Claudio Chiellini: "Next Gen, c'è orgoglio per questo progetto. Siamo l'unico Paese a non avere ancora un sistema per le seconde squadre. Il nuovo Yildiz? Ci sono tanti giocatori che possono diventare importanti"

Intervistato da "Sky Sport", Claudio Chiellini, dirigente di riferimento per la Juventus Next Gen, risponde a diverse domande sulla seconda squadra bianconera, militante in Serie C:
Chiellini, è appena iniziata l’ottava stagione tra Next Gen e Under 23. Lei c’era quando è stato creato tutto, ci fa un bilancio di com’è andata e cos’è cambiato in questi sette anni?
“Vedendo i risultati avuti, specialmente negli ultimi tre-quattro anni, c'è orgoglio per questo progetto, per com'è nato e si è sviluppato. Noi l'abbiamo pensato ben prima del 2018, perché già dal 2015 abbiamo cominciato in estate a richiamare i calciatori in prestito che tornavano dalle varie squadre, i calciatori che uscivano dalla Primavera: formavamo un gruppo di giocatori che si allenava come una vera e propria squadra, con uno staff, con un allenatore, e organizzavamo anche amichevoli contro le altre squadre di Serie B e Serie C. Questo è un progetto che nasce da lontano, che si è sviluppato ed è cambiato nel tempo. Nei primi due o tre anni l'obiettivo principale della seconda squadra, oltre a far crescere i giovani, era anche quello di provare a salire di categoria. L'arrivo in prima squadra era in quel momento un'utopia, sia per la composizione della rosa della prima squadra, sia per gli obiettivi che aveva la Juventus nella stagione 2018/19, l’estate dell'arrivo di Ronaldo. Negli ultimi anni invece è cambiato proprio l'obiettivo, cioè quello di far crescere internamente i giocatori e farli arrivare in prima squadra. Lo abbiamo fatto con tantissimi calciatori in questi anni e continueremo a farlo”.
Ecco, ce ne sono stati 37 di esordi in prima squadra dal 2017/18 all'ultima stagione: è un numero alto.
“Fin dall’inizio ci sono stati degli esordi, molti dei quali nelle partite finali delle stagioni, quando il risultato contava meno perché magari l'obiettivo era già stato raggiunto. Da quando la denominazione è passata da Juventus Under 23 a Juventus Next Gen, questo è invece il focus principale: prima solo Frabotta, tra tutti quelli che avevano esordito, aveva avuto un minutaggio discreto, mentre dalla stagione successiva con la famosa conferenza stampa con Federico Cherubini, Fabio Miretti, Matias Soulé, Nicolà Fagioli e Maurizio Arrivabene, ogni anno almeno tre o quattro giocatori sono entrati in pianta stabile in prima squadra, giocando partite importanti e dando il loro contributo. Tuttora il numero 10 della Juventus è Kenan Yildiz, che era il numero 10 della seconda squadra due anni fa. E anche i risultati della scorsa stagione con Savona, con Mbangula, con Kenan, ci danno grandi soddisfazioni e dimostrano che il progetto sta continuando. Anche con allenatori diversi, con dirigenze diverse, il progetto è sempre continuato”.
Di questi 37 calciatori che abbiamo citato, Yildiz è sicuramente il simbolo, in Italia e in tutto il mondo. Ma quale calciatore ha avuto il percorso che la inorgoglisce di più?
“Non è facile fare nomi, ma mi vengono in mente quei ragazzi che sono cresciuti con noi fin dall’attività di base: penso a Miretti, Savona, Nicolussi Caviglia o Fagioli, che è arrivato qui a 14 anni. Li abbiamo visti crescere qua a Vinovo fin da quando erano bambini e questo ti dà ancora più orgoglio.
Ma per tutti il sentimento è lo stesso, perché poi ogni calciatore ha la sua storia, che arrivi qui da bambino, a 16 anni, o a 17/18. È successo anche con Yildiz, con Soulé… Coi ragazzi che vengono dall'estero spesso c’è bisogno di tempo per capire cos'è la Juventus e che tutte le persone di Vinovo sono importanti. Oggi il focus è sulla Next Gen perché è la parte finale di un percorso, però io dico sempre che tutte le persone che lavorano a Vinovo, nel settore dell’attività di base, fino alla Primavera e poi alla Next Gen, svolgono un ruolo fondamentale per la crescita di questi ragazzi”.
Lei ha parlato anche di chi arriva in Italia “più grande”, come i vari Yildiz e Soulé. Avere una seconda squadra è un vantaggio per arrivare prima su giovani forti che giocano all’estero?
