo sono. Mi faccio il segno della croce perché credo molto in Dio ed è un po' come se mi accompagnasse in quel momento".

Zuliani: "E tra l'altro questo si lega anche alla scelta del tuo numero di maglia, il 33, giusto?"

Bernardeschi: "Assolutamente sì".

Zuliani: "Tu sei passato da 29 a 10 a 33. Alla fine che numero sei?"

Bernardeschi: "Non lo so (ride, ndr)".

Zuliani: "Dicono che i numeri non contano più niente. Io sono nato in un calcio che non credo tu possa ricordartelo, in cui il 5 era lo stopper, il 9 il centravanti... Ora siete esterni, difensori centrali..."

Bernardeschi: "Perché il calcio ormai si è talmente evoluto che non si può stare più dietro a queste cose. Prima era tutto molto più definito, più schematico...".

Zuliani: "Il giorno dopo te le leggi le pagelle?"

Bernardeschi: "Sinceramente: no. Io credo fortemente in una cosa: un giocatore sa benissimo quando ha fatto bene e quando ha fatto male. Giochiamo da così tanti anni che ogni giocatore è normale sappia com'è andata la partita. Fa piacere quando vedi che parlano di te e ti fanno i complimenti, ma fanno anche piacere le critiche, perché da una critica c'è sempre qualcosa di costruttivo. Questo ovviamente quando sono critiche costruttive e non per cattiveria".

Zuliani: "Con i social come sei messo? Leggi i commenti?"

Bernardeschi: "Ringrazio sempre le persone che mi stanno vicine e sono tante e di questo sono felice. Secondo me non si devono amare i complimenti e odiare le critiche, sarebbe troppo facile".

Zuliani: "Tanto poi alla fine decidiamo noi, decidi tu. Sulla tua vita, sui tuoi tatuaggi. A proposito, come fa i tatuaggi uno come me che ha paura dell'ago?"

Bernardeschi: "Si vince come tutte le paure: affrontandole. Le paure si vincono solo così. Io credo che nelle paure ci sia una grande opportunità, perché è la paura che ti spinge ad affrontare certe cose. C'è un vecchio che dice: "La paura bussò alla porta e aprì il coraggio". Noi ci fossilizziamo molto sulla paura, ma in quel momento lì, quando hai veramente paura, non è come te lo eri immaginato. Le sensazioni che provi sono diverse. Tu non puoi vivere un momento immaginandolo nella tua testa. Devi viverlo davvero".

Zuliani:"Tu hai tatuaggi che ricordano momento speciali?"

Bernardeschi: "Sì, assolutamente. Io ho un braccio tutto dedicato alla mia fede".

Zuliani: "E' stato il primo tatuaggio?"

Bernardeschi: "Il primo è stato il Padre Nostro qui (sul costato, ndr). E da lì si sono evoluti in tante cose. Ora ho la schiena tatuata, che è l'ultimo che ho fatto. Ci sono due angeli che mi proteggono e mi guardano le spalle e poi ho armature di vecchi guerrieri. È la parte strong. Poi ci sono molte decorazioni, a me piace un sacco".

Zuliani: "Te lo ricordi Federico Bernardeschi quando ha esordito a 6 anni nell'Atletico di Carrara?"

Bernardeschi: "Me lo ricordo sì! Avevo una voglia di giocare pazzesca, quindi ho bellissimi ricordi di quando ero bambino".

Zuliani: "Era un calcio organizzato? Eravate ordinati?"

Bernardeschi: "Macché ordinati! Tutti inseguivamo il pallone e chi ce l'aveva aveva dieci bambini che gli andavano dietro. Però era il calcio vero, perché giocavi sulla terra, sui sassi, sull'asfalto, e non ti interessava niente. Mi dispiace tantissimo il fatto che ci sono davvero pochi bambini che giocano per le strade. Secondo me si dovrebbe tornare a farlo, però i tempi sono cambiati. C'è meno fiducia negli altri. Quando ero bambino io io dicevo a mia mamma "vado a giocare" e rientravo alle 8 di sera e lei non si preoccupava. Se c'era qualsiasi problema c'era la vicina o nel quartiere ti conosceva".

Zuliani: "Ci stiamo avvicinando alla Continassa, c'è una cosa che mi ha sempre incuriosito. Quando c'è una partita o magari più partite in settimana, cambia totalmente il vostro modo di lavorare o no?"

Bernardeschi: "Ovviamente sì, perché non hai modo di lavorare. Giocando ogni tre giorni hai bisogno più del recupero che del lavoro. Quando giochi una partita spendi energie importanti. Tu giochi, il giorno dopo scarico, poi chi non ha giocato si allena perché deve integrare. Il giorno dopo ancora, 48 ore dopo la partita, è il giorno peggiore. Acido lattico, tossine nei muscoli, e devi espellere queste cose. Poi il giorno dopo ancora giochi! Lì le prepari tatticamente, ma non puoi lavorare a livello fisico. E' più un lavoro mentale e di concentrazione". 

Zuliani: "Immagino che in campo, poi viviate emozioni grosse che valgono la pena".

Bernardeschi: "Sì. La cosa più bella per me è l'entrata in campo, perché ti fa rendere conto della passione della gente in quel momento. E ovviamente anche noi, perché abbiamo adrenalina, voglia, carica. L'entrata è un insieme di energie belle che si concentrano per un solo risultato: la vittoria. Quindi è un momento fantastico".

Zuliani: "Meglio quel gol lì pazzesco che hai segnato alla Spal o una partita magari di Champions al Mestalla, noi in dieci e tu che recuperi, fai sombreri, sforni assist. Meglio di battaglia o col gran gesto tecnico?".

Bernardeschi: "Per me, personalmente, meglio quella di Valencia. Perché il gol è importante per te e per i compagni, ma è quando c'è il sacrificio comune e la voglia di vincere di squadra che è molto bello. La Champions è davvero una competizione a parte, non è un modo di dire. Ci sono mille fattori dentro, i dettagli, le sfumature. A parte che incontri tutte le squadre più forti d'Europa, ma poi in un secondo cambia tutto. Perché hai giocatori così bravi davanti, che in un secondo può cambiare tutto. Lo sforzo spesso è molto mentale, infatti quello che io dico è che basta vedere le partite passate. Il Liverpool col Barcellona, per esempio. Questo succede solo in Champions. Perché hai due squadre di pari livello e in un secondo può cambiare tutto. Questo è il bello della Champions e per questo è così difficile vincere.a Fino alla fine forza Juventus, come sempre".

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