L'inferno delle pere e il tempo delle mele: nove anni di flop bianconeri

"Da Berlino alla Serie B, dalla Serie B a Berlino"; è la frase che il glorioso Capitano Alessandro Del Piero dedicò alla finale conquistata dalla Juventus dopo il pareggio del Bernabeu, celebrando così la rinascita bianconera. La chiusura di un cerchio infinito, cerchio che vide i bianconeri risorgere dalle proprie ceneri come la più bella delle fenici che spiccò il volo raggiungendo, poco a poco, vette sempre più alte. Ad oggi il Monte Dykh-Tau - che con i suoi 5205 m rappresenta la seconda vetta più alta europea - è stata raggiunta e chissà se un domani prossimo anche il Monte Elbrus - 5642 m - verrà di nuovo scalato. Senza dimenticarci che, a differenza di altre squadre che lo hanno scalato sette volte oppure che ne hanno scalati tre in una singola stagione (Elbrus-Monte Bianco-Monte Rosa), la Juve ha scalato almeno una volta le cime più alte di tutto il Mondo.
Nove anni vissuti tra stupende gioie ed orribili dolori, bellissime vittorie e bruttissime sconfitte, grandissime soddisfazioni e profonde amarezze. I trionfi degli ultimi anni hanno ormai chiuso a chiave le stagioni del peccato, quelle in cui nonostante i forti investimenti economici si arrivava al traguardo senza vincer nulla. Periodo che prese il nome di ''inferno delle pere" - come cantato da Max Pezzali nella sua canzone "Come deve andare" - ma il "tempo delle mele" ritornò eccome dalle parti di Torino. Il Pyrus, dall'estate 2011, inaridito e quasi senza vita cominciò nuovamente a rifiorire e la distribuzione di pere in tutta Italia ritornò ad esser regolare come prima.
Quei frutti, ormai non più buoni, sono stati definiti flop. Strapagati e non all'altezza delle aspettative del loro biglietto da visita, nell'album dei ricordi li descriviamo in rigoroso ordine alfabetico:
ALBERTO AQUILANI - Arrivato con le credenziali di uno tra i migliori giovani italiani ma con i muscoli di cristallo, doveva essere il nuovo regista che la platea aspettava impazientemente. Il film distribuito nei cinema però non soddisfò davvero nessuno e nonostante le sue buone prestazioni iniziali, la Juve non esercitò l'opzione di riscatto dal Liverpool.
AMAURI CARVALHO DE OLIVEIRA - "Con lui si scrive un importante pagina importante di questa grande Juve" commentava Jean Claude Blanc nel giorno del suo acquisto. I 22.8 milioni spesi per il suo cartellino ponevano l'attaccante come la ciliegina sulla torta del reparto offensivo bianconero, quel bomber in grado di far la differenza sia da prima che da seconda punta. Ma sei mesi di grandi giocate e di grande intensità non furono sufficienti al blasone della squadra in cui giocava: Amauri si perse nel vortice che stava distruggendo la Juventus e i 24 gol messi a segno nelle 100 presenze ufficiali non evitarono di divenire un peso di cui sbarazzarsi molto presto. Parma, Fiorentina, ancora Parma e Torino: nessuno ha più visto quell'Amauri scintillante di Palermo.
NICOLAS ANELKA - A trentatre anni - i trentaquattro li compirà a nel capoluogo piemontese -, Anelka approda alla Juve come rinforzo d'attacco nella sessione invernale del calciomercato 2013. Perso Drogba, la società decise di affidarsi al campione d'Europa ad Euro 2000 per aumentare la qualità del reparto, ma questa qualità latitò seriamente. Ormai al termine della carriera, il francese vide il campo in un paio di presenze e vinse il campionato a fine stagione. Senza rimpianti, senza gloria, senza nemmeno troppo sforzo.
NICKLAS BENDTNER - Insegui Van Persie e arriva Bendtner. Nell'estate del mancato top player, l'ultima delle ultime scelte ha il nome e il cognome di Nicklas Bendtner. L'attaccante danese, voglioso di riscatto, venne definito "top" da Arsene Wenger che lo spedì a Torino convinto di una sua crescita esponenziale per finalmente raggiungere quel salto di qualità che mancava. Più che dei potenti tiri in porta effettuati, è ricordato per la splendida stretta di mano alle hostess durante i festeggiamenti per lo Scudetto. E i zero gol messi a referto lo han fatto tornare a Londra in bianco. Calcisticamente parlando, ovviamente.