"All’estero le seconde squadre sono la normalità. Da noi abbiamo avuto quest'anno l'Inter, c'è l'Atalanta, c'è il Milan, adesso siamo in quattro, ma siamo l'unico Paese che ancora non ha un sistema di seconde squadre. Per chi gioca all’estero è naturale sapere che arrivare alla Juventus significa concretamente fare un percorso interno che può portarli fino alla prima squadra, passando per la Next Gen. È un vantaggio per noi il fatto di avere ora tantissimi esempi di calciatori arrivati a 16 o 17 anni che hanno fatto questo percorso in Under 17, poi in Under 19, poi in Primavera, poi in seconda squadra e infine in prima squadra. Questo oggi ci dà una grande credibilità a livello internazionale”.
Un altro dei vantaggi della seconda squadra, magari non pensato all'inizio, è il fatto di ricavare dalle cessioni di alcuni di questi calciatori le risorse necessarie per costruire la prima squadra? Soltanto negli ultimi due anni sono stati incassati oltre 130 milioni di euro, che superano i 200 se si considera come inizio il 2018, da calciatori passati per la Next Gen.
“Abbiamo incassato anche dalle percentuali sulla futura rivendita di diversi ragazzi che abbiamo ceduto in questi anni, penso a De Winter, Dragusin o Israel. Credo che questo faccia parte del percorso di tutte le grandi squadre, specialmente se si guarda a come lavorano per esempio Real Madrid e Barcellona con i giocatori che escono dalla loro cantera, dal loro settore giovanile.
Qualcuno rimane in prima squadra stabilmente e ne diventa una colonna, qualcuno fa un percorso in prima squadra di uno o due anni e poi viene venduto, qualcuno fa qualche apparizione e poi magari viene prestato e comincia a fare un percorso diverso. Quindi credo sia uno sviluppo normale, siamo stati bravi e fortunati ad avere così tanti calciatori che stanno facendo un percorso di alto livello. Facevamo qualche giorno fa una riflessione: abbiamo circa 15 ragazzi che sono passati da qui e nella prossima stagione giocheranno le competizioni europee, tra Champions, Europa e Conference League. Per noi è un vanto, siamo contenti del percorso che stanno facendo i nostri calciatori, rimarranno sempre dei ragazzi cresciuti nella Next Gen. Io faccio sempre questo esempio: a livello accademico le persone che studiano ad Harvard nel corso della loro vita avranno sempre addosso il ‘bollino’ di aver studiato ad Harvard. Noi stiamo costruendo qualcosa del genere a livello calcistico, come è stato bravo il Barcellona a lavorare con la Masia, penso che negli ultimi anni siamo stati bravi a costruire qualcosa di simile qui. Saranno ragazzi che passeranno la loro carriera alla Juventus o in altre parti d'Italia e d'Europa, ma rimarranno sempre ragazzi cresciuti nel nostro settore giovanile”.
Rimanendo sugli esempi che ha fatto, quando si vede giocare un ragazzo che è uscito dalla Masia tendenzialmente lo si riconosce dall'idea di calcio, dalla tecnica. Secondo lei c'è già una caratteristica comune che si può intravedere nei giocatori passati dalla Juve, il ‘bollino’ Harvard?
“C'è, ed è la professionalità. È un elemento che non viene riconosciuto da noi, ma dagli altri club: un calciatore che cresce nella Juventus, e poi esce, probabilmente non ha delle spiccate doti tecniche o uno spiccato senso del gioco come quello che esce da altre squadre (l'Ajax, il Barcellona e così via). Però ha una serietà, una professionalità e una voglia di emergere e migliorarsi che sono il segreto della Juventus da cento anni a questa parte”.
Come riuscite a capire quale sia il percorso corretto da far svolgere a un ragazzo che individuate, tra settore giovanile, Primavera, Next Gen e prima squadra?
