SOTTOBOSCO - Buon viaggio, Piero

Andrea Bosco ha lavorato al “Guerin Sportivo“, alla “Gazzetta dello Sport“, al “Corriere d'Informazione”, ai Periodici Rizzoli, al “Giornale“, alla Rai e al Corriere della Sera.
11.03.2018 14:57 di  Andrea Bosco   vedi letture
SOTTOBOSCO - Buon viaggio, Piero
© foto di Andrea Bosco nella foto di Mariangela Me

A distanza di una settima mi ritrovo a parlare della morte. Questa volta per la scomparsa di un amico: Piero Ostellino. Un amico “ruvido“,  nato a Venezia, come me e come me con ascendenze piemontesi.

Un grande giornalista, inviato da Pechino e Mosca, saggista, direttore del “Corriere della Sera“, opinionista con un “mantra“: quello di Luigi Einaudi, l'economista che fu presidente della Repubblica, autore di belle ed inascoltate pagine nella storia del Paese, “Le prediche inutili“ .

Piero era un liberale autentico. Uno che guardava a David Hume: ragionare, non avere appartenenze. Convivere con i dubbi . “Il dubbio“ era il titolo della sua rubrica sul “Corriere della Sera“.

Viveva da molti anni in Provenza in una bella casa immersa nel verde. Col tempo era diventato ombroso, sempre più lontano da una Italia che aveva sognata diversa : quelle democrazie anglosassoni che ammirava e che vedeva come antidoto al populismo e allo statalismo.

Aveva combattuto il comunismo, lui che lo aveva visto in Unione Sovietica e in Cina “da vicino“. Era critico con il mondo islamico, ostaggio - per lui inconcepibilmente – del binomio Stato – Religione.

Aveva visto Silvio Berlusconi come un “argine“ alle tentazioni rivoluzionarie che negli anni Novanta pervadevano l'Italia. Ma la deriva “andreottiana“ del Cavaliere lo aveva - al pari di tanti altri liberali - deluso.

Deluso anche in casa propria, nel  “suo “ giornale. L'ultima volta che ci vedemmo, tre anni fa ad una cena da amici a Saint Tropez, vicini di tavolo, mi disse: “Alla fine, per trovare i miei articoli, i lettori dovevano fare ricerche in biblioteca“ .

A fine contratto era diventato opinionista de “Il Giornale“. Che da tempo non è più il quotidiano fondato da Indro Montanelli, ma nel quale, negli ultimi tempi, Ostellino, condivideva le sfumature anarco-liberali .

Era tifoso della Juventus . Conosceva gli Agnelli. Una volta mi disse: “La cosa più importante per gli Agnelli è la Fiat. Ma solo chi vive dentro a quella famiglia può capire cosa rappresenti per loro  la Juventus: una “forma mentis“ .

Come Enzo Biagi, riteneva che Calciopoli fosse stato un pallone- gonfiato fuori misura- nato per ragioni politiche più che calcistico giudiziarie .

Calcisticamente era un testone. Rammento un pomeriggio a casa sua in Provenza: a lungo discutemmo su Zapata. Difensore, allora, dell'Udinese, che a suo parere la Juventus avrebbe fatto bene a prendere per “blindare“ la difesa .

Ma era un tifoso “onesto“ che da buon piemontese  non amava “le scuse “ .

La Juventus, Torino, Einaudi, Passarin d'Entreves che era stato suo maestro .

E quella idea liberale che può essere sintetizzata in queste poche parole: “Non condivido una sillaba di quanto tu dici , ma sono pronto a morire per consentirti di continuare a dirlo“.

Così era Piero Ostellino: intellettualmente perbene. Libero e controcorrente .

Buon viaggio, Piero.