Zidane: “Yildiz è bravo, ma deve crescere ancora. Lippi è stato davvero importante per me”

Zidane: “Yildiz è bravo, ma deve crescere ancora. Lippi è stato davvero importante per me”TuttoJuve.com
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di Benedetta Demichelis

Zinedine Zidane, nel corso del suo intervento al Festival dello Sport di Trento, ha parlato anche di Kenan Yildiz. Ecco le sue parole riprese da Tmw:


Lei e Platini vi ha scelti l'Avvocato?
"Platini lo ha scelto di sicuro. Era il numero uno in Francia. Per me era più difficile, quando sono arrivato è stata dura".

Montero e Fonseca si dice che la presero 'in cura'. Era vero?
"Sì, era vero. Tornavamo da una trasferta una volta, alle tre-quattro del mattino. C'erano dei tifosi che in maniera normale contestavano. E ricordo che loro due erano lì a difendermi".

Il tovagliolo di Florentino Perez?
"Eravamo a Monaco ad una cena di Gala. C'era Florentino, con 30-40 persone. Mi fece passare questo tovagliolo con scritto se volessi andare al Real. Pensai: o vado ora, o resto alla Juve per sempre".

Al Real gente come Figo non le passava molto la palla?
"Queste sono cose che dicono, alla fine non è niente di importante. Può succedere in campo, lo capisco".

Poi se l'è presa, la palla.
"Sì, la prendevo (ride, n.d.r.)".

Il gol più bello della sua carriera?
"La partita più importante è quella che giochi al Mondiale. Quando sei piccolo sogni di fare il Mondiale. E quando lo fai e poi lo vinci, poi succede una cosa che non posso descrivere. Il gol? Non ne facevo tanti, anche se erano belli. Uno importante per me è quello che ho fatto con la Juve, nella semifinale contro l'Ajax. Abbiamo vinto sia andata che ritorno. In casa abbiamo vinto 4-1, ho fatto gol e lì ho fatto una grande gara".

Enzo Francescoli era uno dei suoi idoli. Ma il più forte che ha incontrato in carriera?
"Dico sempre Ronaldo, il brasiliano. Ok quello che faceva in campo, ma in allenamento faceva davvero cose incredibili. Il vero calcio era quello. Quello che faceva il Fenomeno in campo era incredibile. Ti diceva: 'Ora ti faccio due tunnel'. E poi te li faceva. Tu non capivi come, ma te li faceva".

Sull'addio al calcio: com'è stato?
"Anche se difficile, lo avevo scelto, avevo preso la decisione. Era quello che volevo. Non di non giocare, quello che non mi piaceva per niente erano le trasferte, gli alberghi. Anche in casa andavamo in albergo. Quando hai 20 anni va bene, quando ne hai 30, con figli e casa meno. Per quello ho smesso a 34 anni, anche se potevo continuare. Altri 2-3 anni li potevo fare, mi sono infortunato solo una volta".

Disse: non farò mai l'allenatore. Come ha cambiato idea?
"Io ho smesso a 34 anni ed ho cambiato vita. Ho pensato alla famiglia, agli amici, ho viaggiato. Dopo 3 anni in cui ho goduto la vita, ho pensato: 'Ho 37 anni, adesso che cazzo faccio?' (Ride, n.d.r.). Dovevo fare qualcosa. Avevo un amico allenatore, abbiamo parlato di calcio per ore. Lì ho detto: mi devo preparare. Ho prima pensato di fare il dirigente, ma non mi piaceva, così ho fatto il patentino per diventare allenatore. Mi sono reso conto che volevo fare quello. Ho fatto 3 anni, tanta gente in Francia mi ha insegnato molto".

L'allenatore dal quale ha imparato di più?
"I migliori allenatori li ho avuti io. Ma Marcello (Lippi, n.d.r.) è stato davvero importante. All'inizio fu difficile per me. Mi hanno criticato, giustamente, era normale. Ma lui mi ha sempre detto: 'Tu rimani qua, farai carriera qua con noi'. Mi è stato dietro dandomi fiducia, non era facile per me arrivato dall'estero e con un inizio difficile. Piano piano ho preso confidenza. L'allenatore è la persona più importante per un calciatore. Così sono rimasto tranquillo. Poi se sei bravo qualcosa di bello viene fuori".

Ancelotti?
"Anche lui è stato importante, prima come allenatore e poi quando ho fatto il suo vice. Carlo è un amico. Lui è bravo perché sa ascoltare i giocatori. Per quello dico che tutti sono stati importanti per me, perché da ognuno ho preso qualcosa. Da Carlo ho preso questo, parlava con i giocatori e li ascoltava".

