SENTITE DONI: "Ho tradito lo sport. Era truccata anche la partita con la Pistoiese di Allegri. Conte? Da lui accuse prive di fondamento, ma è un ottimo tecnico"

28.01.2012 10:15 di  Redazione TuttoJuve   vedi letture
SENTITE DONI: "Ho tradito lo sport. Era truccata anche la partita con la Pistoiese di Allegri. Conte? Da lui accuse prive di fondamento, ma è un ottimo tecnico"
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© foto di Alberto Mariani

 "Ho tradito lo sport, non la mia squadra. L'omertà devasta il calcio. Era truccata anche la partita con la Pistoiese di Allegri nel 2000, però venimmo assolti". Cristiano Doni vuota pubblicamente il sacco in due distinte interviste rilasciate al quotidiano "La Repubblica" e a "La Gazzetta dello Sport". L'ex capitano dell'Atalanta racconta tutto sullo scandalo calcioscommesse. E non solo. Parla anche del rapporto difficile con l'attuale tecnico della Juventus Antonio Conte: "Fin quando è stato il mio allenatore ha avuto problemi con tanti giocatori, con me di meno. Poi mi hanno dato molto fastidio le cose che ha detto dopo che è andato via. Accuse prive di fondamento, come quella che circola in giro che avrei fatto retrocedere l’Atalanta per favorire l’avvento di Percassi. Una bestemmia. Tornando a Conte, credo che lui sia un ottimo tecnico, ma deve plasmare un gruppo a sua immagine fin dal ritiro. Cambiarlo in corsa è impossibile". 

Ecco alcuni significativi stralci:

REPUBBLICA 

Partiamo da qui. Qual è la morale della storia di Cristiano Doni?
"Non so se ce ne è una. Magari ce ne sono molte. Io spero solo che gli altri calciatori vedano quello che mi è successo e capiscano. Non siano tanto imbecilli e facciano quello che in queste ore sta facendo Masiello. È stato molto coraggioso e, diversamente da me, ha avuto l'intelligenza di denunciare tutto per tempo. Spezzare quell'omertà che sta devastando il calcio".

Se lei allora si fosse comportato come Masiello fa oggi, cosa avrebbe denunciato?
"Avrei denunciato le mie colpe che sono, ci tengo a dirlo, relative a due soli episodi: Ascoli-Atalanta e Atalanta-Piacenza".

La partita del portiere Cassano che le dice dove tirare il rigore. Come andò?
"La settimana prima giocavamo contro l'Ascoli e alla vigilia mi dissero che la gara era truccata. Io dissi ok, bene, volevo andare in A, era perfetto. Poi invece in campo mi accorsi che non era vero e infatti pareggiammo (ma mi rendo conto che il risultato, non cambia le cose). La settimana dopo c'era il Piacenza, e mi dissero nuovamente che la partita era truccata. Io non ci credevo, poi invece in campo mi accorsi che era vero. Tanto che Cassano al momento di calciare il rigore mi disse "tira centrale che io mi tuffo"".

Lui nega.
"Andò esattamente così. Tanto che io vissi anche alcuni momenti di panico, perché non sapevo che anche lui era d'accordo e ogni tanto capita che i portieri avversari cerchino di imbrogliarti... Così quando andai a battere ero davvero incerto se dargli retta o no".

A proposito di omertà. Raccontiamo una volta per tutte la verità su Atalanta-Pistoiese del 2000? Giacomo Randazzo, ex dirigente dell'Atalanta, racconta che quella partita fu una combine: un accordo nato per scherzo al ristorante durante una cena (oltre a Doni, erano presenti tra gli altri l'attuale allenatore del Milan Allegri, Siviglia e Zauri) e poi davvero attuato in campo. Lei cosa dice?
"Che sì, è così non posso continuare a dire diversamente. È un episodio lontano nel tempo, ma se qualcuno mi vorrà chiedere spiegazioni gliene darò. Ci indagarono poi ci assolsero, molti ancora oggi credono che la mia esultanza "a testa alta" sia nata da quell'episodio. Invece no: era il frutto di uno scherzo con Comandini, un gioco che si faceva da ragazzini quando uno alzava la testa e diceva "ritiro" dopo aver insultato qualcun altro".

Le sue responsabilità finiscono qui? O ci sono altri episodi?
"Ho commesso due errori, gravi, ma solo questi due errori".

Circolano voci diverse, dicono persino che lei avrebbe fatto retrocedere apposta l'Atalanta per favorire il suo "amico" Percassi nell'acquisto della società.
"È una bestemmia. Io per la maglia dell'Atalanta ho dato il sangue. E anche gli errori che ho commesso li ho commessi perché volevo riportare l'Atalanta in A. Per me era un'ossessione. Avrei fatto qualsiasi cosa. Anzi, ho fatto qualsiasi cosa. Ho tradito lo sport".

Quanti sono i calciatori che "tradiscono lo sport"?
"Molti, troppi. In B più che in A perché a parte 3 o 4 club, gli altri pagano poco, anche 20mila euro l'anno. E così i calciatori sono più corruttibili. Però in generale sono molti, sì, è un problema culturale".

