Sotto la lente - Conte al bivio: una scelta da capitano

Inutile cercare di parlare d'altro con i tifosi della Juve: l'argomento caldo, reso addirittura hot dai media che aspettavano solo di parlare della Juve per qualcosa che non fosse del suo strepitoso campionato che aveva affossato i sogni del sentimento popolare popolati da un tête-à-tête Roma-Napoli, è Conte.
Un fulmine a ciel sereno in realtà sono state le recenti parole di Antonio: perché è vero che il tormentone Conte aveva, mesi fa, fruttato audience e copie vendute, ma aveva stoppato tutto lo stesso Conte, il 27 gennaio, al Gran galà del calcio, quando aveva infranto le illusioni di Varriale&C con un "Lo sanno tutti che alla Juventus sono a casa mia, quindi a casa si sta bene, si è coccolati e si cerca di dare il massimo", ben supportato da Andrea Agnelli: "Io con Antonio ci parlo tutti i giorni, non ho bisogno delle conferme in diretta".
E invece sono arrivate le recenti esternazioni.
"A bocce ferme parleremo con la Società e il direttore, parleremo e faremo le opportune valutazioni.[...] Capisco il tifoso, ma non è semplice per molti motivi. Migliorare il rendimento in Italia è impossibile secondo me, vanno capite certe cose. Sono stati anni intensi e stancanti. Chi è stato con me sa quello che ho messo, e che hanno messo i ragazzi.[...] Valuteremo in modo sereno cosa fare per il bene della Juventus, perché io voglio questo. Valuteremo la forza per andare avanti". (5 maggio)
"La Champions League è il sogno di tutti e io come ho detto sono sicuro che nella mia carriera vincerò la Champions, l'ho vinta da calciatore e la vincerò da tecnico. Se mi chiedi se oggi è fattibile vincere con la Juventus la Champions, ti dico no. [...] Ogni anno è molto dispendioso, anche perché diamo tutto, io do tutto me stesso, con passione ed entusiasmo. Do tutto me stesso perché chiedo tutto ai calciatori. [...] Dirò sempre grazie ai miei calciatori. Però siamo pronti dopo un mese, un mese e mezzo, a metterci in pista, se ci sarà la possibilità e ci sarà qualcosa di intrigante. Altrimenti, se non ci dovesse essere niente di intrigante, per due-tre mesi sto con la famiglia, ma so che sarò dura che mi sopportino. [...] saremo amici sempre, a prescindere che Antonio alleni l'anno prossimo ancora la Juventus o Antonio scelga altre strade". (11 maggio)
Tutto questo nel clima di euforia che accompagnava la conquista del terzo titolo consecutivo (obiettivo dichiarato sin da inizio stagione da Agnelli) e poi della vittoria conquistata sul campo della Roma.
Ed è stata bagarre.
Conte se ne va, Conte resta.
Diciamo subito che al momento è inutile, anzi fuorviante, fare qualsiasi previsione su come finirà. Sarebbe esercizio inutile e sterile: bisogna solo attendere lo scioglimento della vicenda. Che non arriverà, a quanto ha detto ieri Marotta, prima della prossima settimana. Anche se aleggia nell'aria come una sensazione che una decisione sia già stata presa; e che si aspetti il momento migliore per comunicarla.
Perché prima bisogna festeggiare lo scudetto: anche se per i tifosi la festa, a questo punto, sarà comunque agrodolce.
Diciamo che ho trovato le esternazioni di Conte intempestive: quali che fossero i dubbi che si portava dentro, di cui peraltro diceva di aver già accennato con la Società (cui comunque credo non sarebbe potuto sfuggire lo stato d'animo del tecnico, visti i rapporti quotidiani tra lui e lo staff dirigenziale), la cosa avrebbe dovuto rimanere chiusa dentro le stanze di corso Galfer: Conte è il primo ad essere al corrente dei tentativi di destabilizzazione dei media, li aveva denunciati forte e chiaro; e avrebbe dovuto immaginare che le sue parole avrebbero dato la stura ad una campagna mediatica interessata a mettere zizzania; e si sarebbe anche favorita l'intrusione di soggetti che con la questione non c'entrano nulla e che, ben lungi dal poter portare un contributo costruttivo (la questione è in mano solo a Conte e al club), avrebbero solo sfruttato l'occasione pro domo sua.
Ma sappiamo che alla Juve attuale manca una figura che sappia collegare i fili di tutte le anime del club, che si prenda tutta la responsabilità di correlare il versante interno (cuore, testa e gambe, per dirla con Conte) con quello esterno (la faccia): c'era una volta Moggi...
Al di là di ciò quello che a molti tifosi bianconeri sfugge è il motivo di questa improvvisa sterzata di Conte: capisco che il tecnico salentino sia rimasto ferito dalle non solo ingenerose, spesso addirittura grottesche, critiche che gli sono piovute addosso dopo l'eliminazione dall'Europa League (già vissuta come un ripiego dopo l'eliminazione dalla Champions, anche questa mal digerita); forse non tanto da quelle dei media (doveva solo aspettarsele), ma da quelle proprio dei tifosi: in molti, troppi, hanno travestito la loro pancia delusa con i falsi panni di un cervello che si è messo a discettare di moduli, di 5-3-2, di 4-3-3 e quant'altro; quando l'unico ad aver ben chiare quali fossero le forze a disposizione era lui: e di non essere un talebano tattico lo aveva dimostrato al suo arrivo in casa Juve, quando il trovarsi in rosa giocatori come Pirlo e Vidal lo aveva indotto ad abbandonare il 'suo' 4-2-4: "L'allenatore deve essere come un bravo sarto, cercare di far vestire alla propria squadra il vestito più bello, il vestito che le si addice.
