ALEX SANDRO: "Douglas uno dei più forti che abbia mai sfidato. Torino un po' difficile per un brasiliano. Nessun posto come la Juve"

12.09.2019 20:14 di  Edoardo Siddi  Twitter:    vedi letture
ALEX SANDRO: "Douglas uno dei più forti che abbia mai sfidato. Torino un po' difficile per un brasiliano. Nessun posto come la Juve"
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Dopo l'anticipazione relativa alle sue origini (leggi qui), su Youtube è possibile vedere per intero l'intervista di Alex Sandro ai microfoni di Raiam Santos. Tuttojuve.com ve la riporta: “Quando sono andato dal Santos a Porto, sono maturato molto. Quando vai via da casa, e io l'ho fatto a 15 anni, inizi ad avere un'altra testa, ma se finché sei ancora in Brasile, se succede qualcosa, puoi chiedere sostegno alla tua famiglia, in un altro paese sei solo. Ovviamente hai il supporto del club, ma alla fine devi contare su te stesso".

Con l'arrivo in Europa è cresciuto, ovviamente, anche il livello degli avversari: "Mi è sempre piaciuto affrontare giocatori forti, quelli che magari facevano paura, perché dovevo stare più concentrato. Uno dei giocatori più difficili che abbia mai fronteggiato è Douglas Costa. Trattenerlo è quasi impossibile, se poi ti scappa via dimenticatelo (ride, ndr). Allenarmi con giocatori come lui, Cristiano Ronaldo, Dybala o Benrardeschi mi aiuta a crescere molto e mi dà più fiducia in vista delle partite importanti, come quelle di Champions League, per esempio".

C'è spazio anche per ricordare qualche vecchio compagno e amico: "Uno dei migliori compagni che abbia avuto è stato Lucho González al Porto. Per l'uomo che era e la dedizione che aveva nel lavorare è stato uno dei migliori esempi per me. Era un leader, ma rispettava tutti, mi sono sempre ispirato a lui".

Il brasiliano, con il passare dei minuti, si apre sempre di più: "Io voglio essere un esempio per mia figlia. Quello che ho provato quando l'ho tenuta tra le braccia per la prima volta non è spiegabile né paragonabile a nulla. Nemmeno tenere tra le mani la Coppa del Mondo sarebbe la stessa cosa. Io non dimentico le mie origini, se spendo troppo mi sento in colpa. La mia famiglia mi dice di non pensarci, ma io mi sento bene quando aiuto gli altri. In futuro voglio creare un'associazione che nella mia città aiuti i bambini. Non solo tramite il calcio, ma anche garantendo la possibilità di studiare".

Il legame con il Brasile, d'altronde, è fortissimo e Torino non somiglia granché al suo Paese natale: "Torino come città è un po 'difficile per un brasiliano, perché ha meno opzioni per divertirsi. Per lavorare è la città perfetta, perché non ha distrazioni. La mia vita qui è allenarmi, poi torno a a casa, e qualche volta esco a cena. Di tanto in tanto, nei giorni liberi, visito le città vicine. Ovviamente a Torino ci sono posti per divertirsi, ma li conosce chi la vive, per un turista può sembrare noiosa. Penso che sia anche per questo che i brasiliani non sono rimasti tanto alla Juve in passato, perché Torino non ha lo stesso appeal di Roma o Milano. Poi c'entra anche la mentalità della società, che è molto metodica. Ora qualcosa è cambiato in tal senso, e anche i giocatori stranieri si sentono a casa, non credo fosse così qualche anno fa".

Ecco il tema Juve: "In ogni squadra gli allenamenti sono duri, ma alla Juve lo sono di più. I primi mesi sono difficili per qualsiasi giocatore che arrivi. Io ricordo quando arrivai dal Porto, i primi due mesi ero in difficoltà. Sentivo le gambe sempre stanche, dicevo che gli allenamenti erano troppo pesanti per me, ma mi ripetevano che mi sarei abituato. Ho lottato ogni giorno e alla fine sì, mi sono abituato. E succede sempre, uno arriva, si lamenta perché è tutto troppo pesante, poi si abitua e diventiamo più forti. Magari anche questo modo di allenarsi ha allontanato i brasiliani, che non sempre sono abituati a essere spinti fino al proprio limite. L'organizzazione che c'è alla Juve è difficile da vedere altrove, i fan vedono solo il campo, ma c'è una grande azienda che si prende cura di tutto".

Oltre al succitato Gonzalez, quali sono stati i modelli per Alex Sandro, soprattutto in relazione al suo ruolo: "I miei riferimenti come terzino sinistro sono sempre stati Roberto Carlos, Ashley Cole e Patrice Evra. Mi sono sempre piaciuti molto. Quando ho fatto il mio primo allenamento con Evra qui sono rimasto sorpreso perché continuava ad aiutarmi, ma poi ho capito che è bene così. Tra giocatori della stessa posizione spesso arriva, piaccia o no, la rivalità, ma è molto meglio essere amici. Poi ovviamente tutti vogliono giocare e quando finivo in panchina non ero felice. Eppure a volte Evra stesso mi chiedeva consigli, così come faceva Filipe Luis in Nazionale. E lo stesso facevo io. È nell quando si crea questo tipo di rapporto, perché quando due giocatori in un club sono dello stesso livello nello stesso ruolo non ha senso si facciano la guerra. Ognuno farà il massimo, poi sarà l'allenatore a decidere. La concorrenza ti obbliga a voler migliorare sempre".

Calcio a parte, capitolo hobby e istruzione: "Non parlo solo di calcio e non guardo solo calcio. Mi piace molto guardare documentari su Netflix per imparare cose nuove, so che nel calcio sono più preparato che sul resto, ma devo essere preparato per la vita che verrà dopo. Consigli per i giovani? Non abbandonate la scuola, finite gli studi. Molti ragazzi che sono molto bravi nelle categorie giovanili abbandonano la scuola e poi non riescono a diventare professionisti. Ho visto tanti casi del genere e senza aver completato gli studi poi tutto è più difficile. Un'altra cosa fondamentale è rispettare le persone. Io non sono mai stato il migliore degli studenti, ma ho sempre trattato tutte le persone allo stesso modo e ho sempre rispettato i miei insegnanti. Oggi assistiamo a studenti che aggrediscono i professori... Io ho avuto la fortuna di avere una famiglia che mi ha trasmesso dei valori, ma non tutti ce l'hanno. Lì è la scuola che deve dare il buon esempio. L'importante è avere sempre la testa a posto e seguire i buoni esempi. Se provi duramente a ottenere qualcosa le opportunità possono arrivare come è successo a me".

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