Suona tanto come una scusa. Può spiegarlo questo "problema culturale"?
"Da noi c'è l'abitudine di non infierire sull'avversario, di non mandare in B un collega in pericolo se non c'è un motivo di classifica, di mettersi d'accordo. In Spagna ad esempio non è così. Da noi invece capita che in campo ti chiedano il risultato, è capitato anche a me sia di chiedere sia di avere avuto richieste. E su queste abitudini da quando hanno legalizzato le scommesse "campano" tutti: gli ingenui, gli amici, i balordi, i mafiosi. E il problema assume altre proporzioni. Ma il punto di partenza è un difetto culturale che non riguarda solo i calciatori, ma anche gli altri protagonisti, gli arbitri che vedono tutto e non fanno nulla, il quarto uomo, gli osservatori della Figc, i giornalisti... Perché non è mai successo nulla tutte le volte che un giocatore è stato inseguito negli spogliatoi dagli avversari dopo un risultato "inatteso"?".

È un difetto culturale anche non capire che tradire lo sport e tradire l'Atlanta è la stessa cosa.
"Lo so. Ma sarei un'ipocrita a dirle che non considero un'attenuante aver sbagliato pensando di favorire la mia squadra".

Ecco, infatti, non è un'attenuante.
"E io sono pentito di quello che ho fatto. Anche perché sono finito in carcere. E il carcere aiuta molto a capire i propri errori".

 

 

GAZZETTA -

Perché l’esultanza a testa alta? Non era il suo marchio per ricordare che era uscito pulito da quella accusa.
«No, guardi, c’è un equivoco. Il gesto non era riferito ad Atalanta- Pistoiese, altri hanno fatto questa equazione. A me stava bene perché in realtà mi vergognavo della verità...».

Forse è arrivato il momento di farlo.
«Beh, ha ragione. Allora, tutto nasce con Comandini e altri compagni. Durante gli allenamenti facevamo gli scemi, come tra bimbi. Sa, quando ci s’insulta e uno dice una cosa troppo spinta. Allora l’altro lo blocca, gli mette la mano sotto il mento e gli fa "Adesso ritira quello che hai detto...". Atalanta- Pistoiese non c’entrava, ma è vero che mi è rimasto addosso fino a trasformarsi in un boomerang ».

Senta, Doni. Lei è finito in carcere anche perché ha accettato di giocare una gara fasulla comeAtalanta-Piacenza. Quella del rigore tirato centrale sul suggerimento del portiere Cassano. Come è andata?
«Sette giorni prima mi dissero che contro l’Ascoli avremmo vinto per un accordo. Va bene, faccio io. Ma in campo mi accorsi che gli altri stavano giocando sul serio, capisco ora che il risultato è solo un dettaglio. Mi ripetono la stessa cosa per la gara con il Piacenza. Mentre giochiamo realizzo quasi subito che la combine questa volta era reale. Tanto che Cassano mi dice dove calciare il rigore. Lui nega? Problemi suoi. Andò proprio così».

Perché ha accettato tutto questo?
«Sono stato un imbecille e non esiste nessuna giustificazione. Sapesse quante volte me lo sono chiesto in cella. La retrocessione mi aveva segnato, mi sentivo il primo responsabile. Avrei fatto di tutto per ottenere la A. E infatti ho detto sì quando mi è stato detto che il Piacenza veniva a perdere... Ecco, non mi sono mai venduto una partita. C’è una differenza almeno in questo? Tra chi lo fa per soldi e chi per amore della propria squadra?».

Ci dica,dopo quello che le è accaduto, che cosa bisogna cambiare? Un consiglio che darebbea un ragazzo che vuol diventare un giocatore?
«Fuori tutto? Ok. In Italia molte cose sbagliate diventano la prassi. Anche nel calcio. Tanto per iniziare solo ora, dopo aver provato l’esperienza del carcere, mi vergogno di quando andavo e più spesso venivano a chiedermi di non impegnarci troppo perché a noi il risultato non serviva. In Spagna, dove ho giocato, non è così: la regolarità di una sfida è sacra. Da noi ti guardano male se fai il contrario. E sono vergognosi gli inseguimenti negli spogliatoi tra calciatori perché una squadra già retrocessa non ha perso in casa di una pericolante. E mi domando: perché nessuno fa nulla? Perché gli arbitri non sospendono una gara se si accorgono che un giocatore fa segnare l’avversario? Perché i tanti ispettori della procura federale non capiscono quello che ogni tifoso presente allo stadio intuisce? Guardi, sono la persona meno indicata per fare la morale agli altri.Hosbagliato, forse ho pagato anche oltre le mie colpe. Ma è giusto così. Doni non era un angelo, ma nemmeno il diavolo come ho letto. Però il calcio non può continuare in questo modo. Non è credibile».

E dunque al ragazzo che cosa direbbe?
«Che deve giocare pulito. Sempre. E non dare retta a chi gli chiede di barare. Anche fosse un compagno. Deve denunciarlo, far finta di nulla è grave quasi come alterare una partita. E’ una protezione indiretta. Non è facile, ma questa è la strada. Aggiungo: non prendete esempio da me, fate come Andrea Masiello: bisogna avere il coraggio di parlare e raccontare tutto il marcio nel calcio. Si può sbagliare, ma è ancora peggio non alzare la mano e ammetterlo».

Antonio Conte è andato via da Bergamo usando parole dure, parlando di strane manovre. Come è andata?
«Fin quando è stato il mio allenatore ha avuto problemi con tanti giocatori, con me di meno. Poi mi hanno dato molto fastidio le cose che ha detto dopo che è andato via. Accuse prive di fondamento, come quella che circola in giro che avrei fatto retrocedere l’Atalanta per favorire l’avvento di Percassi. Una bestemmia. Tornando a Conte, credo che lui sia un ottimo tecnico, ma deve plasmare un gruppo a sua immagine fin dal ritiro. Cambiarlo in corsa è impossibile».