Gli eroi in bianconero: Massimo BRIASCHI

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
21.05.2021 10:28 di Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Massimo BRIASCHI
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MASSIMO BURZIO, “HURRÀ JUVENTUS” DELL’AGOSTO 1988
In tre anni (dal 1984 al 1987) ha vinto quello che altri calciatori neppure riescono a sfiorare in tutta una carriera. Un palmarès esaltante, quasi unico nella storia del calcio tanto è concentrato e meritato, non fosse altro per il prezzo pagato da Briaschi. A ogni vittoria, infatti, si è accompagnato un infortunio e a ogni faticosa convalescenza un ulteriore incidente e il relativo, faticoso, recupero.
Se, quindi, Briaschi ha avuto molto dal calcio, altrettanto ha dato in termini di sfortuna e soprattutto ogni vittoria è stata duramente ridimensionata da incidenti assortiti.
Così Briaschi non ha potuto lasciare nella storia juventina una traccia maggiore di quella abitualmente concessa a coloro che da comprimari contribuiscono al successo finale.
Poteva, però, essere un leader, il bravo Massimo. Poteva e voleva dare di più e non lasciare la Juventus in silenzio, quasi in punta di piedi e con la certezza di essere assai poco rimpianto dai tifosi.
E neppure al Genoa, dove Briaschi si è trasferito dalla scorsa estate, c’è stato quell’atteso quanto oramai sempre più desiderato, ritorno ai livelli di rendimento accettabili.
Oggi c’è soprattutto da augurare a Briaschi un futuro migliore del recente passato; e cioè un futuro che permetta al buon Massimo di ritrovare quella forza e quella grinta che il fisico ritrovato nella sua efficienza gli permetterebbe nuovamente di mettere in mostra, ma che probabilmente sono frenate e coperte da strane remore psicologiche.
Briaschi, forse, è quindi da recuperare nel morale più che atleticamente. L’augurio è quello di farcela a tornare quello di un tempo. Un tempo, oltretutto, neppure troppo lontano.
Nato il 12 maggio del 1958 a Lugo di Vicenza, Massimo Briaschi inizia a giocare a calcio nelle giovanili del Vicenza. In maglia biancorossa si conquista presto il nome di nuovo Rossi e molti pronosticano una carriera anche migliore (squalifica a parte, ovviamente) di quella del Pablito nazionale che a Vicenza aveva ed ha ancora oggi più di un amico ed estimatore.
Dal 1975 al 1981 Briaschi entra nei ranghi della prima squadra del Vicenza. Punta abile sia sulle fasce sia al centro dell’attacco, buon rapinatore d’area dal tiro secco e bruciante, Briaschi si fa valere anche nel gioco aereo nonostante non sia dei più alti. Il fisico è ottimamente costruito, armonico, con leve proporzionate e adatte sia allo scatto breve sia alla corsa lunga.
Il periodo vicentino di Briaschi termina nel 1981 quando è trasferito a Genova. Briaschi ritrova il rossoblu, lo stesso colore che aveva vestito con il Cagliari, in una breve parentesi nel 1979-80.
Nel Genoa, Briaschi mostra ancora molte qualità, ma soprattutto diviene ciclicamente l’uomo del mercato estivo.

Sono molte, infatti, le società che cercano di assicurarsi il bravo Massimo.
Alla fine ci riesce la Juventus che nel 1984 chiama Max alla sua corte. Intanto Briaschi è diventato titolare della Nazionale Olimpica che a Los Angeles conquista un 4° posto di assoluto prestigio (e, certamente, il piazzamento avrebbe potuto essere migliore se l’avventura olimpica fosse stata intesa da tutta la squadra azzurra con uno spirito meno turistico). Così Briaschi a causa degli impegni azzurri arriva alla Juve a preparazione già iniziata.
Ricordo di essere stato tra i primi a intervistarlo e ancora mi viene in mente quella sua concreta umiltà, che subito lo fece apprezzare da Trapattoni e dai compagni.
Diceva, infatti, Massimo: «Vada come vada. Alla Juve sono per imparare e soprattutto sono convinto di essere arrivato al top della mia professione».
Molti, come detto, gli infortuni: addirittura a Bruxelles, contro il Liverpool, gioca con un ginocchio che in altri momenti sarebbe immediatamente da operare. Ma Briaschi stringe i denti e scende in campo. Così avviene in tante altre occasioni.
Il rendimento, inizialmente scintillante, cala sempre di più. Briaschi conosce la panchina, la accetta in silenzio e con disciplina. Quando scende in campo, ormai, il pubblico accompagna ogni sua giocata con un boato di disapprovazione.
Il giocattolo si è rotto. È tempo di andare via, anche perché la Juve cerca ed ha cercato altre strade in attacco. Per Briaschi di nuovo illusioni e molta, cruda e spietata, realtà.