Calciopoli, Monti (Gazzetta): "Ora c'è una verità senza appello"

La Gazzetta dello Sport torna ad attaccare sul fronte Calciopoli dopo la pubblicazione delle motivazioni della Cassazione. E' in prima persona il direttore Andrea Monti ad occuparsi del caso: "Può piacere o non piacere. Crederci o meno rimane una libera scelta. Ma un punto fermo c’è: da oggi la sordida vicenda di Calciopoli ha una sua verità, inappellabile e definitiva come ogni sentenza della Cassazione. Per l’organo supremo di giustizia è provato «lo strapotere ingiustificato» di Luciano Moggi, «la sua irruente forza di penetrazione anche in ambito federale». Ma soprattutto è dimostrata l’esistenza di «un mondo sommerso» in cui «l’offensività di interessi ultra individuali fu tale da sconvolgere l’assetto del sistema calcio» fino a screditarlo e minarlo alle fondamenta. Le parole usate dai giudici sono pesanti e grigie come piombo, i concetti di una chiarezza solare. Nulla di nuovo, intendiamoci. È la storia che i pochi media e la Gazzetta in prima fila non assoggettati a «uno strapotere esteso anche agli ambienti giornalistici e alle televisioni», hanno raccontato e ribadito per molto tempo senza particolare compiacimento, come si dà conto di una terribile disfatta - attacca Monti -. Nel giorno del giudizio non rileva la soddisfazione di chi, attenendosi ai fatti, ha avuto ragione degli insulti e delle minacce. Conta semplicemente la riaffermazione della legalità nella terra desolata del nostro calcio, che forse non soggiace più a «un principe indiscusso», ma è tuttora inquinata dagli scandali.
A questo serve la verità su Calciopoli: ora che sappiamo com’è andata abbiamo gli strumenti per non ripeterci. Per tutelare un patrimonio di emozioni e passioni che non appartiene a questo o a quel ras del pallone, ma a tutti noi. (....). Certo, in nove anni, Calciopoli si è trasformata sotto i nostri occhi, s’è arricchita, si fa per dire, di molti altri protagonisti e circostanze che all’inizio non conoscevamo. Non sapevamo, per esempio, delle pressioni sugli arbitri esercitate dall’Inter attraverso le telefonate di Facchetti, stigmatizzate ancora recentemente da un magistrato milanese anche se il comportamento dell’ex campione scomparso in quel fatale 2006, «non può essere accostato a quello di Moggi nell’ambito penale». In realtà, quando anche questo capitolo è diventato pubblico, lo abbiamo ampiamente raccontato. Abbiamo scritto, e tutt’ora ribadiamo, che quel maledetto scudetto non avrebbe dovuto essere assegnato ai nerazzurri. Mai e sin dall’inizio. Così come furono legittime le sanzioni – retrocessione in serie B più penalizzazione – comminate alla Juventus per i comportamenti di Moggi e di Giraudo. Nei molti e tortuosi percorsi dello scandalo, una sola circostanza è sempre rimasta diritta attraversando mai smentita ben dodici processi tra ambito sportivo e penale: Luciano Moggi è stato il dominus di un mondo di mezzo e di sotto dove succedeva di tutto senza che quello di sopra si sognasse di intervenire. Una zona grigia inammissibile in un affare di cuore e di miliardi come il calcio, dove l’etica e la certezza del risultato sportivo sono l’essenza del business (....)".