A MENTE FREDDA - Agnelli perché insisti? Allegri e la sfida già persa

Uno dei punti più bassi della storia bianconera. Prima di metà ottobre, la Juve è fuori quasi da tutto. La sconfitta di Haifa praticamente è sinonimo di eliminazione dalla Champions, con il rischio di non entrare nemmeno in Europa League. Corsa scudetto compromessa e attenzione al quarto posto. Il momento è talmente delicato che Agnelli torna davanti alle telecamere. Il Presidente parla di vergogna, chiede scusa ai tifosi, ma conferma Allegri. Addirittura fino al termine della stagione. “La colpa non è di un singolo, ma di tutti”. Senza dubbio. Ma è altrettanto vero che in questi casi paga l'allenatore, in quanto capo di una truppa ormai allo sbando totale. Per il momento l'unico provvedimento (punitivo?) è il ritiro fino al derby. Misura atavica e non da grande club. Situazione apparentemente irreversibile, difficile immaginare che questo gruppo sia in grado di uscirne. Almeno con la guida tecnica attuale.
Niente esonero dunque, almeno sulla carta. Mandarlo via sarebbe anche un'ammissione di colpa, fermo restando il costo elevatissimo che comporterebbe l'esonero. Dimissioni? Il diretto interessamento non pensa minimamente di lasciare la panchina, anzi: “La sfida quando si fa difficile è più bella”. Per vincere le sfide però c'è bisogno di gente disposta a sacrificarsi per la causa. Tra Allegri e i giocatori invece manca la connessione, il feeling, l'alchimia. La squadra ormai è totalmente passiva contro qualsiasi avversario, anche di categoria notevolmente inferiore. I giocatori sembrano impotenti, smarriti, palesando un distacco imbarazzante dalla realtà del momento. E già per questo Allegri ha perso la sua sfida, iniziata a dire il vero dalla passata stagione, quando proprio il presidente Agnelli lo ha fortemente rivoluto alla guida della squadra. Sabato c'è il derby. Con un'altra caduta sarebbe difficile continuare con Max.