Gli eroi in bianconero: Luigi PASETTI

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
09.09.2021 10:23 di Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Luigi PASETTI
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Alla Juve arriva ventiduenne – scrive Gianni Giacone su “Hurrà Juventus” del novembre 1972 – dalla Spal, che è da sempre fucina di campioni: come terzino ha dimostrato subito di saperci fare, tanto che il suo nome figura nella lista di Bearzot tecnico della «Under 23». Ma il suo è un arrivo quasi in punta di piedi: si capisce che i tifosi parlano degli acquisti-boom, di Haller e di Anastasi vale a dire, e che il nome di Pasetti compare solo in secondo piano.
Il fatto è che si sta forgiando una Juve tutta nuova: arrivata l’anno prima (‘67-68) al prestigioso traguardo della semifinale di Coppacampioni, la società bianconera chiude un ciclo di transizione e ne apre un altro che si vorrebbe subito di trionfi almeno caserecci.
In questa squadra dal tessuto nuovo per cinque undicesimi Pasetti, difensore che pure non disdegna le sgroppate fluidificanti, cerca con impegno un posto al sole, e talvolta lo trova. Ma è tutt’altro che semplice: il reparto arretrato è il meno toccato dalle novità, a parte l’anziano e pacato Giuliano Sarti, portiere alla terza o quarta giovinezza, l’unico nuovo e praticamente proprio lui, Pasetti. Gli altri, dal «libero» Tino Castano allo stopper «Roccia» Bercellino, sono ancora quelli del tredicesimo scudetto.
Naturale che Heriberto confermi il blocco, almeno in partenza. E tuttavia per Pasetti viene il momento buono: infortuni in serie tolgono di mezzo qualche titolare sin dalla fase precampionato, sicché a Bergamo, «prima» di campionato, Pasetti è il terzino destro della Juve che fa intravedere mirabilie all’attacco (Anastasi realizza una doppietta memorabile) ma che è traballante alquanto, ohimè, proprio in difesa. Finisce tre a tre, no, non ci siamo proprio; prima, difesa imperforabile ma poca forza penetrativa davanti, adesso problemi opposti.
Chiaro che in questo non c’è solo la responsabilità dei difensori, men che mai di Pasetti: il centrocampo, quello delude alquanto, la mancanza di un uomo che sostituisca degnamente Cinesinho si fa sentire, e invano si chiede all’uno o all’altro di svolgere l’ingrato compito di giocare a tutto campo. Benetti e lo stesso Haller non trovano la giusta posizione, sicché si va avanti alla meno peggio, anche se la classifica è più che dignitosa. E Pasetti? Heriberto lo avvicenda per qualche partita con Roveta, e lo porta al suo fianco in panchina. Due, tre partite come tredicesimo inutilizzato e poi, finalmente, il rientro. Che coincide con un derby vinto, niente di meno. Diciassette novembre, Juventus subito in vantaggio con Menichelli e Toro arrembante che non passa fino all’intervallo.

E quando finalmente riesce a segnare con l’«ex» Combin, ecco che si scatena Anastasi: il suo gol risolve la partita all’88’, ma c’è stata gloria anche per Pasetti, che ha svolto su Facchin un lavoro niente male.
La gente comincia ad apprezzare questo oscuro faticatore che corre in modo atipico, pare quasi che inciampi ad ogni passo, e intanto costringe la «sua» punta a recuperi avventurosi. Sette giorni dopo il derby c’è la matricola Pisa al Comunale, è un incontro facile facile sulla carta, ma i toscani difendono bene, guidati dalla vecchia volpe Gonfiantini. Le punte bianconere pare proprio che non riescano a passare: ma tranquilli, ci pensa «El Paso» con una delle sue discese «alla Furino» conclusa da un tiro-cross che beffa il portiere pisano. Roba da non credersi: ma intanto non è che la fortuna lo assista, visto che proprio nell’incontro che lo scopre nell’inedita veste di realizzatore gli capita di buscarsi qualche calcione di troppo. Niente di grave, ma la caviglia malconcia gli impedisce di giocare a Napoli, e quando rientra, contro il Milan, le cose si mettono di nuovo male, per lui e per la Juve. Deve marcare Hamrin, ma «El Paso» davvero non c’è, lo scadimento di forma è addirittura incredibile, o forse è solo questione di concentrazione, il fatto è che quando finalmente l’ex-spallino riesce a prendere le misure del milanista, questo ha già avuto tempo e modo di segnare la rete decisiva.
Un caso? Macché, per Pasetti è proprio un momento gramo, la domenica dopo tocca a Bui, a Verona, metterlo nei guai. Fortuna che il momentaccio finisce qui: la parte centrale del torneo, infatti, lo vede rigenerato in una difesa che riacquista poco per volta l’antica solidità: per Pasetti non mancano le occasioni per meritarsi elogi; a Firenze, per esempio, in una giornata in cui molti juventini giocano maluccio e pasticciano, Pasetti è tra i migliori in campo. E bene si comporta anche la domenica dopo, nel turno casalingo con la Sampdoria.
La stagione si avvia al termine senza eccessivi scossoni, e per «El Paso» vengono momenti interessanti alquanto, vedi partita col Milan a San Siro, dove Heriberto, senza ali di ruolo da affiancare a Menichelli, lo schiera col numero sette. Chiaro che Pasetti non può fare i miracoli, terzino era e terzino rimane, ma qualcuno trova che come «jolly» potrebbe forse essere la trovata buona per il campionato successivo...
Macché; ricordate tutti come andò a finire, è storia di ieri. L’anno dopo cambia di nuovo tutto, con la speranza che sia davvero la volta buona. E Pasetti viene dirottato al Sud, da dove ritorna nel contempo all’ovile Furino già detto Furia, che a Palermo si è consacrato campione di rango.
Per «El Paso» la Juventus è già dietro l’angolo...