FABIO CANNAVARO - Mai del tutto accettato per via del suo abbandono post Calciopoli, il campione del Mondo riprese le redini in mano della difesa con scarsi risultati. Ormai sul viale del tramonto, dimostrò di essere ormai inadatto qualitativamente a certi livelli. Qualche mese più tardi appese le scarpette al chiodo e nonostante questa piccola battuta d'arresto, Cannavaro resta uno dei difensori più forti che la storia del calcio ha mai visto.
DOMENICO CRISCITO - Merita particolare menzione il flop in bianconero di Domenico Criscito, uno dei terzini più bravi d'Italia mai esploso in bianconero. Fiore all'occhiello del settore giovanile, dopo l'importante prestito al Genoa in Serie B ritorna alla Juventus come nuovo centrale di difesa da affiancare a Jorge Andrade. Coppia di difesa che verrà ridisegnata in fretta e furia: il portoghese finirà la stagione quasi subito, l'allora ventunenne ora di proprietà dello Zenit finirà relegato in panchina frettolosamente per aver sbagliato la partita di Roma. Un vero e proprio rimpianto per la corsia mancina.
DIEGO RIBAS DA CUNHA - Il sublime Diego che incantava a suon di musica Brema attirò gli occhi di molte formazioni e in un exploit di mercato fu la Juventus ad aggiudicarsi le sue prestazioni per 25 milioni di euro. Sembrava il colpo dell'anno o addirittura del decennio e si pensava davvero che potesse essere un "crack". E le prime partite lo dimostrarono: a Roma, nella città del Colosseo, lui piccolo e minuto seppe scardinare da solo l'ultima armata spallettiana facendo gioire e sudar ancora più di gioia i propri tifosi increduli nell'ammirarlo. Pian piano, poi, non seppe più incantare nessuno. I suoi detrattori aumentarono, i suoi amanti scesero. La sua musica non piaceva più e nell'acqua alta dimostrò di non saper nuotare. Lontano dall'Olimpico, perchè allora lo Juventus Stadium era ancora in costruzione, insieme a Tiago fu artefice della vittoria in Europa League e probabilmente passerà alla storia come uno dei talenti più inespressi del calcio mondiale.
ELJERO ELIA - Giovane di belle promesse, la Juve lo insegue per anni e finalmente con un colpo di reni finale lo acquista dall'Amburgo. Lui e Krasic dovevano, almeno sulla carta, esser gli esterni nel 4-2-4 ultra offensivo di Antonio Conte. Ma invece, come accade il più delle volte, il tecnico salentino cambia modulo ed interpreti. L'olandese non convince per le lacune difensive e finisce nel dimenticatoio, dove al suo posto gli viene preferito l'iniziale riserva Emanuele Giaccherini.
SEBASTIAN GIOVINCO - Mai entrato davvero nel cuore dei tifosi, la "formica" atomica si mette in evidenza nelle giovanili e nell'anno di Serie B dove fa intravedere qualità importanti. L'etichetta di nuovo "Del Piero" affibiatogli frettolosamente lo stronca: il numero 12 non riesce a trascinare la squadra come un vero numero 10 e dimostra quella discontinuità che a Parma non avevano conosciuto.
MAURICIO ISLA - Pagato fior fior di quattrini dalla cara bottega dell'Udinese, Isla doveva essere nelle idee iniziali l'esterno di sinistra in grado di far fare il salto di qualità alla rosa. Quel brutto infortunio, però, lo ha fatto tornare tra i comuni mortali e il cileno del dopo operazione è un giocatore normale che alla Juve non serviva. La vittoria in Copa America, dopo la parentesi negativa del QPR, sembra aver rilanciato le ambizioni del numero 33 che ora potrebbe trovare la sua nuova dimensione in Spagna al Siviglia.
DARIO KNEZEVIC - L'attuale capitano del Rijeka fu a centro di un derby di mercato tra Juve e Torino con i bianconeri che vinsero il confronto acquistandolo in prestito per 700 mila euro e fissando il riscatto ad 1.5 milioni. Reduce da una positiva esperienza a Livorno non doveva di certo essere l'acquisto top in difesa, ma il pensiero generale era che il difensore croato potesse dire la sua e giocarsi il posto di centrale con Nicola Legrottaglie. Tre sole presenze e tanti, tantissimi infortuni: una vera e propria meteora.
