Gli eroi in bianconero: Liam BRADY

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
21.02.2023 10:18 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Liam BRADY
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© foto di Simone Lorini

DARWIN PASTORIN, DAL “GUERIN SPORTIVO” DEL 13 AGOSTO 1980
Liam Brady e la Juventus si sono amati a prima vista. È stata davvero una «corrispondenza d’amorosi sensi». Cinquemila persone, per la vernice di Madama a Villar Perosa, hanno applaudito a lungo l’irlandese, che ha dato subito buona mostra di sé: sinistro magico, lancio lungo, intesa già magnifica con Roberto Bettega. I venditori di gagliardetti e bandiere bianconere hanno fatto affari d’oro grazie a questo irlandese silenzioso, un po’ timido, che non perde mai l’occasione per applaudire la prodezza di un compagno. Le bancarelle, ai bordi del campo, portavano scritto: «Esaurite le foto di Brady». L’amarezza-Maradona è già stata dimenticata. Un tifoso antico della Juve ha gridato all’avvocato Agnelli, immancabile all’appuntamento della «prima» di Madama: «Grazie per averci acquistato questo gran giocatore». Lo stesso Gianni Agnelli, festeggiato calorosamente dai tifosi, si è espresso in termini lusinghieri nei confronti del centrocampista: «Brady sa giocare al calcio, è un uomo d’ordine che col sinistro fa veramente quello che vuole. Non è molto veloce, ma si fa vedere in ogni zona del campo».
La benedizione dell’avvocato vale oro. Brady davanti a un simile attestato (una specie di laurea ad honorem pallonara) si è lasciato scappare un lieve sorriso. Dichiarazioni ditirambiche: l’irlandese veste già stile Juve... Anche Giampiero Boniperti ha visto un Liam Brady in gran forma. Solitamente parco di parole e di giudizi, il presidente si è sbottonato, segno evidente che questo Brady piace davvero (non è quindi, come hanno affermato certi maligni, soltanto una soluzione di ripiego...). Boniperti ha detto: «Brady mi ha molto soddisfatto. D’altronde, non lo scopriamo certo noi ora. In Inghilterra ha giocato più di duecentocinquanta incontri, segnalandosi sempre come un giocatore utile e continuo. Bene, davvero bene questo Brady: i compagni lo cercano e lui ha per tutti palle bellissime, lanci in profondità da primo della classe».
Liam Brady si è già inserito perfettamente nel tessuto bianconero. Il suo fair-play, tipicamente anglosassone, ha conquistato i tifosi. Pier Carlo Perruquet, capo carismatico dei supporters bianconeri, ha detto: «Brady, dopo che lo avevamo accolto trionfalmente al suo arrivo, all’aeroporto di Caselle, ci ha telefonato alla sede del “Club Torino” per ringraziarci. È veramente un ragazzo eccezionale. Per noi è già un beniamino. Ancora una volta Boniperti ha visto bene».
In campo, Liam ha parole di stima per tutti. Chiama i compagni con nome di battesimo o col nomignolo di battaglia: «Franco», «Cuccu», «Bobby». La sua intesa con Bettega, parole e musica di Giovanni Trapattoni funziona già a meraviglia. «Tra i due, che parlano lo stesso linguaggio calcistico – ha avuto modo di dire il Trap – certe giocate vengono spontanee. Due fuoriclasse sanno trovarsi anche a occhi chiusi. Non servono le tattiche o le alchimie».
Liam Brady e la Juventus, insomma, è già un grande amore. E, a detta di molti, non sarà soltanto una parentesi estiva, un approccio destinato a concludersi alle soglie dell’autunno. Brady e la Juve vogliono amarsi follemente per tre lunghe stagioni (il periodo cioè, della durata del contratto dell’irlandese) senza mai ombra di peccato o di tradimento. E poi, si sa, Madama non perdona gli amanti infedeli. È fatta così. Vecchia sì, ma non in menopausa... Al contrario, come tutte le «jeunes filles en fleur» di una volta, Madama è per i lunghi sodalizi anche se sa che in questo modo si rischia di sfilacciare il rapporto. Meglio un rapporto sfilacciato ma vissuto intensamente e a lungo, però, di un colpo di fulmine che si conclude nel breve spazio di pochi mesi: questo può essere accettato da chi non ha la classe di Madama. Lei invece, profumata e vestita con grande chic, si concede sì ma solo a chi la merita e Brady, questo irlandese dagli occhi chiari come l’acqua di un fiume di montagna, indubbiamente la merita.