Le qualità che deve avere un allenatore?
La passione per il calcio. Una passione che deve essere forte. Anche perché poi chi vince è bravo, quindi tutti gli altri sono coglioni, no? Ci sono tanti bravi allenatori che non possono vincere, magari non hanno la squadra. Per questo l'importante è che tu sappia trasmettere qualcosa ai giocatori, quello che hai dentro per davvero. Se sei appassionato, trasmetti sempre qualcosa ai giocatori".

Il merito di un allenatore e quello dei giocatori?
"L'allenatore è molto importante, per me è l'80%. Se l'allenatore è serio, tu sei serio di riflesso in allenamento. Se c'è qualcosa a casa che non va bene, rischi di portarlo in campo. Alla mia squadra ho sempre trasmesso la fiducia totale nel poter vincere. Quando arriva la partita bisogna essere più forti degli altri, ma io trasmettevo sempre la fiducia totale ai miei. In allenamento mettevo sempre la palla, in ogni esercizio, anche fisico. Al mio secondo allenatore dicevo di occuparsi di inserire la palla in ogni esercizio".

Quasi tutti i grandi allenatori sono stati centrocampisti. Perché da lì si vede meglio il gioco?
"Credo di sì. Personalmente confermo che per me è stato così, da lì in mezzo vedevo tutto. Il centrocampista per me è il centro del gioco, sì".

Chi allenerebbe di nuovo fra Cristiano Ronaldo e Modric?
"Tutti e due. Mi piacevano tutti e due. Anche Benzema. Anche qui dico: un conto è la partita, ma allenarsi con loro... Con Benzema, Kroos, Isco, non vedevi mai la palla. Non la perdevano mai. Questo era impressionante. Un allenamento intero per un'ora e mezza senza perdere la palla: ci riuscivano Modric, Kroos, Benzema, Isco, Rodrygo. Cristiano Ronaldo ogni tanto la perdeva, ma faceva gol eccezionali".

Chi le sarebbe piaciuto allenare, magari Iniesta?
"Iniesta sì. Ai miei tempi c'era il Milan di Sacchi: Van Basten, Gullit, Baresi, Maldini... era una squadra impressionante".

Lei aveva un modo di stare in campo mai esagerato, sempre contenuto. Si può dire che ci fosse un po' di malinconia?
"Non penso, però ero giusto. Non esageravo mai nel bene o nel male. Avevo equilibrio. Nella vita non è che facciamo tutto bene, si fanno anche cazzate. Lì dobbiamo migliorare, per non rifarlo. Lo dico per tutti i bambini che ascoltano. A 20 anni non esiste far tutto bene". 

Un giorno che le piacerebbe rivivere, al di là della vittoria del Mondiale?
"Nella vita personale penso ai figli, mi hanno dato tanto. Per quello oggi sono fermo, ma la mia vita è bella, non è che sono depresso".

E nella vita sportiva, magari una delle finali di Champions che ha vinto?
"Penso alla seconda che abbiamo vinto contro la Juve. Il secondo tempo che abbiamo fatto è stato veramente uno spettacolo impressionante".

Quando tornerà ad allenare?
"Sicuramente tornerò".

Con chi andrebbe a cena dei suoi ex giocatori?
"Modric, anche Kroos. Gente discreta, che parla solo in campo".

Stanno sparendo i 10?
"Sì, è vero, mancano i giocatori che giocano da soli fra le linee. Se fossi ancora giocatore, difensivamente farei quello che mi dice l'allenatore, ma offensivamente non farei niente di quello che mi dicono". 

Yilldiz le piace?
"Sì, è bravo. Fa gol, ma deve crescere ancora. Deve prendere un po' di struttura fisica. Sta facendo un po' di gol, sta facendo bene. Sono contento per lui e per la Juve".

Un altro che le piace?
"Lamine Yamal. Per come tocca al palla. Il secondo tempo contro l'Inter, l'anno scorso è stato pazzesco. Faceva delle cose e nessuno lo fermava, nonostante l'Inter fosse tosta in difesa. Gli italiani sono bravi a difendersi, poi l'Inter era in casa. Ma non lo fermava nessuno. Mi ha impressionato. Al PSG c'è Vitinha, Neves, non perdono mai la palla".

Totti stava per venire al Real Madrid?
"Lo ha detto lui".

Cassano?
"Abbiamo giocato assieme. Doveva giocare, anche se non giocava, perché era bravissimo. Non giocava perché ce n'erano altri, anche se lo meritava".

Faceva casino?
"No, lo dice la gente. Ma è una cosa un po' esagerata. C'è un po' un personaggio diverso, ma era bravissimo come giocatore".