“Fa parte dei singoli percorsi. Noi abbiamo un'area scouting in Italia e all’estero che segue i calciatori in tutte le fasce d’età: da quella che lavora in Piemonte sull'attività di base, a quella che lavora in Italia per ragazzi di 14/15 anni, a quella internazionale per i calciatori dai 16 anni in su, che possono trasferirsi dall'estero. Quando un calciatore arriva qua, la cosa più importante per gli stranieri è fargli imparare la lingua e, per tutti, fargli capire cos’è la Juventus. C'è sempre qualche mese in cui il calciatore ha bisogno di un periodo di adattamento, poi ognuno ha la sua storia: c’è chi arriva più pronto degli altri, chi ha bisogno di più tempo, chi passa direttamente dalla Primavera alla prima squadra, come è successo con Yildiz, per poi tornare magari in Next Gen e giocare con continuità. C'è il calciatore come Adzic che già giocava con i ‘grandi’ e quindi oggi il suo percorso in Next Gen è stato fatto per dargli la possibilità di trovare continuità in Italia. Ci sono i calciatori come Savona, che qualche anno fa non era ancora pronto per giocare da protagonista in Primavera e così decidemmo di mandarlo un anno in prestito alla Spal, per poi farlo tornare e fargli fare il percorso che avete visto tutti. Parlo sempre a plurale perché poi non è solo una persona che gestisce tutto, ma è un gruppo di persone con cui lavoriamo qua a Vinovo, che ovviamente segue il quotidiano dei calciatori e capisce se ce ne sono già di pronti per fare un salto così importante. Poi c’è anche una dose di fortuna, di occasione: magari in prima squadra hai un infortunio in difesa, a centrocampo, o in attacco e quindi c'è più spazio per un determinato calciatore”.
Oggi in Italia ci sono altre tre seconde squadre: Atalanta Under 23, Milan Futuro e Inter Under 23. Sentite di essere stati degli apripista?
“Sono contento che ormai da quando si è inserita l'Atalanta, tutti gli anni si sta inserendo un nuovo club e so anche che c'è continuo interesse in altri club per questa possibilità. Io lo dico da almeno due anni e spero che prima o poi venga fatto, soprattutto quest'anno che il Milan avrà l'opportunità anche di fare il campionato di Serie D. Nella mia idea, la Federazione dovrebbe cambiare il regolamento di ingresso per mettere la possibilità ai club di Serie A o anche di Serie B di iscrivere la propria seconda squadra anche in Serie D, dove ci può essere maggiore facilità di entrare, e non solo il ripescaggio di ogni anno in Serie C. Questo darebbe a tante società che vogliono investire nei giovani la possibilità di partire con il progetto, di capire pro e contro, di settarsi. Anche noi ci abbiamo messo del tempo. Questo cambiamento darebbe la possibilità al sistema di integrare immediatamente un numero maggiore di seconde squadre, che permetterebbe poi anche alle nazionali di trarne beneficio. E in questo modo si darebbe anche più visibilità alla Serie D, che è una categoria dove ci sono dei talenti e la Juventus lo dimostra, perché Cambiaso e Gatti, per esempio, sono calciatori che sono cresciuti anche in Serie D. Nella mia esperienza, quando ero direttore sportivo del Pisa, acquistammo Lucca che aveva giocato in Serie D nel Palermo. Oggi nella costruzione della rosa della Nazionale ci sono diversi giocatori che sono passati dalla Serie D. Secondo me l'inserimento delle seconde squadre sarebbe un vantaggio per tutti. Succede già in Spagna: il Barcellona è retrocesso per la prima volta dopo tanti anni dalla terza alla quarta serie, eppure non se ne è fatto un dramma perché sai che fa parte di un sistema”.
Parliamo anche della stagione che è appena cominciata. Siete partiti bene, avete superato il turno in Coppa Italia con il Novara e ottenuto 4 punti in 2 partite di Serie C, ancora con Brambilla in panchina.
“Siamo contenti di aver continuato con il mister. Per lui è la quarta stagione con noi, o la terza e mezzo visto che lo scorso anno è rientrato a novembre. Ovviamente è un allenatore che si è perfettamente integrato con l'esigenza della società e lo spirito della Next Gen, conosce i ragazzi, è bravissimo nel percorso di crescita venendo anche da una scuola come quella dell'Atalanta che nel settore giovanile ha prodotto tantissimi talenti. La difficoltà principale della Next Gen, come per tutte le seconde squadre, è che ogni anno c'è un rinnovamento di circa il 50% della rosa. Anche quest'anno abbiamo fatto cinque nuovi acquisti, sette calciatori sono saliti dalla Primavera, quindi significa che circa il 50% della rosa è nuovo e non è facile ripartire, soprattutto per una seconda squadra che si deve creare un'identità. Oggi la difficoltà delle seconde squadre è creare l'identità, purtroppo non riusciamo ancora ad attirare i tifosi allo stadio ed è una cosa che io tutti gli anni spero di migliorare. L'anno scorso con Biella l'abbiamo fatto, perché complice anche il fatto di essere inseriti nel girone C, siamo riusciti per diverse partite a portare più di mille persone allo stadio. Il tifoso deve capire che andare a vedere le seconde squadre, in questo caso la Next Gen, ti permette di vedere da vicino e conoscere anche personalmente giocatori che poi dopo qualche settimana potrebbero andare in prima squadra e diventare così difficilmente raggiungibili. Per fare un esempio, lo stadio Moccagatta di Alessandria ti permette a fine partita di aspettare il calciatore, di farci la foto, di salutarlo. Ormai abbiamo dimostrato che tutti gli anni nella Next Gen ci sono dei calciatori che poi nella stagione successiva, o nelle due stagioni successive, arriveranno in prima squadra”.