MILOS KRASIC - E' arrivato da perfetto sconosciuto ed è andato via nella stessa maniera. I 15 milioni investiti al Cska Mosca sembravano inizialmente ripagati viste le sue prestazioni che addirittura lo collocavano come il nuovo "Pavel Nedved" per via della sua facilità di corsa e per la vaga somiglianza della sua capigliatura. Fu uno dei pochi a salvarsi nella sciagurata annata con Gigi Del Neri al timone, ma trovò scarso feeling con Antonio Conte che ritenne più opportuno non utilizzarlo.
JORGE MARTINEZ - "A vuoto Lucio sul pallone si avventa Martinez, affonda bene Martinez; Martineeez. Rete, rete, rete", così lo commentava il collega Maurizio Compagnoni l'allora gol del 3-1 del Catania sull'Inter. "El Malaka", dopo una buona stagione, viene acquistato dalla Juventus che spera di poter risalire la china grazie alle sue prestazioni. Speranza che si rivelerà vana dato che l'uruguaiano non combinerà granchè e finirà poi fuori dai piani Scudetto di Antonio Conte. Ma nonostante ciò, ad oggi, dopo un lungo girovagare - addirittura lo si ritenne scomparso ad un certo punto - è ancora di proprietà della Juve.
FELIPE MELO - A Firenze ridono ancora dell'operazione che portò il brasiliano in bianconero. Quei 22.5 milioni di euro, che dovevano rappresentare l'ascesa bianconera verso lo Scudetto, ma fu in realtà un grosso buco nell'acqua. Tatticamente mediano difensivo e all'occorrenza incontrista, Felipe Melo fa parte di quella specifica legge del calcio che esalta ed amplifica all'inverosimile le doti di un calciatore per una o al massimo due stagioni, culminando poi nel declino più desolante della prima Juve dei due settimi posti. Ora al Galatasaray, potrebbe tornare in Italia a vestire la maglia dell'Inter.
MARCO MOTTA - Il progetto di riscatto della Juventus era perfetto per Marco Motta, acquistato in prestito oneroso dall'Udinese e voglioso di lasciare una traccia importante dopo la stagione incolore vissuta a Roma. Impronta che, però, verrà cancellata ben presto dal mare. Mai protagonista, Motta non riuscirà mai ad emergere e verrà girato continuamente in prestito prima di rescindere il contratto nel gennaio di quest'anno. Con il Watford ha ottenuto un importante promozione in Premier League, dove proverà a dimostrare le sue doti poco sfruttate nel campionato più affascinante d'Europa.
ANGELO OGBONNA - Una lunga ed estenuante trattativa porta Ogbonna alla Juventus nell'estate 2013. Fortemente voluto da Antonio Conte, il giocatore allora Nazionale doveva rendere ancora più impermeabile la difesa meno battuta d'Italia. Obiettivo ben riuscito nei successivi due anni, in realtà; ma i 13 milioni sborsati non valgono a pieno l'investimento effettuato. Spesso insicuro dei propri mezzi, nei due anni di Vecchia Signora non ha reso minimamente le aspettative per il quale era stato acquistato.
CHRISTIAN POULSEN - Arrivato in un ambiente che era ingolosito dal possibile approdo di Xabi Alonso, il danese era la classica seconda scelta che nessuno voleva. Dopo un avvio confortante, Poulsen però va via via perdendosi e saluta ben presto i colori bianconeri senza fare mai nulla di eclatante. Il flop più che per le sue prestazioni, fu per le verità mai raccontate - o forse sì - tra Blanc-Secco-Ranieri che non portarono l'attuale giocatore del Bayern Monaco in bianconero.
TIAGO MENDES - Una lavatrice di marca inviata a Torino, da Lione, malfunzionante in alcune sue parti. Forse per problemi di corrente o forse per mancanza del detersivo adatto, arriva come pezzo pregiato della campagna acquisti del 2007 per poi venire accantonato due anni dopo grazie a prestazioni opache ed errori grossolani - ricordate il rinvio sbagliato in Juve-Napoli dell'ottobre 2009? -. Il portoghese però, a cui sicuramente sarà servita questa esperienza, dopo due anni di prestiti all'Atletico Madrid - di cui uno oneroso da 1 milione di euro - diventa il fulcro principale del centrocampo e delle vittorie nazionali ed europee della squadra spagnola.