Gli eroi in bianconero: Ermes MUCCINELLI

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
28.07.2021 10:25 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Ermes MUCCINELLI
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«Ai miei tempi – diceva – sia la Juventus che il campionato erano un’altra cosa. Si dava più spettacolo, il pubblico si divertiva veramente e il gioco era meno sacrificato sull’altare delle tattiche. La nostra prima linea composta dal sottoscritto, Boniperti, Martino, John Hansen e Præst giunse a segnare cento reti in un campionato».
Di lui disse una volta Boniperti: «Quando giocavamo in casa, la sua domenica sera era già stabilita: cascasse il mondo, andava al night di Via Saluzzo dove, lui che era un tappo, ballava esclusivamente con ragazze altissime. C’era da divertirsi soltanto a guardarlo. Il conto lo faceva mandare sempre allo stesso indirizzo: “Giovanni Agnelli, Corso Matteotti”. Il segretario dell’Avvocato quando si trovava tra le mani quelle note spesa chiedeva preoccupato: “Cosa dobbiamo fare?” “Ah, è quel puttaniere di Muccinelli!” commentava l’Avvocato. E saldava».

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Con Ermes Muccinelli è scomparso lo scorso 3 novembre uno dei campioni simbolo di una Juve tra le più belle e più grandi di sempre, quella capace di riconquistare il vertice del nostro calcio dopo anni difficili e vincere gli scudetti del 1950 e del 1952, con il fragore del tuono e la dolcezza di un assolo di violino. Piccolo, grande Muccinelli: tutto nervi e poesia al servizio di uno scatto proditorio e di un dribbling fiabesco.
Il suo curriculum parla di 241 presenze e 69 goal fatti, ma le statistiche non dicono quanti questo romagnolo, con tutti gli slanci, i pregi e i difetti della sua gente, ne abbia fatti fare a Boniperti, John Hansen e Præst, suoi degni compagni di una stagione felice e pure spensierata. Muccinelli era poesia, profilino di un calcio ancora romantico ancorché quasi professionale, l’ala destra tascabile per antonomasia: mai si era visto uno come lui, capace di gabbare stuoli di terzini con tinta e scatto, contro scatto e contro finta, fino a creare sconquassi nelle difese più abbottonate.
Debutta diciannovenne, nel 1946-47, e subito i tifosi lo notano, lo adottano. È un beniamino prima ancora di rivelarsi un campione. A vent’anni è già titolare fisso. A 23 la Nazionale gli fa spazio e l’esordio è fragoroso. A Bologna, il 5 marzo del 1950, contro il Belgio, segna due goal. Sì, è arrivato all’apice. Il 1950 è il suo anno magico. Conquista anche il suo primo scudetto, incorniciato da 34 partite e 13 goal. E chi lo ferma più?
In realtà. Muccinelli si concede qualche pausa, si gode la fama meritata e talvolta è come se non ci fosse. Il romagnolo, tanto simpatico alle fanciulle quanto inviso ai difensori grandi e grossi, che se lo vedono scappare da ogni parte, non è sempre al massimo. Ma chi lo è in quella Juve di rodomonte capace di segnare cataste di reti anche solo trotterellando?
Fa in tempo a vincere un secondo scudetto, nel 1952, con 17 reti in 30 partite, e partecipare nel 1954 al suo secondo Mondiale, in Svizzera: ha dato il meglio di sé, quando nell’estate del 1955 lascia la Juve per chiudere la carriera nella Lazio.
Una generazione di tifosi juventini lo ricorda con immenso affetto e con la riconoscenza che si deve a chi, con il suo infinito campionario di mosse e mossette, ha regalato momenti di spettacolo spensierato in un’epoca di calcio danzato.