Tra le novità di questa stagione c'è anche la partecipazione della Juventus alla Premier League International Cup. Ci spiega com’è nata l’idea?
“È una competizione organizzata dalla Premier League per le squadre Under 20 e Under 21: in Inghilterra c'è un sistema di seconde squadre un po' diverso rispetto agli altri Paesi europei. C'è una categoria di Under 21 obbligatoria per tutti i club di Premier League, che hanno il loro campionato. In più c’è una coppa, in cui giocano contro gli altri club di League One e League Two. La Premier League per lo sviluppo del calciatore organizza questo torneo con 32 squadre partecipanti, 16 inglesi e 16 europee, con quattro gironi. Ogni società europea partecipante deve fare da qui a gennaio quattro partite in trasferta contro società inglesi. Noi giocheremo la prossima settimana a Leicester, poi contro il West Bromwich a ottobre e a novembre faremo due partite a Londra, contro Crystal Palace e Fulham. Credo sia una competizione che ci permetterà di dare visibilità maggiore anche a quei calciatori che giocando nella Next Gen hanno solo una visibilità italiana, perché ovviamente quelli della Primavera, con la Youth League, hanno possibilità di giocare partite all'estero.
Purtroppo oggi non esiste un torneo internazionale per le seconde squadre e la Premier League International Cup colma questo vuoto. È un torneo a cui da anni penso e spero di partecipare, quest'anno anche grazie al lavoro di Massimiliano Scaglia, Head of Under 20, siamo riusciti a farlo e lo affronteremo con un mix di giocatori, anche per un discorso regolamentare, tra la Primavera e la Next Gen. E anche con uno staff misto perché, come dico sempre, la Juventus è unica. Oggi ci sono dei giocatori, degli allenatori o delle persone dello staff che lavorano in Under 17, in Primavera, o in Under 23, ma lavorano tutti per la Juventus, e magari molti di questi saranno cresciuti e arriveranno in una prima squadra, non soltanto i calciatori. Noi negli anni abbiamo formato tanti dirigenti, penso a Giovanni Manna che l'anno scorso con il Napoli ha vinto lo scudetto ed era un direttore della Next Gen fino a tre anni fa; a Marco Ottolini, oggi al Genoa; a Matteo Tognozzi; a Fusco che ora è al Cesena; a Federico Cherubini che questo progetto l'ha fatto partire e ora è a Parma. E a molti altri. Lo stesso anche in altri ruoli: il nostro preparatore dei portieri dello scorso anno, Daniele Borri, ora è al Milan, il nostro preparatore atletico è andato al Parma. Oggi la Next Gen è una scuola non solo per i calciatori, ma per tutti gli addetti ai lavori”.
A livello sportivo vedere il numero 10 della Juventus e il difensore centrale del Real Madrid che sono passati dalla Next Gen immaginiamo siano la soddisfazione maggiore. E a livello umano?
“I ragazzi rimangono sempre legati a questo ambiente, anche quando vanno in prima squadra spesso vengono qua di nuovo a vedere le partite del settore giovanile, non solo della seconda squadra ma anche della Primavera. Spesso sono ragazzi che hanno vissuto per anni nel convitto, con calciatori sia più grandi che più giovani, quindi si crea questo rapporto tra di loro. Lo scorso anno, in occasione della partita tra Juve A e Juve B, fu scattata una foto bellissima con tanti calciatori di ogni generazione, quelli del 2000, del 2002, del 2003, quelli del 2005, del 2006, tutti insieme che parlavano. Qualcuno come Yildiz o Huijsen nel frattempo è diventato una star internazionale, qualcuno gioca ancora in Next Gen, qualcun altro va a giocare in altre squadre di Serie A, B, C o all'estero, però il rapporto con i giocatori rimane sempre e anche il rapporto di affetto verso gli allenatori, verso le persone che li hanno cresciuti, le persone della segreteria, i medici e così via, rimane in eterno”.
Un’ultima domanda: chi sarà il prossimo Yildiz?
“Difficile dirlo. Il prossimo Yildiz magari non ci sarà, ma ci sono tanti calciatori di livello importante che abbiamo nel settore giovanile, in Primavera e in Next Gen, che sicuramente continueranno il loro sviluppo e arriveranno in prima squadra. Questo è sicuro”.