Brady è un regista giovane, ma calcisticamente maturo; arriva in Italia con etichetta irlandese, ma rivela ben presto insospettate capacità di adattamento che gli consentono di inserirsi senza problemi nella squadra bianconera. Col suo arrivo nella Juventus ricompare il regista, giubilato da Trapattoni dopo la partenza di Capello e interpretato in seguito, seppure in modo anomalo, da Benetti e Furino.
Così la Juventus torna a una manovra ordinata, basata sulla ricerca di impostazioni logiche e razionali, anche se il ritmo non eccezionale dell’irlandese riduce in parte le accelerazioni. «Con quel sinistro potrebbe scappare di prigione», aveva scritto un reporter londinese, non privo di humour.
Investito nei primi giorni da una curiosità che sfiora aspetti morbosi, Liam si rifugia ben presto in un rapporto formalmente ineccepibile, ma che poco concede all’interlocutore. Soluzione necessaria e appropriata.
Ma ancora oggi, a distanza di anni, Brady è ricordato nell’ambiente torinese con ammirazione e simpatia. Anche per la sua vita privata Liam lascia nel ricordo tracce indelebili. Lo prova il fatto che, in perfetto accordo con la moglie Sarah, decide di far nascere a Torino la figlioletta Ella, che viene alla luce a metà gennaio 1983, quando l’irlandese già si trova a Genova, in quanto trasferito nell’estate precedente alla Sampdoria.
«Fu una fortuna, per lui, che fosse sistemato in camera, fin dal ritiro di Villar Perosa, col sacrestano delle rincorse, Furia Furino – racconta Caminiti – perché gli vennero insegnati gli stimoli alla lotta, perché riuscì a scaldarsi al fuoco dell’emulazione e cominciò a giocare alla grande, disimpegnando il suo piede mancino da vicino e da lontano, con sicura maestria. Certo, poco appariscente e, a voler essere obiettivi, spesso pigro nel corso della stessa partita: come Furia andava a soffiargli nelle orecchie con la sua voce grattata, Brady riprendeva la sua corserella, svelando doti di centrocampista di impulso ed anche di agonismo sicuramente superiori alla media».
Le due stagioni di Brady alla Juventus sono coronate dalla conquista di altrettanti scudetti. Trapattoni dirà che sono gli scudetti che sente di più come suoi, maturati nel rinnovamento di una squadra che comincia a perdere qualche grosso nome del passato (Morini, Benetti e Boninsegna) per dare spazio a giovani che si chiamano Cabrini, Farina, Prandelli, Marocchino e Galderisi, oltre al recupero di Virdis e alla progressiva affermazione di Brio. In quella squadra il sinistro di Brady, proietta di volta in volta i compagni verso il gol, lo stesso irlandese si segnala anche nei panni di goleador: 8 reti il primo anno, 5 il secondo.
Stupenda la prima stagione, anche se ci mette un po’ di tempo a prendere le misure; viene fuori il pomeriggio del 23 novembre 1980, mentre un terremoto squassava l’Italia del Sud. La Juventus gioca contro l’Inter campione in carica, con una formazione decimata dalle squalifiche volute da Agnolin, dopo un derby scandaloso. Liam segna un gol e un altro lo fa fare a Scirea. La squadra bianconera vince 2–1 e comincia, seriamente, a inseguire la Roma.
La seconda stagione è meno appariscente ma è suggellata, comunque, da un significativo finale. Il 30 aprile 1982, un venerdì, alla vigilia delle ultime tre giornate di campionato, Liam viene informato, all’improvviso, che non sarà riconfermato. «Preso Platini – racconta Giampiero Boniperti, sul suo libro “Una vita a testa alta” –, avevo un grosso problema. E un dispiacere enorme. Dirlo a Brady. Perché di stranieri ne erano consentiti soltanto due e noi avevamo già Boniek, preso in quegli stessi giorni. Brady, Boniek, Platini: uno era di troppo. Avessimo potuto tenerli tutti e tre, con Brady dietro a quei due, saremmo diventati la più grande squadra del mondo. Ho chiamato l’irlandese, dopo un’ora Liam era a casa mia: «Brady, abbiamo preso Platini. Mi rincresce». Pianse e un po’ di magone venne anche a me. A fine stagione venni contattato da Paolo Mantovani, presidente della Sampdoria, per discutere la cessione del centrocampista irlandese. Il reingaggio di Liam l’ho fissato io. E Mantovani fu d’accordo su tutto.
Ma di Brady non si può non ricordare l’ultima partita in maglia bianconera, il 16 maggio 1982, a Catanzaro, giorno in cui la Juventus conquista lo scudetto approfittando del concomitante pareggio della Fiorentina a Cagliari. Vince 1-0 la Juventus, con un rigore trasformato dallo stesso irlandese per fallo di mano sulla linea di Celestini, a seguito di un’ubriacante azione impostata da Fanna con deviazione di Rossi verso il gol. L’episodio accade a metà ripresa, con la Juventus accanitamente protesa verso la vittoria. Liam, rigorista designato, si avvia a battere dal dischetto come se non fosse l’ultima partita e l’ultimo rigore nella Juventus, con un grandissimo esempio di professionalità.
Il gol sancisce l’apoteosi bianconera ed è la rivincita morale di Brady. «Avevo due scelte, due possibilità: fare il professionista e calciare bene il rigore, oppure fare il bambino stupido e rifiutarmi di calciare o, peggio, sbagliare volutamente il tiro. Ho scelto di fare il professionista, ho tirato ed ho fatto gol».
«In quella cruciale domenica di Catanzaro – ricorda ancora Caminiti – toccò proprio a Brady battere il penalty decisivo, contro la squadra di casa, nello stadio infuocato di tifo contro. E segnò, con la gelida tristezza del professionista, confermandosi tra le figure più limpide del poco limpido calcio degli anni recenti».