Sai quello che lasci ma non quello che trovi. E non era solo questione di soldi
L'addio di Wojciech Szczesny non è stato un fulmine a ciel sereno. Perché in qualche modo bisognava mettere a posto una situazione oramai logora, soprattutto dopo l'arrivo di Michele Di Gregorio come il portiere titolare. Un anno fa Szczesny aveva rifiutato il Bayern Monaco per rimanere a Torino, visto che si trovava bene e non aveva intenzione di lasciare. Per andare in Arabia chiedeva uno stipendio da centravanti - un biennale da 30 milioni complessivi - mentre in altre situazioni non sarebbe stato valorizzato come doveva. Era pur sempre il titolare della Juventus, accettare qualcosa al ribasso era visto come una sconfitta.
Poi c'è anche il lato Juventus. Se Szczesny fosse rimasto come terzo, al primo errore di Di Gregorio sarebbe stato invocato come il titolare. Quindi anche per evitare guai maggiori, la Juventus ha deciso che fosse appropriato evitare una sorta di dualismo che nelle idee di Thiago Motta non c'è, ma in quella dei tifosi, eventualmente, sarebbe stata chiara.
Quindi, certo che lo stipendio da 6,5 milioni di euro all'anno può avere frenato, ma il suo addio non è solamente una questione di soldi. Anche perché la differenza di tassazione fra buonuscita e stipendio è abbastanza relativa. Dispiace per chi è stato per sette anni il titolare indiscusso, ma le cose possono anche cambiare. Sic transit gloria mundi.