Magari a volte può anche non essere il più bello, ma è quello che le si addice, che poi alla fine dà più garanzie sotto tutti i punti di vista. Ribadisco, io sono l'allenatore, cerco di allenare, alleno i giocatori che la società mi mette a disposizione", sono parole dette dal mister lo scorso gennaio.
Ma può bastare questa delusione indotta dalle critiche ad indurlo ad abbandonare un cammino intrapreso con entusiasmo tre anni fa, proponendosi lui stesso ad Andrea? La Juve veniva da due settimi posti, è un mantra che lui stesso continua a ripetere: ed è senz'altro lui il primo a capire che per un club, che non naviga certo nell'oro degli sceicchi (specie dopo il bagno di sangue di Calciopoli), la strada per tornare tra le big d'Europa è lunga; si poteva prevedere un quinquennio (minimo, al netto di sceicchi e tycoon) di crescita: e dico per stare nel novero delle grandi, perché poi vincere la Champions League è un altro discorso; anche squadre imbottite di quei top players che lui forse sogna sono protagoniste di clamorosi capitomboli.
E dunque? Tre anni a sentirlo parlare, fiduciosi, di un percorso di crescita e adesso la formula magica non funziona più? Cosa è accaduto? Cosa si è rotto nei propositi di Conte?
Non c'entrano sicuramente i rapporti con la dirigenza, in particolare con Andrea, che in questi tre anni è stato molto vicino a Conte sia sul piano professionale (appoggiandone le richieste di mercato, nei limiti di quella che era ed è la potenza di fuoco del bilancio bianconero) sia sul piano umano (la difesa appassionata, dentro e fuori dai patrii confini, della persona del tecnico, messo come spot del calcioscommesse: usato come foglia di fico da una Figc che indossava il vestito della festa, quello dell'etica, anche se poi il pentitismo avrebbe dimostrato che il Re è nudo).
E dunque?
Ritorniamo sulle ultime parole del mister: "La Champions League è il sogno di tutti e io come ho detto sono sicuro che nella mia carriera vincerò la Champions, l'ho vinta da calciatore e la vincerò da tecnico. Se mi chiedi se oggi è fattibile vincere con la Juventus la Champions, ti dico no".
D'accordo, la Juve non è pronta per vincere la Champions, ma si sapeva da subito. Nel 2011 né lui né Andrea avrebbero considerato realistica la meta di tre scudetti consecutivi (e due Supercoppe).
Forse Antonio ha fretta di vincere la Champions e cerca (o ha per le mani) un club più 'avanti' della Juve? Anche se ciò, lo ripeto, non garantisce la Champions a nessuno. Vero, potrebbe liberarsi la panchina del Milan (lo scrivo a mo' di barzelletta) e sappiamo quanto Galliani ci abbia rotto i cabasisi col Dna Champions del Milan; ma: a) i rossoneri l'anno prossimo sono fuori dalla Cl (e al 99,9% anche dalla EL); b) Conte al Milan (o in altra squadra italiana) non riesco a vedercelo, anche se sarebbe il sogno perverso di tanti media.
Oggi la Juve che alza la Cl non è fattibile: però renderlo fattibile è una sfida. Da quando Antonio ha paura dalle sfide? Non è così che ricordiamo il nostro capitano, senza macchia e senza paura. E con quell'animus da capitano di mille battaglie lo accompagni nella scelta che sta per fare.
Conte ha solo 45 anni; come allenatore deve crescere anche lui (la Juve è la sua prima tappa importante); quanto fatto sinora sinora è una buona pedana per superare un'asticella sempre più alta. E un divorzio in questo momento non gioverebbe a nessuna nelle due parti, che rimarrebbero entrambe un po' più povere. Quella di Antonio deve essere una scelta di responsabilità: verso chi gli ha dato fiducia quasi a scatola chiusa (e non ha avuto a pentirsene) e verso se stesso, che merita di portare a termine un cammino già ricco di soddisfazioni, ma ben lontano dalla vetta.
Per continuare a crescere insieme si tratta di accordarsi col club su come mettere a frutto al meglio le risorse a disposizione.
Fu così l'anno scorso, il 15 maggio, come fosse ieri. Anche se quest'anno sembra tutto più complicato, preoccupazione che trapela anche dalle parole di Marotta.
Scrive Conte nel suo libro:
"Io sto mantenendo la promessa che avevo fatto ad Andrea all'epoca del nostro primo colloquio: la Juve deve agire come una grande squadra".
"Quando arrivano i momenti difficili, Andrea resta al mio fianco: 'Stai tranquillo, Antonio, alla fine ce la faremo. Tu sai come si vince. Cerchiamo di riprodurre quella vecchia magia'".
"E' una storia, la mia, fatta per buona parte di calcio e di passione: quella che ti spinge ad andare più forte di tutti, oltre i tuoi limiti, anche quando parti dalle retrovie e davanti ne hai cento".
Poi l'excipit: "Ed ora andiamo in campo a vincere".
Perché:
Walk on through the wind
Walk on through the rain...
And you'll never walk alone
You'll never walk alone.