Ciao Antonio, ci eravamo tanto amati. Grazie di tutto, a mai più rivederci

"Ci eravamo tanto amati": potrebbe essere questo il titolo del rapporto tra Antonio Conte e la Juventus, ormai ai minimi termini (e anche meno dopo quanto accaduto ieri sera). Mannaggia, caro Antonio, se solo avessi avuto un po' più di pazienza. Invece volevi tutto e subito e, in quel luglio 2014, pensando di non poter più vincere con la rosa a tua disposizione, te ne sei andato come un fuggitivo qualunque. Peccato che tu non fossi un fuggitivo qualunque. Eri il condottiero che aveva riportato la Vecchia Signora a trionfare in Italia (anche se in Europa non è che avessimo fatto proprio sfracelli. Anzi ci si era sfracellati più che altro).
“Senza di te non andremo lontano, Antonio Conte nostro Capitano”. Quanto sembrano lontani quei giorni, quei cori, quella curva, quello stadio che ribolliva d'amore per te. Che poi, in effetti, a pensarci bene, senza di te caro Antonio, ne abbiamo fatta di strada. Tanta, tantissima. Già, forse è questo che pesa come un macigno, in fondo al tuo cuore. Se è vero che la Juve deve tanto ad Antonio Conte, è altrettanto vero il contrario, perché diciamolo, non è che prima di approdare a Torino avessi un curriculum da fenomeno in panchina. E durante la permanenza a Torino, chi ti ha difeso a spada tratta per vicende che con la Juve nulla avevano a che fare? La Società, la tifoseria. Ti abbiamo sempre perdonato tutto, forse perché accecati dall'amore. Che avessi un ego smisurato ed infinito ci era chiaro, ma non ci pensavamo: tu eri il nostro condottiero.
Saresti potuto stare su quella panchina fino alla fine dei tuoi o dei nostri giorni e ti avremmo sostenuto sempre e incondizionatamente. Hai preferito voltarci le spalle. L'approdo alla Nazionale, poi al Chelsea: fine della parabola ascendente. Sei tornato in Italia, sei andato da quelli là: scelta peggiore non potevi fare. Chiaro, sei un professionista, ma è ovvio che si è trattato di un grosso passo indietro rispetto alle fasi precedenti. Sei finito tra coloro che sono tutto chiacchiere e lamento, pianto e vittimismo. E, piano piano, sei diventato come loro, uno di loro. Continui a ripetere la storia del percorso di crescita della squadra che alleni. Chissà come saranno contenti i tuoi datori di lavoro, considerando che a febbraio ti trovi fuori da ogni competizione europea, fuori dalla coppa nazionale. Non vincere il campionato sarebbe un fallimento epocale.
Pensando che sei andato via dalla Juve per la paura di non poter più vincere, chissà come ci si sente ad essere nel regno dei perdenti. Tra l'altro: qui, a Torino, con 10 euro potevi comunque trovare un menu di buona qualità al ristorante. Ora, invece, a libro paga di quelli che dovevano spaccare il mondo, ti trovi ad elemosinare gli avanzi.
E sì, probabilmente saresti tornato di corsa alla Continassa, un anno e mezzo fa. Invece non ti resta che correre dal quarto uomo o dall'arbitro di turno per protestare insieme al tuo amico Oriali. Che brutta fine. L'unica cosa che è cambiata in meglio è il modo in cui ti descrivono i media: da scommettitore, ladro e peggior delinquente dei bar delle Vallette quando eri juventino a eroe senza macchia ora che sei nel clan degli onesti.
Vorremmo chiederti se sei felice, ma onestamente non ce ne frega nulla. Ognuno è artefice del proprio destino. Ti saremo sempre grati per tutto, restando però a debita distanza: in ogni caso, un piatto caldo, per te, ci sarà sempre.
Ciao Antonio.